Figlia avvocato e titolare di uno studio legale in locazione: addio al mantenimento dal padre

Evidente, per i Giudici come per il genitore, che la donna, ormai sopra i 30 anni di età, si sia avviata alla libera professione e sia in grado di provvedere a sé stessa.

Figlia over 30, abilitata all’esercizio della professione di avvocato, titolare di uno studio legale in locazione e proprietaria di due vetture – un’Audi e una Mercedes – legittima la richiesta del padre di liberarsi dall’obbligo di versarle un assegno di mantenimento Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 11472/21, depositata il 30 aprile . Ufficializzato il divorzio tra moglie e marito, è inevitabile lo strascico riguardante il fronte economico. Più precisamente, in Appello i Giudici sanciscono l’ obbligo dell’uomo di versare 400 euro mensili come assegno di mantenimento alla seconda figlia, mentre lo liberano da ogni onere verso l’ex moglie – che si è vista assegnare la casa coniugale – e verso la prima figlia , maggiorenne e ritenuta autosufficiente dal punto di vista economico. Inutile il ricorso proposto in Cassazione dalla donna e dalla figlia più grande. Per quanto riguarda l’ex moglie, i Giudici pongono in evidenza il fatto che ella svolge attività lavorativa come cuoca, con redditi accertati e dichiarati che superano di pochissimo i 10mila euro all’anno, mentre l’ex marito sfiora i 25mila euro all’anno. Per quanto concerne la figlia più grande, invece, viene ribadito che ella non ha più alcun diritto all’assegno di mantenimento da parte del padre. Ciò perché non solo non è dimostrato che ella non svolga alcuna attività lavorativa tale da renderla indipendente economicamente ma anzi è accertato che è abilitata allo svolgimento della professione di avvocato , è avviata quindi alla libera professione e inoltre è titolare di una ditta individuale e di uno studio legale in locazione , senza dimenticare poi, concludono i Giudici, il possesso di due autovetture di un certo livello, una Audi e una Mercedes .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 28 gennaio – 30 aprile 2021, n. 11472 Presidente Scotti – Relatore Meloni Fatti di causa La Corte di Appello di Lecce con sentenza in data 25/6/2019 pronunciando nel giudizio di divorzio tra i coniugi C.A. e P.M. ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lecce di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ponendo a carico di C.A. l’obbligo di corrispondere 400,00 Euro mensili direttamente alla figlia D. revocando l’assegno di mantenimento all’ex-coniuge ed all’altra figlia F. maggiorenne e autosufficiente, convivente con la madre P.M. alla quale la Corte ha assegnato la casa coniugale. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso in cassazione P.M. , e C.F. affidato a due motivi e memoria. C.A. resiste con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 156 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il giudice territoriale, senza tener conto delle situazioni economiche delle parti, non aveva posto alcun assegno di mantenimento a carico del C. per la moglie P.M. . Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e lamentano omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito ritenuto la figlia F. autosufficiente perché avvocato abilitata all’esercizio della professionale forense mentre, al contrario, non risultava provato in alcun modo che la figlia F. , benché avvocato, avesse raggiunto la propria indipendenza economica e pertanto, al pari dell’altra figlia, non poteva essere ritenuta autosufficiente. Il ricorso proposto è infondato e deve essere respinto in ordine ad entrambi i motivi infatti la Corte ha ampiamente motivato, ben oltre il minimo costituzionale , sia in ordine all’assegnazione della casa coniugale ed all’obbligo di pagamento dell’assegno di 400,00 Euro per la figlia D. stante la mancanza di autonomia economica della predetta sia in ordine all’assegno di mantenimento di 200,00 Euro in favore dell’ex coniuge P.M. , di anni 52, assegnataria della casa coniugale. A tal riguardo deve essere confermata la statuizione dei giudici di merito considerato che la predetta svolge attività lavorativa come cuoca con redditi accertati e dichiarati di circa 10.074,00 annui a fronte dei 24.800,00 del marito. La pronuncia impugnata merita di essere confermata sulla base della pronuncia delle Sezioni Unte di questa Corte Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018 secondo la quale Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi . Appare altresì infondato il motivo inerente la richiesta di assegno di mantenimento dell’altra figlia F. , già respinta nella sentenza impugnata. Non risulta infatti in alcun modo dimostrato che la predetta, di 32 anni, non svolga alcuna attività lavorativa tale da renderla indipendente economicamente al contrario risulta invece che la figlia è abilitata allo svolgimento della professione di avvocato e pertanto avviata alla libera professione, è titolare di una ditta individuale ed uno studio legale in locazione, possiede due autovetture di un certo livello Audi A2 e Mercedes classe A del 2016 e 2017 . Alla luce dell’orientamento di questa Corte in materia e tenuto conto che tutte le circostanze evidenziate nel ricorso sono già emerse nei precedenti gradi di giudizio e risultano essere già state prese in considerazione dal giudice di merito risulta quindi infondata l’istanza di assegno di mantenimento per la figlia F. . . Alla luce dei richiamati principi il ricorso è pertanto infondato in ordine a tutti i motivi e deve essere respinto con condanna delle soccombenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, trattandosi di processo esente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00 ed agli accessori di legge. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi e generalità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.Fatti di causa La Corte di Appello di Lecce con sentenza in data 25/6/2019 pronunciando nel giudizio di divorzio tra i coniugi C.A. e P.M. ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lecce di dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ponendo a carico di C.A. l’obbligo di corrispondere 400,00 Euro mensili direttamente alla figlia D. revocando l’assegno di mantenimento all’ex-coniuge ed all’altra figlia F. maggiorenne e autosufficiente, convivente con la madre P.M. alla quale la Corte ha assegnato la casa coniugale. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso in cassazione P.M. , e C.F. affidato a due motivi e memoria. C.A. resiste con controricorso. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 156 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto il giudice territoriale, senza tener conto delle situazioni economiche delle parti, non aveva posto alcun assegno di mantenimento a carico del C. per la moglie P.M. . Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e lamentano omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di merito ritenuto la figlia F. autosufficiente perché avvocato abilitata all’esercizio della professionale forense mentre, al contrario, non risultava provato in alcun modo che la figlia F. , benché avvocato, avesse raggiunto la propria indipendenza economica e pertanto, al pari dell’altra figlia, non poteva essere ritenuta autosufficiente. Il ricorso proposto è infondato e deve essere respinto in ordine ad entrambi i motivi infatti la Corte ha ampiamente motivato, ben oltre il minimo costituzionale , sia in ordine all’assegnazione della casa coniugale ed all’obbligo di pagamento dell’assegno di 400,00 Euro per la figlia D. stante la mancanza di autonomia economica della predetta sia in ordine all’assegno di mantenimento di 200,00 Euro in favore dell’ex coniuge P.M. , di anni 52, assegnataria della casa coniugale. A tal riguardo deve essere confermata la statuizione dei giudici di merito considerato che la predetta svolge attività lavorativa come cuoca con redditi accertati e dichiarati di circa 10.074,00 annui a fronte dei 24.800,00 del marito. La pronuncia impugnata merita di essere confermata sulla base della pronuncia delle Sezioni Unte di questa Corte Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018 secondo la quale Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi . Appare altresì infondato il motivo inerente la richiesta di assegno di mantenimento dell’altra figlia F. , già respinta nella sentenza impugnata. Non risulta infatti in alcun modo dimostrato che la predetta, di 32 anni, non svolga alcuna attività lavorativa tale da renderla indipendente economicamente al contrario risulta invece che la figlia è abilitata allo svolgimento della professione di avvocato e pertanto avviata alla libera professione, è titolare di una ditta individuale ed uno studio legale in locazione, possiede due autovetture di un certo livello Audi A2 e Mercedes classe A del 2016 e 2017 . Alla luce dell’orientamento di questa Corte in materia e tenuto conto che tutte le circostanze evidenziate nel ricorso sono già emerse nei precedenti gradi di giudizio e risultano essere già state prese in considerazione dal giudice di merito risulta quindi infondata l’istanza di assegno di mantenimento per la figlia F. . . Alla luce dei richiamati principi il ricorso è pertanto infondato in ordine a tutti i motivi e deve essere respinto con condanna delle soccombenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Non ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, trattandosi di processo esente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00 ed agli accessori di legge. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi e generalità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.