La notifica digitale del ricorso “tradizionale” non sfugge alla necessità dell’attestazione di conformità

In caso di ricorso per cassazione non digitale, l’avvocato, al fine di provare l’avvenuta notifica a mezzo PEC, deve procedere a norma dell’art. 9, commi 1-bis e ter, l. n. 53/1994 e quindi deve stampare una copia del messaggio PEC su supporto analogico, così come per gli allegati e la ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna, ed attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono stati tratti.

Sul tema l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 6175/19, depositata il 1° marzo, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza che confermava il rigetto dell’impugnazione del licenziamento intimato ad un lavoratore per giustificato motivo oggettivo. A prescindere dalle valutazioni di merito, il Collegio è giunto alla dichiarazione di inammissibilità per difetto di prova dell’avvenuta notifica del ricorso. Parte ricorrente aveva infatti depositato un ricorso in forma non digitale, mentre la notifica dello stesso è avvenuta in via telematica ma in assenza delle formalità prescritte dall’ordinamento. Ricorso nativo non-digitale. Premettendo che il processo telematico non è stato esteso al giudizio di cassazione, il Collegio ricorda che l’avvocato, al fine di provare l’avvenuta notifica del ricorso, avrebbe dovuto procedere a norma dell’art. 9, commi 1- bis e ter , l. n. 53/1994 e quindi avrebbe dovuto stampare una copia del messaggio PEC su supporto analogico, così come per gli allegati e la ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna, ed attestare la conformità delle copie ai documenti informatici da cui sono stati tratti. Nel caso di specie, l’attestazione di conformità del messaggio PEC, degli allegati e delle ricevute di accettazione e avvenuta consegna era stata omessa, mentre era stata inserita solo nella relata di notifica che però precede la spedizione della notifica ed attesta al destinatario la conformità degli allegati, non avendo rilevanza probatoria dell’avvenuto perfezionamento della notifica stessa. Sul parallelo tema del ricorso nativo digitale si sono pronunciate anche le Sezioni Unite che, con la sentenza n. 22438/18 , hanno chiarito che laddove il destinatario della notifica del ricorso a mezzo PEC rimanga intimato, il ricorrente potrà depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica depositata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio. Si tratta di principi aventi carattere generale quale corollario del giusto processo ex art. 111 Cost. , applicabili dunque all’ipotesi della notifica telematica del ricorso tradizionale”. In conclusione, applicando tali principi al caso di specie, il ricorrente risulta non aver provveduto a depositare l’attestazione di conformità nemmeno in vista dell’adunanza camerale, nonostante il relatore avesse segnalato la necessità di verificare tale conformità. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 20 novembre 2018 – 1 marzo 2019, n. 6175 Presidente Curzio – Relatore Spena Rilevato che con sentenza in data 30 novembre 2016 30 gennaio 2017 numero 729 la Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per effetto, respingeva la domanda proposta da B.A.D. , dipendente della società N.C.2 GRID Srl in prosieguo la società , di impugnazione del licenziamento intimatogli in data 7 febbraio 2014 per giustificato motivo oggettivo che a fondamento della decisione la Corte territoriale riteneva sussistere il motivo allegato a fondamento del licenziamento, consistente nella ristrutturazione conseguente alla grave crisi del settore . Osservava che l’utile di esercizio dell’anno 2013 Euro 25.558 era era fittizio, essendo stato raggiunto grazie al conferimento di oltre Euro 70.000 da parte dei soci che avevano rinunciato alla restituzione di un finanziamento e degli amministratori capo 7 della memoria difensiva del primo grado, non contestato e deposizione del teste T. . Quanto al motivo di appello con cui si deduceva la falsità della deposizione del teste T. , l’accusa era indebolita dal fatto che l’appellante non si era assunto la responsabilità di sporgere denuncia in sede penale per il reato di cui all’art. 372 c.p., temendo evidentemente di trovarsi imputato per calunnia in ogni caso l’appellante aveva prodotto il bilancio al 31/12/2012 sicché nella relazione al bilancio non poteva essere indicata la rinuncia dei soci, avvenuta solo nell’anno 2013. Delle quattro assunzioni emergenti dal Libro Unico del Lavoro nel febbraio 2014 due annotazioni non erano rilevanti in quanto si riferivano a rapporti di tirocinio formativo teste P. la altre due assunzioni a termine non riguardavano posti di lavoro affini o compatibili con le capacità e le mansioni del B. nessun lavoratore era stato adibito alle mansioni di disegnatore pubblicitario da questi svolte. Quanto alla stampa del sito aziendale da cui risultava che la società dopo il licenziamento aveva pubblicato un annuncio per la ricerca di personale, l’annuncio riguardava la ricerca di agenti, distributori e di un magazziniere e non di un disegnatore in ogni caso, nessun grafico pubblicitario era stato assunto dopo il licenziamento che avverso la sentenza ha proposto ricorso B.D.A. , articolato in tre motivi, cui la società non ha opposto difese che la proposta del relatore è stata comunicata alla parte ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c Considerato che la parte ricorrente ha dedotto con il primo motivo, violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, in conseguenza della violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 55. La censura afferisce al giudizio di sussistenza del giustificato motivo oggettivo. La parte ricorrente ha dedotto che le valutazioni compiute dalla Corte territoriale all’esito del raffronto tra il bilancio 2012 ed il bilancio 2013 non tenevano conto delle norme di redazione del bilancio. In particolare, l’art. 2424 c.c., imponeva di iscrivere nel bilancio i finanziamenti dei soci se dunque nel corso del 2013 i soci avessero rinunciato ad un finanziamento di Euro 50.000, come affermato in sentenza, tale finanziamento avrebbe dovuto emergere dal bilancio 2012 invece la situazione patrimoniale del 2012 indicava quale importo finanziato dai soci la sola somma di Euro 1.039. La valutazione della Corte di merito era peraltro errata perché, come si evinceva dal conto economico del 2013, l’importo di Euro 80.464 era riportato alla voce altri ricavi e proventi alla stessa voce figurava nell’anno 2012 l’importo di Euro 59.257 non si trattava di ricavi straordinari ma di ricavi ordinari. con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 364 c.p Si censura la sentenza per avere affermato che la contestazione delle dichiarazioni del teste T. era indebolita dalla mancata proposizione della denuncia penale per il reato di cui all’art. 372 c.p., con la quale il lavoratore avrebbe assunto la responsabilità dell’eventuale reato di calunnia. Il ricorrente ha osservato che il reato di falsa testimonianza rientra tra quelli per i quali il pubblico ufficiale ha obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 361 c.p. l’aver accusato il teste davanti ad un magistrato avente obbligo di denuncia lo esponeva, pertanto, egualmente alla responsabilità per calunnia. con il terzo motivo, violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 5, ed omessa motivazione su un punto decisivo dibattuto tra le parti. Parte ricorrente ha censurato la sentenza per non aver considerato che nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo l’onere del datore di lavoro di provare l’adempimento all’obbligo di repechage attiene alla inesistenza di posizioni di lavoro rientranti nel bagaglio professionale del lavoratore nonché di posizioni inferiori. La società avrebbe dovuto dimostrare non solo, come ritenuto dalla corte di merito, di non avere assunto alcun grafico ma anche di non avere assunto alcun dipendente per mansioni che egli avrebbe potuto svolgere che ritiene il Collegio che si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso per difetto di prova della avvenuta notifica che parte ricorrente ha depositato un ricorso non-digitale. La notifica del ricorso è invece avvenuta con il canale telematico, secondo la sequenza qui ricostruita il difensore ha redatto la relata di notifica, attestando come richiede la L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 6 la conformità degli atti non-digitali alle copie informatiche ottenute per scansione. Per completezza si osserva che dal rapporto della PEC risulta che il difensore ha predisposto sia un ricorso digitale file con estensione p7m, suffisso che identifica la firma di tipo CAdES che un secondo ricorso, alla apparenza tradizionale file pdf così pure ha duplicato il mandato nonché la relata di notifica file in estensione p7m e file pdf . Tutti questi atti figurano tra gli allegati al messaggio PEC. La attestazione di conformità contenuta nella relata di notifica riguarda, a norma del richiamato comma sei, i documenti tradizionali nella specie ricorso, mandato e relata di notifica che il notificante allega al messaggio pec prima di procedere al suo invio. il difensore ha poi predisposto il messaggio pec, ha allegato gli atti da notificare e provveduto all’invio, che ha generato le due ricevute di accettazione e di avvenuta consegna. Non essendo stato esteso al giudizio in cassazione il processo telematico e non essendo dunque possibile procedere in questa sede al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato l’avvocato, al fine di provare la avvenuta notifica, avrebbe dovuto procedere a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, ovvero stampare una copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna ciò che ha fatto attestare la conformità delle copie ai documenti informatici da cui sono tratte D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1 essendo egli stesso pubblico ufficiale a ciò autorizzato L. n. 53 del 1994, art. 6 . Nella fattispecie di causa manca la attestazione di conformità del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna. L’unica attestazione di conformità è quella contenuta nella relata di notifica, che, come si è detto, precede la spedizione della notifica ed attesta al destinatario la conformità degli allegati non prova, dunque, la avvenuta notifica, dopo il suo perfezionamento . In mancanza della attestazione di conformità non è raggiunta la prova della notifica telematica del resto nella notifica tradizionale questa Corte ha più volte stabilito che non è idonea a fornire prova del compimento del procedimento notificatorio la produzione di documenti privi delle caratteristiche formali prescritte ed in fattispecie di notifica telematica si è già pronunciata nel senso della inammissibilità del ricorso Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 16496 del 22 giugno 2018 . Deve darsi conto dei principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte, successivamente alla pronuncia sopra citata, con l’arresto del 24 settembre 2018 n. 22438. Ivi è stata esaminata la diversa questione della procedibilità del ricorso nativo digitale come si è detto, il ricorso depositato in questa sede, invece, non è nativo digitale tuttavia il carattere generale dei principi enunciati, quale corollario del giusto processo ex art. 111 Cost., li rende applicabili anche nella ipotesi, qui rilevante, della notifica telematica di un ricorso tradizionale . Limitando l’esame a quanto rileva in causa, le Sezioni Unite hanno chiarito che ove il destinatario della notificazione a mezzo p.e.c. del ricorso rimanga intimato, il ricorrente potrà depositare, ai sensi dell’art. 372 c.p.c. e senza necessità di notificazione ai sensi del secondo comma della medesima disposizione , l’asseverazione di conformità all’originale L. n. 53 del 1994, ex art. 9 della copia analogica depositata sino all’udienza di discussione art. 379 c.p.c. o all’adunanza in camera di consiglio artt. 380-bis, 380-bis1 e 380-ter c.p.c. . Nella fattispecie di causa il ricorrente non ha depositato neppure in vista della adunanza camerale la attestazione di conformità agli originali telematici del messaggio di posta elettronica, della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna, pur avendo il relatore segnalato nella sua proposta necessità di verificare tale conformità che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile per mancanza di prova della avvenuta notifica che non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancata costituzione dell’intimato che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.