Analisi di un caso di revocatoria per credito alimentare in favore del figlio naturale: non è facile (né giusto) farla franca

Nel giudizio vanno tenuti in considerazione, e sono da valutarsi specificamente, tutti i requisiti dell’istituto giuridico, dunque, sia la diminuzione del patrimonio del debitore ma anche la presenza di disposizioni che rendono meno agevole la soddisfazione del credito in caso di inadempimento.

Così la Cassazione con sentenza n. 27625/20, depositata il 03 dicembre. Una madre ricorreva in giudizio, in rappresentanza del figlio minore , il quale, a seguito di diverso procedimento giudiziario, era stato riconosciuto figlio naturale di un uomo, per ottenere la revocatoria ordinaria di alcuni atti di disposizione realizzati nel frattempo da quest’ultimo. La donna, nelle more, oltre alla dichiarazione giudiziale di paternità , otteneva dal Tribunale dei minorenni competente un assegno mensile di mantenimento , il riconoscimento della metà delle spese mediche e scolastiche nonché gli arretrati dell'assegno di mantenimento dalla nascita del figlio sino all'anno della sentenza di dichiarazione di paternità. Inoltre, con una diversa azione giudiziaria, chiedeva il risarcimento del danno, per conto del figlio, dovuto a causa dell'abbandono del bambino da parte del padre, quantificandolo inoltre € 300.000,00, richiesta rigettata dal Tribunale competente con sentenza intervenuta durante il giudizio di appello della controversia relativa al presente giudizio e poi confermata con sentenza di Corte di appello depositata nelle more del ricorso. Ciò che la madre naturale lamentava era il fatto che l'uomo avesse compito alcuni atti di disposizione del proprio patrimonio, cedendo ad un figlio legittimo la metà della proprietà di una casa al mare, trasferendo le quote della società che gestiva una carrozzeria in parte alla moglie ed in parte ai due figli -già soci tenendo per sé solo l’1% delle quote. Inoltre, cedeva alla moglie la propria metà della casa coniugale, mantenendo per sé solo l’usufrutto. Era a questo punto che la madre del figlio naturale dell’uomo -ritenendo che questi atti di disposizione fossero rivolti ad eludere il debito da mantenimento del figlio e del futuro pagamento del risarcimento del danno, in caso di soccombenza nella relativa causa citava quest’ultimo -quale dante causa la società nonché i figli e la moglie del medesimo -quali aventi causa di quegli atti di disposizione al fine di ottenerne la revocatoria nei propri confronti. Il Tribunale competente accoglieva la domanda ma i convenuti proponevano appello evidenziando come l'uomo a avesse sempre adempiuto puntualmente all'obbligo di mantenimento, b avesse corrisposto tempestivamente gli arretrati dalla nascita del minore e c fosse titolare di una pensione di poco superiore agli € 1.000,00 mensili, sufficiente a garantire il pagamento dell'assegno di mantenimento, di poco superiore ad € 300,00, disposto a favore del figlio naturale. Inoltre, eccepivano che la pretesa di un ulteriore credito era stata già rigettata dal Tribunale. La Corte di appello competente accoglieva queste ragioni, costringendo la madre del figlio naturale ad impugnare la detta pronuncia. In particolare, la decisione contestata osserva come il credito che si può dire sostenga la richiesta di revocatoria è quella relativa al mantenimento del minore , ossia i poco più di € 300,00 mensili a favore del bambino oltre alla metà delle spese mediche e scolastiche, essendo stato estinto il debito degli arretrati -sin da prima del compimento degli atti di disposizione ed essendo del tutto improbabile il credito al risarcimento del danno , negato da una sentenza del Tribunale. Inoltre, la Corte territoriale, ritenendo così delimitato il credito, ha reputato che la pensione del padre debitore, oltre alla partecipazione rimastagli nella società di famiglia ed all'usufrutto, fosse sufficiente a garantire il debito verso il figlio naturale e che, del resto, la somma avrebbe potuto essere ottenuta comunque attraverso la richiesta di pagamento diretto all'ente previdenziale. Ma avverso tali ragionamenti, la ricorrente propone diversi motivi di ricorso tre dei quali afferenti al credito da mantenimento ed altri tre relativi al credito da risarcimento del danno per abbandono del minore. Il primo di questi motivi deduce un’erronea interpretazione delle norme di legge, avendo la Corte di merito frainteso l'ammontare del mantenimento riconosciuto dal Tribunale al figlio minore, il quale non è di soli € 330,00 -quota fissa ma comprende alcune altre somme variabili, come la metà delle spese mediche e di quelle scolastiche, oltre a quelle imprevedibili, con la conseguenza che l'ammontare dell'assegno non è a priori determinabile. Errore, questo, che -secondo la teoria della ricorrente incide sull'accertamento del danno che il creditore subisce dalla dismissione del patrimonio da parte del debitore. Inoltre, la ricorrente contesta alla Corte di merito di avere malinteso i presupposti dell'azione revocatoria che risulta fondata ogni volta che, da un lato, si determini una riduzione del patrimonio del debitore come in questo caso, e dall'altro, sia resa più difficile l'esecuzione. Vieppiù, contesta alla Corte territoriale di aver ritenuto rilevante -ai fini del giudizio la circostanza che l'uomo ha sempre puntualmente adempiuto alla propria obbligazione di mantenimento del figlio naturale, quando invece si tratta di circostanza ininfluente e, comunque, non richiesta ai fini della revocatoria. La decisione della Corte di cassazione il requisito della maggiore difficoltà del recupero del credito. La Suprema Corte, valutando i vari motivi attinenti alla garanzia del credito alimentare del minore, e trattandoli alcuni congiuntamente, dichiara la fondatezza della doglianza della ricorrente. In particolare -per gli Ermellini la Corte di merito ha ritenuto che il patrimonio residuo e cioè la pensione, la quota societaria e l'usufrutto sull'immobile fosse capiente rispetto al credito vantato pari a € 330,00 mensili oltre alla metà delle spese mediche e scolastiche. Tuttavia, va evidenziato che la revocatoria è legalmente giustificata non solo da una diminuzione del patrimonio del debitore ma anche da atti di disposizioni che rendono meno agevole e più difficile la soddisfazione del creditore in caso di inadempimento. La Corte territoriale -continuano gli Ermellini non ha adeguatamente effettuato la valutazione del pregiudizio sotto questo aspetto, ossia sotto il profilo della maggiore difficoltà di realizzazione del credito a causa degli atti di disposizione del patrimonio da parte del ricorrente, a prescindere, cioè, dalla capienza che -peraltro risulta nel caso di specie meramente formale. Più nello specifico, secondo la Corte, va considerato se gli atti di disposizione -dunque anche la riduzione del patrimonio complessivo e del reddito rendono più difficoltosa la soddisfazione del credito, tenendo presente la circostanza che la pensione è pignorabile in misura ridotta e non per il suo intero ammontare. Per questa ragione la Suprema Corte ha accolto il primo motivo, ritenuti assorbiti gli altri, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte territoriale competente, in diversa composizione, anche per le spese.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 29 ottobre – 3 dicembre 2020, n. 27625 Presidente Amendola – Relatore Cricenti Fatti di causa La ricorrente, R.L. , agisce in giudizio in rappresentanza del figlio minore M. , che a seguito di un diverso da questo procedimento giudiziario, è riconosciuto come figlio naturale di F.R. . La R. , oltre alla dichiarazione giudiziale di paternità, ha ottenuto dal Tribunale dei Minorenni un assegno mensile di 330 Euro al mese, oltre la metà delle spese mediche e scolastiche nonché gli arretrati di tale assegno dalla nascita del figlio al 2008, anno della sentenza di dichiarazione di paternità. Poi, con una diversa azione giudiziaria, la R. ha chiesto il risarcimento del danno, per conto del figlio, dovuto all’abbandono del bambino da parte del padre, quantificandolo in 340 mila Euro, richiesta rigettata dal Tribunale di Torino, con sentenza intervenuta durante il giudizio di appello della presente controversia, e poi confermata con sentenza di Corte di Appello, depositata nelle more di questo ricorso. Il F. , nel biennio 2007-2009 ha compiuto alcuni atti di disposizione del suo patrimonio ad un figlio ha ceduto la metà della proprietà di una casa al mare, mentre ha trasferito le quote della società che gestiva una carrozzeria in parte alla moglie in parte ai due figli, già soci, fino a tenere per sé l’1% ed ancora ha ceduto alla moglie la metà propria della casa coniugale, mantenendo per sé l’usufrutto. La R. ha ritenuto che questi atti di disposizione fossero rivolti ad eludere il debito da mantenimento del figlio, ed il futuro pagamento del risarcimento del danno, in caso di soccombenza nella relativa causa ed ha dunque citato sia il F. , dante causa, che la società la Nuova Crociera, nonché i figli e la moglie del medesimo F. , quali aventi causa di quegli atti di disposizione, al fine di ottenerne la revocatoria nei propri confronti. Il Tribunale di Torino ha accolto la domanda. I convenuti hanno proposto appello, evidenziando come il F. aveva sempre adempiuto puntualmente all’obbligo di mantenimento, aveva corrisposto tempestivamente gli arretrati dalla nascita del minore al 2008 ha una pensione 1069,00 Euro che è sufficiente a garantire il pagamento dell’assegno mensile di 330 Euro disposto a favore del figlio che la pretesa di un ulteriore credito era stata rigettata dal Tribunale. La corte di appello di Torino ha accolto queste ragioni. La R. la impugna con sei motivi. V’è costituzione degli intimati e loro controricorso. Ragioni della decisione 1.- La decisione impugnata osserva come il credito che si può dire sostenga la richiesta di revocatoria è quello al mantenimento del minore, ossia i 330 Euro mensili a favore del bambino oltre metà delle spese mediche e scolastiche , essendo stato estinto il debito degli arretrati, sin da prima del compimento degli atti di disposizione ed essendo del tutto improbabile il credito al risarcimento del danno vantato in 340 mila Euro negato da una sentenza del Tribunale. Essendo cosi delimitato il credito, la corte ha ritenuto che la pensione del F. 1069 Euro mensile , oltre alla partecipazione rimasta nella società di famiglia, e all’usufrutto, fossero sufficienti a garantire il debito verso il figlio che, del resto, la somma avrebbe potuto essere ottenuta comunque attraverso la richiesta di pagamento diretto all’ente previdenziale. 2.- La ricorrente propone sei motivi di appello. I primi tre riguardano il credito da mantenimento i 330 Euro mensili gli altri tre il credito da risarcimento del danno per abbandono del minore. 3.- Con il primo motivo la ricorrente deduce una erronea interpretazione degli artt. 315, 315 bis 216 c.c., attribuendo alla corte di merito di avere frainteso l’ammontare del mantenimento riconosciuto dal Tribunale al figlio minore, che non è di soli 330 Euro, quota fissa, ma comprende alcune altre somme variabili, come la metà delle spese mediche e scolastiche, oltre a quelle imprevedibili, cosi che l’ammontare dell’assegno non è a priori determinabile errore, questo, che incide sull’accertamento del danno che il creditore subisce dalla dismissione del patrimonio da parte del debitore. 4.- Con il secondo motivo, strettamente connesso al primo, si deduce omesso esame di un fatto decisivo e controverso, vale a dire che le spese variabili e non predeterminabili a priori erano state decise da sentenza passata in giudicato, non considerata dunque dalla corte che se lo avesse fatto non avrebbe ritenuto il credito come limitato a 330 Euro mensili. 5.- Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 2901 c.c. e si contesta alla corte di merito di avere male inteso i presupposti dell’azione revocatoria, che è fondata ogni volta che, da un lato, si determini una riduzione del patrimonio del debitore, come in questo caso, e dall’altro sia resa più difficile l’esecuzione. Inoltre, si contesta alla corte di avere ritenuto rilevante ai fini del giudizio la circostanza che il F. ha sempre e puntualmente adempiuto alla sua obbligazione di mantenimento del figlio, quando invece si tratta di circostanza ininfluente e comunque non richiesta ai fini della revocatoria. 6.- Questi tre motivi attengono dunque alla garanzia del credito alimentare del minore, e possono trattarsi congiuntamente. Il primo motivo è fondato. La corte di merito ha ritenuto che il patrimonio residuo la pensione, la quota societaria, ed infine l’usufrutto sull’immobile fosse capiente rispetto al credito vantato 330 Euro mensili, oltre metà delle spese mediche e scolastiche . Va però evidenziato che la revocatoria è giustificata non solo da una diminuzione del patrimonio del debitore, ma anche da atti di disposizione che rendano meno agevole e più difficile la soddisfazione del creditore, in caso di inadempimento Cass. 1902/2015 . La corte non ha adeguatamente effettuato la valutazione del pregiudizio sotto questo aspetto, ossia sotto il profilo della maggiore difficoltà di realizzazione del credito a causa degli atti di disposizione del patrimonio da parte del ricorrente a prescindere ossia dalla capienza, che peraltro appare meramente formale 1069 Euro per un credito di 300 mensili , va considerato se gli atti di disposizione, e dunque anche la riduzione del patrimonio complessivo e del reddito, rendano più difficoltosa la soddisfazione del credito, tenendo presente che la pensione è pignorabile in misura ridotta e non per il suo intero ammontare. 7.- Come detto, il quarto, quinto e sesto motivo attengono al credito per risarcimento del danno, fatto valere con separato giudizio ed anche esso posto a base della revocatoria. Si tratta del risarcimento chiesto in nome del minore per l’illecito allontanamento del padre naturale, che, frequentato il bambino per i primi due anni di vita, se ne sarebbe disinteressato del tutto in seguito. Questi motivi possono considerarsi assorbiti dall’accoglimento del primo. P.Q.M. La corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Torino, in diversa composizione anche per le spese.