Il mancato avviso della fissazione dell’udienza via PEC non giustifica la revocazione della sentenza

L’errore di fatto che consente la revocazione di una sentenza – tra cui anche quelle di legittimità – deve consistere in un’errata percezione del fatto di carattere materiale immediatamente ed oggettivamente rilevabile, determinante per la decisione e non relativa ad un punto controverso della questione, deve inoltre presentare i requisiti della evidenza ed obiettività ed, infine, non deve consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un’errata scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.

E’ quanto risulta dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9772/15 depositata il 13 maggio. Il fatto. La pronuncia origina da una precedente sentenza della medesima Cassazione con la quale veniva dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un’azienda di servizi avverso una sentenza della Corte d’appello di Torino. Il medesimo ricorrente chiede la revocazione di quella pronuncia per errore di fatto, ex art. 395, comma 4, c.p.c., per l’omessa comunicazione del decreto di fissazione della pubblica udienza al difensore che aveva espressamente indicato, sulla prima pagina del ricorso, il numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica e l’indirizzo PEC. La cancelleria, non riuscendo a procedere alla comunicazione della data di pubblica udienza attraverso il fax, effettuava la notifica presso la cancelleria medesima. Il ricorrente assume l’irritualità di detta forma di notifica che avrebbe dovuto invece avvenire all’indirizzo PEC come disposto dall’art. 366 c.p.c Le caratteristiche dell’errore di fatto. La Corte di Cassazione non ritiene ammissibile la doglianza così formulata. Richiamando la consolidata giurisprudenza, viene ribadito che l’errore di fatto ex art. 395, comma 4, c.p.c. ai fini della revocazione della sentenza, deve consistere in un errore di percezione risultante dagli atti o dai documenti della causa direttamente esaminabili dalla Corte e ciò avviene quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quanto è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita . Si tratta quindi di una svista materiale, oggettivamente ed immediatamente percepibile, decisiva per la soluzione della causa e relativa ad un punto non controverso della stessa. L’omessa notifica via PEC non è errore di fatto. La mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza costituisce invece un error in procedendo , non suscettibile di assumere rilevanza ai fini dell’ipotesi di revocazione della sentenza, atteso che non esiste un nesso causale diretto fra l’omessa notificazione dell’avviso dell’udienza di discussione al difensore ed il contenuto della sentenza adottata e ciò anche sulla base della considerazione che la rimozione del vizio della notificazione non comporterebbe comunque l’adozione di una pronuncia di contenuto diverso rispetto a quella impugnata, consentendo al più di procedere ad una nuova fissazione dell’udienza, effetto ugualmente non previsto dalla normativa sulla revocazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 9 aprile – 13 maggio 2015, n. 9772 Presidente Curzio – Relatore Fernandes Fatto e diritto La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 9 aprile 2015, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c. Questa Corte, con sentenza n. 24783/13 del 5 novembre 2013, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da R.A. nei confronti di AMIAT — Azienda Multiservizi Igiene Ambientale di Torino ed avverso la decisione della Corte di appello di Torino del 29.9.2010 n. 783/10. Di tale decisione chiede la revocazione ex art. 395, comma 1 n. 4 c.p.c. il R. fondando il ricorso su un unico motivo. L'AMIAT resiste con controricorso. Orbene, con l'unico motivo di ricorso il ricorrente deduce che la sentenza n. 24783/13 sarebbe suscettibile di revocazione per errore di fatto, ex art. 395 co. 4 c.p.c., costituito dall'omessa comunicazione del decreto di fissazione della pubblica udienza ex art. 377 c.p.c. al difensore costituito, avv. Giuseppe Zampini. Espone che l'avv. Zampini, nella prima pagina del ricorso per cassazione, aveva chiesto espressamente, in forza degli artt. 133, 136 e 137 c.p.c., di voler ricevere gli avvisi ivi previsti al proprio numero di telefax o al proprio indirizzo di posta elettronica o all'indirizzo di posta elettronica certificata Pec giuseppezampini at pec.ordineawocatitorino.it che la cancelleria della sezione Lavoro di questa Corte, in data 13 giugno 2013, tentava di comunicare, a mezzo fax, all'avv. Zampini che la udienza pubblica era stata fissata per il giorno 25 settembre 2013, ma la comunicazione aveva esito negativo ragion per cui veniva effettuata mediante notifica presso la cancelleria che il difensore di esso ricorrente, rimasto all'oscuro della fissazione della udienza pubblica, non vi partecipava e non depositava alcuna memoria ex art. 378 c.p.c., deposito che avrebbe sicuramente effettuato come accaduto in altre cause assolutamente identiche e per le quali l'avviso di fissazione dell'udienza pubblica gli era stato ritualmente comunicato. Assume che la notifica presso la cancelleria era irrituale in quanto sarebbe dovuta avvenire all'indirizzo di posta elettronica certificata come previsto dall'art. 366 c.p.c. che la Corte erroneamente aveva ritenuto valida la comunicazione effettuata presso la cancelleria così impedendo l'esercizio del diritto di difesa, in particolare, il deposito di memoria ex art. 378 c.p.c. in cui il difensore avrebbe potuto illustrare l'ammissibilità dei motivi di ricorso, come fatto in altre cause uguali che si erano concluse con l'accoglimento del ricorso. Il motivo è inammissibile se vengono condivise le argomentazioni che seguono. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità l'errore di fatto previsto dall'art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, deve consistere in un errore di percezione risultante dagli atti o dai documenti della causa direttamente esaminabili dalla Corte, vale a dire quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità e positivamente stabilita, sempre che il fatto del quale è supposta l'esistenza o l'inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunziare. E quindi, deve 1 consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile 2 essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa 3 non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata 4 presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche 5 non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo. Sicché detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell'errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009, nonché 22171/2010 23856/2008 10637/2007 7469/2007 3652/2006 13915/2005 8295/2005 . Con riferimento al caso in questione questa Corte ha avuto modo di precisare che la mancata notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione ai sensi dell'art. 377 cod. proc. civ. costituisce error in procedendo che non rientra nelle ipotesi di revocazione di cui all'art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391 bis cod. proc. civ. non potendosi considerare come errore su un fatto processuale su cui è fondata la decisione avente il requisito della decisività, atteso che non esiste un nesso causale diretto fra l'omessa notificazione dell'avviso dell'udienza di discussione al difensore ed il contenuto della sentenza adottata dalla Suprema Corte come dimostrato dal fatto che la rimozione del vizio della notificazione non implica l'adozione di una pronuncia sostitutiva diversa da quella adottata, consentendo unicamente di procedere alla fissazione di una nuova udienza di discussione, il che non è previsto dalla normativa sulla revocazione Cass. 7625/2012 Cass. 16615/2010 Cass. 17077/09 Cass. 16361/2006 . Per tutto quanto esposto, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell'art. 391 bis cod. proc. civ Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il Collegio condivide il contenuto della riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso. Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo. Al presente giudizio, introdotto con ricorso notificato in data successiva al 31/1/2013, va applicata la legge di stabilità del 2013 art. 1, comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012 , che ha integrato l'art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore Quando l'impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . Essendo il ricorso in questione avente natura chiaramente impugnatoria integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.