L’assegno di divorzio non si basa più sul tenore di vita goduto durante il matrimonio

In tema di determinazione dell’assegno divorzile, la giurisprudenza ormai consolidata ritiene che il criterio del tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio non possa più costituire il parametro adatto. Il giudice di merito deve infatti avere riguardo all’indipendenza economica, intesa come disponibilità di mezzi adeguati tali da consentire una vita dignitosa e autosufficiente.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28104/20, depositata il 9 dicembre, decidendo sul ricorso avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione di prime cure circa l’assegno di divorzio riconosciuto a favore dell’ex moglie. La decisione è stata impugnata dell’ex marito che lamenta la mancata rivalutazione dell’assegno in relazione alla comparazione reddituale e l’omessa osservanza dei principi fissati dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 11504/17 v. La Cassazione dà l’addio al tenore di vita e rivoluziona i parametri per l’assegno divorzile . Il giudice di merito ha infatti determinato in 300 euro la somma a favore della donna in considerazione del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio , durato 28 anni, e alla disparità delle relative condizioni economiche. Il ricorso risulta fondato. Il Collegio richiama la pronuncia n. 18287/18 con la quale i Giudici di legittimità hanno attribuito una funzione assistenziale, compensativa e perequativa all’attribuzione e alla quantificazione dell’assegno divorzile v . Le Sezioni Unite sull’assegno divorzile bisogna adottare un criterio composito . Sulla base di tale contesto giurisprudenziale, risulta evidente che il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio non può più costituire il parametro al quale fare riferimento per la determinazione dell’assegno divorzile, dovendo piuttosto il giudice avere riguardo alla indipendenza economica intesa come disponibilità di mezzi adeguati tali da consentire una vita dignitosa e autosufficiente secondo una valutazione di fatto riservata al giudice di merito . Nel caso di specie, il Giudice di merito non ha adeguatamente dato conto della situazione reddituale dei due ex coniugi, mancando totalmente una valutazione della situazione economica delle parti. Per questi motivi, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 6 ottobre – 9 dicembre 2020, numero 28104 Presidente Scaldaferri – Relatore Meloni Fatti di causa Il Tribunale di Treviso, pronunciando nel giudizio di divorzio tra i coniugi S.G. e F.E. stabilì un assegno divorzile di 300,00 Euro mensili posto a carico del S. . S.G. impugnò la sentenza di primo grado e la Corte di Appello di Venezia con sentenza in data 26/10/2018 respinse l’appello avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Treviso confermando in Euro 300,00 la somma che il S. doveva versare mensilmente in favore dell’ex coniuge. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione S.G. affidato a quattro motivi e memoria. F.E. resiste con controricorso Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, Il ricorrente denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla rivalutazione del reddito goduto dalla moglie L. numero 898 del 1970 ex art. 5 perché il giudice ha omesso una valutazione comparativa dei redditi dei coniugi. Con il secondo motivo di ricorso, Il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto dei principi affermati nella sentenza 11504/2017 ed ha fissato in Euro 300,00 la somma mensile da versare in favore dell’ex coniuge F.E. parametrandola al tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio durato ventotto anni ed alla disparità delle relative condizioni economiche delle parti. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione al reddito goduto dal ricorrente che ammonta ad Euro 1430,00 mensili gravato da svariate spese per motivi di salute in riferimento alla L. numero 898 del 1970, e all’art. 360 c.p.c., comma 1 numero 5. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, numero 3, in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto dei principi affermati nella sentenza 11504/2017 e dall’art. 2697 c.c. ed ha fissato in Euro 300,00 la misura dell’assegno da versare mensilmente alla moglie basandosi su presunzioni prive di fondamento logico. Il ricorso è fondato e merita accoglimento in ordine al terzo motivo, assorbiti gli altri. La sentenza a Sezioni Unite numero 18287 del 11/07/2018 ha attribuito una funzione assistenziale, compensativa e perequativa ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. numero 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Pertanto ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno divorzile deve tenersi conto delle risorse economiche di cui dispone l’ex coniuge più debole e se tali risorse siano sufficienti ad assicurare una esistenza libera e dignitosa ed un’adeguata autosufficienza economica, nonostante la sproporzione delle rispettive posizioni economiche delle parti . Dalla massima sopra riportata risulta evidente che il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio non può più costituire il parametro al quale fare riferimento per la determinazione dell’assegno divorzile, dovendo piuttosto il giudice avere riguardo alla indipendenza economica intesa come disponibilità di mezzi adeguati tali da consentire una vita dignitosa ed autosufficiente secondo una valutazione di fatto riservata al giudice di merito Cass. Sez. 1/6 numero 3015/2018 . Nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte risulta altresì che l’assegno divorzile ha anche una funzione compensativa o perequativa nel caso in cui risulti che il coniuge meno abbiente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi completamente alla famiglia nell’ambito di una scelta condivisa dei due ex coniugi che così hanno inteso impostare la vita in comune ed attribuirsi, di comune accordo, differenti ruoli ed attività nella gestione della vita familiare. Nella fattispecie la sentenza impugnata, nello stabilire l’entità dell’assegno divorzile, non ha dato conto adeguatamente della determinazione dell’importo stabilito e pur dando atto esplicitamente che il tenore di vita goduto dalla famiglia in costanza di matrimonio non costituisce di per sé indice cui parametrare l’ammontare dell’assegno divorzile non ha nemmeno indicato qual’è il reddito del marito dimostrando così di non aver svolto una adeguata valutazione della situazione economica delle parti. Il ricorso deve quindi essere accolto in ordine al terzo motivo, assorbiti gli altri, e la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito il quale procederà ad un nuovo esame alla luce dei principi sopra evidenziati, regolando anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.