I provvedimenti sui minori devono essere adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi

Le domande relative alla responsabilità genitoriale ed al mantenimento di figli minori appartengono alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, anche se alle stesse vi è affiancata la domanda di separazione personale dei coniugi.

Così la Corte di Cassazione, con sentenza n. 29171/20, depositata il 21 dicembre. Con ricorso una donna chiedeva al Tribunale competente di pronunciare la separazione personale dal proprio coniuge, con addebito al marito , nonché le conseguenti statuizioni in ordine all'affidamento della figlia minore ed al suo mantenimento. Instauratosi il contraddittorio, il resistente si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano a favore del Tribunale portoghese ed avanzando, nel merito, la domanda di addebito della separazione e richiesta di affidamento della minore. Il Tribunale, per quello che rileva in questa sede, disattendeva l'eccezione di difetto di giurisdizione proposto dal resistente, pronunciava la separazione dei coniugi, senza addebito, ed affidava la figlia minore alla madre, stabilendo tempi e modalità di frequentazione del padre e ponendo a carico di quest'ultimo un assegno di mantenimento della minore. Successivamente, la Corte d’Appello competente rigettava il gravame proposto dall'uomo, ribadendo la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, già affermata dal Tribunale, e disattendendo nel merito le pretese dell'istante. In particolare, la Corte territoriale rilevava, in relazione alla causa di separazione personale dei coniugi, che la donna risultava essere residente in un comune italiano dove svolgeva anche la sua attività lavorativa, che aveva interrotto solo momentaneamente per ricongiungersi col marito residente in Portogallo, facendo poi ritorno in Italia. Pertanto, riteneva che il giudizio di separazione fosse stato correttamente incardinato in Italia, nel luogo di residenza della ricorrente. Quanto all'affidamento della minore , il giudice di appello rilevava che la stessa era anagraficamente residente nel comune ove risiedevano anche la madre e la sorella e dove era stata anche iscritta all'asilo, nel quale sarebbe ritornata al ritorno delle vacanze estive trascorse in Portogallo. Il ritardo nel rientro in Italia era stato determinato dal fatto che il padre aveva indebitamente trattenuto la bambina per un mese in più in Portogallo, mentre i genitori avevano pattuito che il rientro della minore sarebbe dovuto avvenire il mese precedente. La sottrazione della minore alla genitrice affidataria era stata, tra l'altro, accertata dal Tribunale di circoscrizione di famiglia e minori che aveva accolto la richiesta proposta in tal senso dal Pubblico Ministero. La causa era stata, pertanto, correttamente incardinata, a giudizio della Corte, nel luogo di abituale residenza della minore ai sensi dell'art. 8 del regolamento CE n. 2201/2003. Avverso tale sentenza l’uomo proponeva ricorso per cassazione, censurando sia la questione di giurisdizione relativa all'affidamento della minore sia le disposizioni relative alla propria domanda di addebito della separazione nonché a fondamento della richiesta di riduzione dell'assegno di mantenimento corrisposto a favore della figlia minore. La decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite. La censura principale si incentra essenzialmente sulla questione di giurisdizione relativa all'affidamento della minore, poiché il ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello abbia ritenuto che il luogo di residenza abituale della figlia fosse da individuarsi in Italia mentre per otto mesi la stessa avrebbe vissuto presso il padre in Portogallo. Tale collocazione della bambina all'estero sarebbe stata, peraltro, effettuata da accordo tra le parti per consentire alla madre di reperire lavoro in Italia. Tuttavia, la Suprema Corte trova il motivo infondato. Gli Ermellini ricordano che -secondo il costante proprio insegnamento la giurisdizione sulle domande relative all'affidamento dei figli ed al loro mantenimento, anche se proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente a norma del regolamento CE n. 2201/2003 . Tale criterio, informato all'interesse superiore del minore e, segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza da condurre ad escludere che il consenso del genitore alla proroga della giurisdizione, quanto alle domande concernenti i minori, sia ravvisabile nella mancata contestazione della giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla domanda di separazione. Secondo la Corte, da tale affermazione di principio circa il cd. ‘rapporto di prossimità del minore’ discende che nei giudizi di separazione e di divorzio che attengano, come nel caso di specie, anche all'affidamento ed alla collocazione di un figlio minorenne, al fine di determinare quale sia il giudice nazionale dotato di giurisdizione, deve aversi riguardo alla residenza del nucleo familiare all'interno del quale il medesimo vive, al momento della proposizione della domanda, rimanendo ininfluente il successivo trasferimento del figlio con un genitore all'estero. In tema di giurisdizione sulle domande inerenti alla responsabilità genitoriale sui figli minori, formulate nel giudizio di separazione introdotto dinanzi al giudice italiano, il criterio determinativo cogente della residenza abituale del minore trova fondamento nel superiore preminente interesse di quest'ultimo a che i provvedimenti che lo riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo della sua residenza effettiva, nonché nelle esigenze di realizzare la concentrazione di tutte le azioni giudiziarie ad esso relative. Tra l'altro, al fine di accertare quale sia lo Stato in cui ha la residenza abituale un figlio di tenera età, nato da genitori non uniti in matrimonio che vivono in Paesi diversi, e di individuare in conseguenza il giudice nazionale dotato di giurisdizione, al fine di assumere i provvedimenti riguardanti il minore, ben possono valorizzarsi indicatori di natura proiettiva, quale l'iscrizione del bambino presso l'asilo di un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato. Dichiarati, tra l’altro, inammissibili tutti gli altri motivi di ricorso, la Corte, pronunciando a Sezioni Unite, ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 17 novembre – 21 dicembre 2020, n. 29171 Presidente Di Iasi – Relatore Valitutti Fatti di causa 1. Con ricorso in data 13 novembre 2013, P.V.N. premesso di avere contratto nel Comune di omissis , in data omissis , matrimonio civile con D.C.V.M.A. - adiva Tribunale di Milano, chiedendo pronunciarsi la separazione personale dei coniugi, con addebito al marito, con le conseguenti statuizioni in ordine all’affidamento della figlia minore D.C.V.V. , ed al suo mantenimento. 1.1. Instauratosi il contraddittorio, il resistente si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano, a favore del Tribunale portoghese Tribunal de Comarca e de Familia e Menores de Almada , ed avanzando, nel merito, domanda di addebito della separazione e richiesta di affidamento della minore. 1.2. Con sentenza n. 14085, depositata il 12 dicembre 2015, il Tribunale di Milano - per quel che rileva in questa sede disattendeva l’eccezione di difetto di giurisdizione proposta dal resistente, pronunciava la separazione dei coniugi, senza addebito, ed affidava la figlia minore alla madre, con la quale avrebbe convissuto in Opera, stabilendo i tempi e le modalità di frequentazione del padre e ponendo a carico di quest’ultimo un assegno di mantenimento della minore. 2. La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 2883/2018, depositata il 12 giugno 2018, rigettava il gravame proposto da D.C.V.M.A. , ribadendo la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, già affermata dal Tribunale, e disattendendo, nel merito, le pretese dell’istante. 2.1. La Corte rilevava, in relazione alla causa di separazione personale dei coniugi, che l’appellata P.V. , cittadina italiana, era residente nel Comune di , ove svolgeva altresì la sua attività lavorativa, che aveva interrotto solo momentaneamente per un periodo di aspettativa - per ricongiungersi con il marito residente in omissis , facendo, poi, ritorno in Italia nell’agosto 2012. La Corte riteneva, pertanto, che il giudizio di separazione fosse stato correttamente incardinato in Italia, nel luogo di residenza della ricorrente, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento CE n. 2201/2003. 2.2. Quanto all’affidamento della minore, il giudice di appello rilevava che la medesima, nata a , era anagraficamente residente in , con la madre e la sorella, dove era stata altresì iscritta all’asilo, nel quale sarebbe ritornata a omissis , al ritorno delle vacanze estive trascorse in omissis . Il ritardo nel rientro in Italia era stato determinato dal fatto che il padre aveva indebitamente trattenuto la bambina per un mese in più in omissis , avendo i genitori pattuito che il rientro della minore in Italia sarebbe dovuto, invece, avvenire nell’ omissis . La sottrazione della minore alla genitrice affidataria era stata, peraltro, accertata dal Tribunale di Circoscrizione e di Famiglia e Minori di Almada, con sentenza del 20 marzo 2014, che aveva accolto la richiesta proposta in tal senso del Pubblico Ministero. La causa era stata, pertanto, correttamente incardinata, a giudizio della Corte, nel luogo - tale riconosciuto anche dal giudice portoghese nella succitata pronuncia - di abituale residenza della minore, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento CE nn. 2201/2003. 3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.C.V.M.A. nei confronti di P.V.N. , affidato a tre motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, D.C.V.M.A. denuncia il difetto di giurisdizione del giudice italiano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 e art. 362 c.p.c 1.1. La censura del ricorrente all’impugnata sentenza si incentra essenzialmente sulla questione di giurisdizione relativa all’affidamento della minore, dolendosi l’istante del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto che il luogo di residenza abituale della figlia D.C.V.V. fosse da individuarsi - all’epoca dei fatti per cui è causa - nel Comune di , laddove per otto mesi, dal omissis , la medesima avrebbe vissuto presso il padre in omissis . Tale collocazione della bambina all’estero sarebbe stata peraltro effettuata, d’accordo tra le parti, per consentire alla madre di reperire lavoro in Italia, dove la medesima aveva deciso di ritornare nell’ omissis . Dal omissis , epoca alla quale risalirebbe la rottura di fatto dei rapporti tra i coniugi, pertanto, la minore avrebbe avuto la sua stabile residenza in omissis , con conseguente iscrizione presso il Sistema sanitario portoghese. 1.2. Trascorsi, pertanto, ben otto mesi dal cambiamento della precedente residenza della minore, non avrebbe potuto la madre ad avviso del ricorrente - instaurare il giudizio di separazione dinanzi al Tribunale di Milano, facendo uso del meccanismo della cosiddetta ultrattività della preesistente residenza abituale , quale criterio di attribuzione della giurisdizione nell’ambito dell’Unione Europea, atteso che l’art. 9 del Regolamento CE n. 2201/2003 sancisce la possibilità di adire ancora il tribunale della residenza anteriore per un periodo limitato di tempo e cioè tre mesi dopo il mutamento di residenza abituale del minore . 1.3. Il motivo è infondato. 1.3.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, invero, la giurisdizione sulle domande relative all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento, ove pure proposte congiuntamente a quella di separazione giudiziale, appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente, a norma dell’art. 8 del Regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003. Tale criterio, informato all’interesse superiore del minore e, segnatamente, al criterio della vicinanza, riveste una tale pregnanza da condurre ad escludere che il consenso del genitore alla proroga della giurisdizione quanto alle domande concernenti i minori - pure ammessa dall’art. 12 del citato regolamento, in presenza del consenso di entrambi i coniugi - sia ravvisabile nella mancata contestazione della giurisdizione da parte di un coniuge con riguardo alla domanda di separazione Cass. Sez. U., 30/12/2011, n. 30646 Cass. Sez. U., 05/06/2017, n. 13912 . 1.3.2. Da tale affermazione di principio circa il cosiddetto rapporto di prossimità del minore , discende che nei giudizi di separazione e di divorzio, che attengano - come nella specie - anche all’affidamento ed alla collocazione di un figlio minorenne, al fine di determinare quale sia il giudice nazionale dotato di giurisdizione, deve aversi riguardo alla residenza del nucleo familiare, all’interno del quale il medesimo vive, al momento della proposizione della domanda, rimanendo ininfluente il successivo trasferimento del figlio con un genitore all’estero Cass. 11/06/2019, n. 15728 . In tema di giurisdizione sulle domande inerenti la responsabilità genitoriale su figli minori non residenti abitualmente in Italia, formulate nel giudizio di separazione o di divorzio introdotto dinanzi al giudice italiano, il criterio determinativo cogente della residenza abituale del minore, previsto dall’art. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e art. 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, trova, invero, fondamento nel superiore e preminente interesse di quest’ultimo a che i provvedimenti che lo riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo della sua residenza effettiva, nonché nell’esigenza di realizzare la concentrazione di tutte le azioni giudiziarie ad esso relative Cass. Sez. U., 02/10/2019, n. 24608 . Di conseguenza, anche nel caso in cui nel giudizio di separazione o di divorzio, introdotto innanzi al giudice italiano, siano avanzate domande inerenti la responsabilità genitoriale ed il mantenimento di figli minori, che non siano residenti abitualmente in Italia, ma in altro stato membro dell’Unione Europea, la giurisdizione su tali domande spetta, rispettivamente ai sensi dell’art. 8, par. 1, del Regolamento CE n. 2201 del 2003 e art. 3 del Regolamento CE n. 4 del 2009, all’autorità giudiziaria dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, dovendosi salvaguardare l’interesse superiore e preminente dei medesimi a che i provvedimenti che li riguardano siano adottati dal giudice più vicino al luogo di residenza effettiva degli stessi, nonché realizzare la tendenziale concentrazione di tutte le azioni che li riguardano, attesa la natura accessoria della domanda relativa al mantenimento rispetto a quella sulla responsabilità genitoriale Cass. Sez. U., 27/11/2018, n. 30657 . 1.3.3. Nel caso di specie, è incontroverso tra le parti - avendolo affermato anche lo stesso ricorrente -, e risulta dalla sentenza di appello, che alla data di proposizione del ricorso per separazione dei coniugi omissis , concernente anche l’affidamento e la collocazione della figlia minore, quest’ultima era ormai stabilmente residente in Italia presso la madre. Tanto da essere stata iscritta come rilevato dalla Corte territoriale - all’asilo nel Comune di omissis , nel quale aveva fatto ritorno nel omissis , al suo rientro in Italia. Orbene, al fine di accertare quale sia lo Stato in cui ha la residenza abituale un figlio di tenera età, nato da genitori non uniti in matrimonio che vivono in Paesi diversi, e di individuare in conseguenza il giudice nazionale dotato di giurisdizione, al fine di assumere i provvedimenti riguardanti il minore, ben possono valorizzarsi indicatori di natura proiettiva, quali - appunto - l’iscrizione del bambino presso l’asilo in un determinato Paese ed il godimento dell’assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato Cass. Sez. U., 30/03/2018, n. 8042 . 1.3.4. D’altro canto, come evidenziato dalla sentenza di appello lo stesso Tribunale portoghese di Almada, con pronuncia del 20 marzo 2014, non ha dubitato del fatto che D.C.V.V. fosse abitualmente residente in Italia, ove avrebbe dovuto fare rientro, per accordo delle parti, già nell’ OMISSIS , al punto da accogliere la domanda del Pubblico Ministero di riconsegna della medesima alla madre. 1.3.5. Da quanto suesposto discende, pertanto, che deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice italiano a giudicare della presente controversia. 2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso, D.C.V.M.A. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 2.1. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello non abbia preso adeguatamente in esame le prove documentali prodotte a sostegno della domanda di addebito della separazione alla moglie, nonché a fondamento della richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento, corrisposto a favore della figlia minore. 2.2. Le censure sono inammissibili. 2.2.1. Con il ricorso per cassazione - anche se proposto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 - la parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità cfr., ex plurimis, Cass., 07/12/2017, n. 29404 Cass., 04/08/2017, n. 19547 Cass., 02/08/2016, n. 16056 . L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce, invero, nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. Sez. U., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054 Cass., 29/10/2018, n. 27415 . 2.2.2 Nel caso concreto, l’impugnata sentenza ha adeguatamente motivato - alla stregua delle risultanze probatorie in atti - in ordine alle ragioni per le quali ha disatteso la richiesta di addebito, ritenendo giustificato l’allontanamento dell’odierna resistente dal omissis , al fine di riprendere il suo lavoro presso l’Istituto Europeo di Oncologia, dove era assunta con contratto a tempo indeterminato, essendo scaduto il periodo di aspettativa per maternità , nonché immotivato l’addebito rivolto dal marito alla moglie, di avere quest’ultima privilegiato esclusivamente i propri interessi lavorativi e la propria realizzazione personale, non avendo l’appellante D.C.V. neppure impugnato le motivate statuizioni rese sul punto dal giudice di primo grado. 2.2.3. Quanto alla richiesta di riduzione dell’assegno, la Corte territoriale è pervenuta alla decisione di lasciarne invariato l’importo stabilito dal Tribunale, sulla base di una motivata valutazione comparativa dei redditi delle parti in causa, e tenuto conto anche dei due diversi contesti geografici nei quali i medesimi si trovano a vivere. 2.2.4. A fronte di tali motivate statuizioni, la censura si risolve in una allegazione di questioni di merito, attraverso la sostanziale richiesta di riesame di atti e documenti - le cui risultanze, peraltro, non sempre sono state riprodotte nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza - e la riproposizione di temi di indagini già sottoposi al giudice a quo. Le doglianze devono, pertanto, essere disattese. 3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso va rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione della controricorrente. P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente sentenza/ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.