Unione civile, affidamento dei figli minori e Tribunale competente

Il giudice competente a provvedere in ordine all’affidamento dei figli nati dall’unione civile ed alla disciplina dei rapporti con il genitore non collocatario, nonché alla determinazione del contributo dovuto da quest’ultimo per il mantenimento dei minori, dev’essere individuato nel Tribunale ordinario.

Sul tema la Suprema Corte con l’ordinanza n. 16338/21, depositata il 10 giugno. Il Tribunale per i minorenni delle Marche, su ricorso del PM, disponeva, ai sensi dell’art. 333 c.c., il collocamento in comunità di due minori . La Corte d’Appello di Ancona disponeva, successivamente, l’ affidamento dei suddetti minori al servizio sociale , con collocamento presso la madre. Ma il padre ne chiedeva il collocamento presso di sé, con la determinazione di modalità paritetiche di frequentazione con i genitori e l’obbligo da parte di entrambi di provvedere direttamente al mantenimento dei figli. Il Tribunale per i minorenni dichiarava, quindi, la propria incompetenza in ordine alla proposta di calendarizzazione degli incontri tra padre e figli avanzata dal servizio sociale, sollevando conflitto negativo di competenza e sostenendo che, in pendenza di un procedimento ex art. 333 c.c. promosso dinanzi al giudice minorile, non vi è spazio per una pronuncia del tribunale ordinario, emessa ai sensi dell’art. 337-bis c.c., che abbia ad oggetto proprio l’affidamento del figlio, con il collocamento dello stesso e la disciplina del diritto di visita spettante al genitore non collocatario . L’art. 38 disp. att. c.c. prevede che spetta al Tribunale per i minorenni una competenza fisiologica non solo per i provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale , ma anche nel caso in cui penda un giudizio ai sensi dell’art. 333 c.c., e precisato che, mentre nel caso in cui penda un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c. questi ultimi sono attratti alla competenza del tribunale ordinario, non è prevista una simmetrica attrazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della competenza del tribunale per i minorenni in caso di preventiva instaurazione di un procedimento ex art. 333 c.c. . L’art. 333 c.c. attribuendo al giudice minorile il potere di adottare i provvedimenti convenienti, senza circoscriverne il contenuto, non esclude, in presenza di una coppia disgregata la cui crisi risulti aggravata da un pregiudizio in atto per i figli minori, la possibilità di adottare provvedimenti in ordine all’ affidamento , al collocamento , al diritto di visita e al mantenimento . E la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di affermare che in tema di provvedimenti limitativi ed ablativi della responsabilità genitoriale , l’art. 38, comma 1, disp. att. c.c. come modificato dall’art. 3, comma 1, l. n. 219/2012, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 1° gennaio 2013 dev’essere interpretato nel senso che, per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.p.c., la competenza è attribuita al tribunale per i minorenni , a meno che non sia pendente un giudizio di separazione o di divorzio o un giudizio di cui all’art. 316 c.c. ove, infatti, le azioni volte ad ottenere la pronuncia dei predetti provvedimento siano proposte successivamente a queste ultime domande, o anche congiuntamente, la relativa competenza spetta, fino al passato in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, al giudice del conflitto familiare, individuabile nel tribunale ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado, ovvero nella corte d’appello in composizione ordinaria, se penda il termine per l’impugnazione o sia stato interposto appello Cass. n. 3490/2021, n. 432/2016 e n. 1349/2015 . È stato precisato anche che la competenza in ordine ai provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale resta disciplinata dal criterio della prevenzione , nel senso che al tribunale per i minorenni restano attribuiti i soli procedimenti promossi senza che sia pendente un giudizio di separazione o divorzio ex art. 316 c.c. o anteriormente alla proposizione della relativa domanda la quale, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., non può comportare la sottrazione al giudice competente , mentre, laddove il giudizio concernente la crisi familiare sia stato promosso anteriormente o contestualmente, la competenza resta unitariamente attribuita al giudice cui spetta la cognizione della domanda di separazione, divorzio o ex art, 316 c.c Nessun rilievo può assumere, in proposito, la circostanza che il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni possa essere attivato ad iniziativa del PM, chiamato ad intervenire, ma con poteri d’impulso e partecipazione più limitati, anche nel giudizio di separazione o divorzio o in quello di cui all’art. 316 c.p.c., non incidono tale differenza sulla identità delle parti del giudizio, coincidenti pur sempre con i genitori del minore al quale si riferiscono i provvedimenti richiesti, e ben potendo i diversi uffici del PM porre in essere opportuni meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti Cass. n. 1866/2019, n. 20202/2018 e n. 2833/2015 . E che il carattere tassativo delle competenze attribuite al tribunale per i minorenni e la mancata previsione di una vis attractiva in favore dello stesso impongono di ritenere che il giudizio successivamente promosso dinanzi al tribunale ordinario resti attribuito alla sua competenza, ferma restando la necessità di tener conto, nell’adozione dei provvedimenti nell’interesse della prole, delle determinazioni assunte dal giudice specializzato, destinate inevitabilmente a ripercuotersi sul regime dell’affidamento dei figli e sulla disciplina dei rapporti tra gli stessi ed i genitori Cass. n. 23768/2016, n. 6249/2016 e n. 15971/2015 . Anche la disciplina dell’art. 38 disp. att. c.c. estende la competenza del tribunale ordinario alla domanda di adozione dei provvedimenti riguardanti il figlio nato fuori dal matrimonio, in precedenza ritenuta spettante alla competenza del tribunale per i minorenni, si limite ad escludere la competenza di quest’ultimo in ordine ai provvedimenti di cui agli artt. 330 e ss. c.c., in riferimento all’ipotesi in cui al momento della proposizione della relativa domanda sia già pendente un giudizio ex art. 316 c.c., ma nulla dispone in ordine all’ipotesi inversa, soggetta alla disciplina generale . Attenendosi a questi principi, il Collegio ribadisce che il giudice competente a provvedere in ordine all’ affidamento dei due figli nati dall’unione ed alla disciplina dei rapporti con il genitore non collocatario , nonché alla determinazione del contributo dovuto da quest’ultimo per il mantenimento dei minori, dev’essere individuato, nella specie, nel tribunale ordinario di Ancona . Per questi motivi la Corte di Cassazione dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni delle Marche in ordine al procedimento promosso dal PM ai sensi dell’art. 333 c.c. e del Tribunale ordinario di Ancona in ordine al procedimento promosso dalla madre dei due minori ai sensi dell’art. 337- ter c.c

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 20 aprile – 10 giugno 2021, n. 16338 Presidente Scotti – Relatore Mercolino Fatti di causa 1. Su ricorso del Pubblico Ministero, il Tribunale per i minorenni delle Marche, con decreto del 3 giugno 2019, dispose, ai sensi dell’art. 333 c.c., il collocamento in comunità dei minori F.A. ed F.A. , nati dalla unione tra F.C. ed D.R.E. , con facoltà per la madre di seguirli. 1.1. Avverso il predetto decreto fu proposto reclamo alla Corte d’appello di Ancona, che con decreto del 17 febbraio 2020 accolse parzialmente l’impugnazione, disponendo l’affidamento dei minori al servizio sociale ed il collocamento degli stessi presso la madre. 2. Con ricorso depositato il 24 marzo 2020, la D.R. ha convenuto il F. dinanzi al Tribunale ordinario di Ancona, per sentir disporre, a seguito della cessazione della convivenza, l’affidamento condiviso dei figli, con il collocamento degli stessi presso di sé e la determinazione delle modalità di frequentazione con il padre e del contributo da quest’ultimo dovuto per il mantenimento dei minori. Si è costituito il F. , non opponendosi all’affidamento condiviso ma chiedendo il collocamento dei minori presso di sé, con la determinazione di modalità paritetiche di frequentazione con i genitori e con l’imposizione a carico di ciascuno dell’obbligo di provvedere direttamente al mantenimento dei figli. 2.1. Con ordinanza del 30 settembre 2020, il Tribunale ordinario, dato atto che il procedimento di cui all’art. 333 c.c., risulta ancora pendente, e rilevato che con ordinanza del 30 maggio 2020 il Tribunale per i minorenni ha dichiarato la propria incompetenza in ordine ad una proposta di calendarizzazione degl’incontri tra i minori ed il padre avanzata dal servizio sociale, ha sollevato conflitto negativo di competenza, sostenendo che, in pendenza di un procedimento ex art. 333 c.c., promosso dinanzi al giudice minorile non vi è spazio per una pronuncia del tribunale ordinario, emessa ai sensi dell’art. 337-ter c.c., che abbia ad oggetto proprio l’affidamento del figlio, con il collocamento dello stesso e la disciplina del diritto di visita spettante al genitore non collocatario. Premesso che l’art. 38 disp. att. c.c., nel disciplinare il riparto di competenza tra il tribunale ordinario e quello per i minorenni, attribuisce a quest’ultimo una competenza fisiologica non solo per i provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale, ma anche per quelli di cui all’art. 333 c.c., e precisato che, mentre nel caso in cui penda un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., questi ultimi sono attratti alla competenza del tribunale ordinario, non è prevista una simmetrica attrazione dei provvedimenti relativi all’affidamento alla competenza del tribunale per i minorenni in caso di preventiva istaurazione di un procedimento ex art. 333 c.c., il Tribunale ha osservato che i provvedimenti previsti dall’art. 333 c.c., pur non incidendo sull’an della responsabilità genitoriale, incidono sul quomodo, interferendo inevitabilmente con quelli adottabili ai sensi dell’art. 337-ter c.c Ha affermato che tale interferenza si pone in contrasto, oltre che con l’interesse del minore, con i principi di economia processuale e di concentrazione delle tutele cui si ispirano le riforme introdotte con la L. 20 dicembre 2012, n. 219, volte ad evitare la frammentazione delle competenze giurisdizionali, in modo da assicurare interventi più celeri in favore dei minori. Tanto premesso, e rilevato che l’art. 333 cit., attribuisce al Giudice minorile il potere di adottare i provvedimenti convenienti, senza circoscriverne il contenuto, ha ritenuto che tale disposizione non escluda affatto, in presenza di una coppia disgregata la cui crisi risulti aggravata da un pregiudizio in atto per i figli minori, la possibilità di adottare provvedimenti in ordine all’affidamento, al collocamento, al diritto di visita e finanche al mantenimento, in tal senso deponendo l’esigenza di adottare provvedimenti provvisori e fisiologicamente mutevoli nel tempo, quella di arginare il rischio di provvedimenti contrastanti adottati da giudici diversi e quella di evitare una duplicazione di attività processuali, nonché la certezza di un ritardo nell’adozione dei provvedimenti convenienti a tutela della prole. Ha aggiunto che nella specie la situazione monitorata dal Tribunale per i minorenni mediante l’affidamento al servizio sociale è in continua evoluzione, avendo le parti sottoposto all’attenzione di entrambi i giudici elementi nuovi, consistenti da un lato nell’avvenuta presentazione di una querela nei confronti della madre per sottrazione di minori, e dall’altro nella richiesta di ulteriori provvedimenti a tutela dei figli contro comportamenti pregiudizievoli asseritamente tenuti dal padre. Pur riconoscendo, infine, che la questione riguardante il mantenimento non costituisce oggetto di conflitto, per mancanza di una pronuncia d’incompetenza da parte del Tribunale per i minorenni, ha affermato che l’attribuzione a quest’ultimo del potere di provvedere in ordine al collocamento e ad ogni altro aspetto inerente all’esercizio della responsabilità consentirebbe allo stesso di modulare le decisioni sul mantenimento in modo parallelo rispetto a quelle riguardanti i rapporti personali. 3. Le parti non hanno svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, occorre dare atto dell’ammissibilità del regolamento d’ufficio, conformemente all’orientamento consolidato di questa Corte che ne esclude la natura di mezzo d’impugnazione, ravvisandovi piuttosto uno strumento volto a sollecitare l’individuazione del giudice naturale, precostituito per legge, al quale compete la trattazione, anche interinale o provvisoria ma comunque esclusiva, dell’affare, e riconoscendone pertanto la compatibilità con i procedimenti in Camera di consiglio cfr. Cass., Sez. VI, 4/08/2011, n. 16959 Cass., Sez. I, 7/04/2004, n. 6892 . 2. Nel merito, si osserva che, in tema di provvedimenti limitativi ed ablativi della responsabilità genitoriale, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che l’art. 38 disp. att. c.c., comma 1, come modificato dalla L. n. 219 del 2012, art. 3, comma 1, applicabile ai giudizi instaurati a decorrere dal 1 gennaio 2013 dev’essere interpretato nel senso che, per i procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.p.c., la competenza è attribuita al tribunale per i minorenni, a meno che non sia pendente un giudizio di separazione o di divorzio o un giudizio di cui all’art. 316 c.c. ove, infatti, le azioni volte ad ottenere la pronuncia dei predetti provvedimenti siano proposte successivamente a queste ultime domande, o anche congiuntamente, la relativa competenza spetta, fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, al giudice del conflitto familiare, individuabile nel tribunale ordinario, se sia ancora in corso il giudizio di primo grado, ovvero nella corte d’appello in composizione ordinaria, se penda il termine per l’impugnazione o sia stato interposto appello cfr. Cass., Sez. VI, 11/02/2021, n. 3490 14/01/2016, n. 432 26/01/2015, n. 1349 . Tale competenza, avente carattere derogatorio rispetto a quella spettante in via ordinaria al giudice minorile, trova giustificazione nella connessione oggettiva e soggettiva esistente tra le predette domande, che determina l’attrazione di quelle relative ai provvedimenti ablativi e limitativi alla competenza del giudice investito della controversia inerente alla crisi del nucleo familiare, in tal modo soddisfacendosi l’esigenza di concentrazione delle tutele, volta ad evitare che in riferimento ad un’identica situazione conflittuale possano essere aditi organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili, e scoraggiandosi anche un’eventuale utilizzazione a fini dilatori o di disturbo delle azioni previste a tutela degl’interessi dei figli minori. Per effetto di tale ripartizione, la competenza in ordine ai provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale resta disciplinata dal criterio della prevenzione, nel senso che al tribunale per i minorenni restano attribuiti i soli procedimenti promossi senza che sia pendente un giudizio di separazione o divorzio o ex art. 316 c.c., o anteriormente alla proposizione della relativa domanda la quale, ai sensi dell’art. 5 c.p.c., non può comportarne la sottrazione al giudice competente , mentre, laddove il giudizio concernente la crisi familiare sia stato promosso anteriormente o contestualmente, la competenza resta unitariamente attribuita al giudice cui spetta la cognizione della domanda di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c Nessun rilievo può assumere, in proposito, la circostanza che il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni possa essere attivato ad iniziativa del Pubblico Ministero, chiamato ad intervenire, ma con poteri d’impulso e partecipazione più limitati, anche nel giudizio di separazione o divorzio o in quello di cui all’art. 316 c.p.c., non incidendo tale differenza sulla identità delle parti del giudizio, coincidenti pur sempre con i genitori del minore al quale si riferiscono i provvedimenti richiesti, e ben potendo i diversi uffici del Pubblico Ministero porre in essere opportuni meccanismi di raccordo e trasmissione degli atti cfr. Cass., Sez. VI, 23/01/2019, n. 1866 31/07/ 2018, n. 20202 12/02/2015, n. 2833 . Contrariamente, peraltro, a quanto sostenuto dal Tribunale nell’ordinanza di rimessione e dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte, essendo la competenza del tribunale per i minorenni circoscritta ai provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale, l’applicazione dello art. 5 c.p.c., che impone la prosecuzione dei relativi procedimenti dinanzi al predetto giudice, ove la domanda sia stata proposta anteriormente all’instaurazione del giudizio riguardante il conflitto familiare, non comporta anche l’attrazione di quest’ultimo alla competenza del giudice specializzato, neppure nell’ipotesi in cui, come nella specie, l’oggetto della domanda, proposta ai sensi dell’art. 316 c.c., sia costituito unicamente dall’adozione dei provvedimenti nell’interesse della prole sebbene infatti, al pari di quanto accade nell’ipotesi di preventiva proposizione della domanda di separazione o di divorzio o di quella ex art. 316 c.c., possano ravvisarsi indubbie interrelazioni o interferenze tra i due tipi di procedimento, il carattere tassativo delle competenze attribuite al tribunale per i minorenni e la mancata previsione di una vis attractiva in favore dello stesso impongono di ritenere che il giudizio successivamente promosso dinanzi al tribunale ordinario resti attribuito alla sua competenza, ferma restando la necessità di tener conto, nell’adozione dei provvedimenti nell’interesse della prole, delle determinazioni assunte dal giudice specializzato, destinate inevitabilmente a ripercuotersi sul regime dell’affidamento dei figli e sulla disciplina dei rapporti tra gli stessi ed i genitori cfr. Cass., Sez. VI, 22/11/2016, n. 23768 31/03/2016, n. 6249 29/07/2015, n. 15971 . In tal senso depone chiaramente la disciplina dettata dall’art. 38 disp. att. c.c., la quale, nell’estendere la competenza del tribunale ordinario alla domanda di adozione dei provvedimenti riguardanti il figlio nato fuori del matrimonio, in precedenza ritenuta spettante alla competenza del tribunale per i minorenni, si limita ad escludere la competenza di quest’ultimo in ordine ai provvedimenti di cui all’art. 330 c.c., e ss., in riferimento all’ipotesi in cui al momento della proposizione della relativa domanda sia già pendente un giudizio ex art. 316 c.c., ma nulla dispone in ordine all’ipotesi inversa, che resta pertanto soggetta alla disciplina generale. Non può condividersi, in contrario, la sottolineatura da parte del Tribunale della genericità dell’espressione utilizzata dal legislatore nell’art. 333 c.c., il cui riferimento al potere del giudice di adottare i provvedimenti convenienti , quando la condotta del genitore appare comunque pregiudizievole per il figlio, si inscrive pur sempre nel quadro del riparto di competenza inderogabilmente disciplinato dall’art. 38 cit., che non consente al giudice specializzato di estendere la propria cognizione oltre l’ambito del procedimento instaurato a tutela del minore. 2.1. In applicazione di tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, il giudice competente a provvedere in ordine all’affidamento dei due figli nati dall’unione ed alla disciplina dei rapporti con il genitore non collocatario, nonché alla determinazione del contributo dovuto da quest’ultimo per il mantenimento dei minori, dev’essere individuato, nella specie, nel Tribunale ordinario di Ancona. La preventiva proposizione, da parte del Pubblico Ministero, della domanda di adozione dei provvedimenti di cui all’art. 333 c.c., dinanzi al Tribunale per i minorenni delle Marche, pur escludendo l’attrazione del relativo procedimento alla competenza del Tribunale ordinario, non consente infatti di ritenere che la domanda proposta dinanzi a quest’ultimo resti a sua volta attratta alla competenza del Giudice minorile, con la conseguenza che ciascun procedimento dovrà proseguire dinanzi al Giudice cui è attribuita la relativa competenza. 3. La natura officiosa dell’iniziativa esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali. P.Q.M. dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni delle Marche in ordine al procedimento promosso dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 333 c.c., e del Tribunale ordinario di Ancona in ordine al procedimento promosso da D.R.E. ai sensi dell’art. 337-ter c.c., disponendo la riassunzione di ciascun processo dinanzi al Giudice rispettivamente competente nel termine di legge. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.