Disinteresse verso la figlia malata, moglie lasciata sola: separazione addebitabile al marito

Nessuna giustificazione possibile per il marito, che non ha mostrato alcun coinvolgimento in merito alle delicate condizioni della figlia. Lo scontro col suocero riguardante le scelte terapeutiche per la bambina ha rappresentato, infatti, solo un pretesto per consentire allo stesso di abbandonare il tetto coniugale.

Rottura coniugale addebitabile al marito che si disinteressa totalmente della salute della figlia, lasciando sola, in sostanza, la moglie, e che utilizza uno scontro col suocero come pretesto per giustificare la decisione di andare via di casa Cassazione, ordinanza n. 27235/20, depositata il 30 novembre . Ricostruita la delicata vicenda familiare, i Giudici di merito ufficializzano la separazione dei coniugi , sancendo l’ addebito al marito e stabilendo l’assegnazione della casa coniugale alla moglie l’affidamento della figlia minore in via esclusiva alla madre, con regolamentazione delle modalità di frequentazione da parte del padre , e infine fissando un assegno mensile di 1.050 euro a carico dell’uomo 400 euro per il mantenimento della moglie, e 650 euro per il contributo al mantenimento della figlia . Per quanto concerne in particolare l’addebito della separazione, in Appello viene confermata la valutazione compiuta in Tribunale, poiché è emerso che l’uomo, in costanza della convivenza famigliare, si è totalmente disinteressato della grave patologia di cui è affetta la figlia autismo , abbandonando il tetto coniugale a causa di un diverbio insorto con il suocero in merito a scelte terapeutiche riguardanti i genitori e la minore . Di conseguenza, viene anche ritenuto legittimo l’affidamento in via esclusiva alla madre , poiché il padre non ha dimostrato un coinvolgimento personale in merito alle delicate condizioni di vita della figlia, necessitante invece di cura ed assistenza continue . Sul lato economico, infine, i Giudici di secondo grado confermano l’entità dell’assegno di mantenimento in favore della moglie e della figlia, valutando le rispettive condizioni reddituali e patrimoniali dei coniugi e le necessità della figlia minore anche in punto di regime alimentare, estremamente costoso, ed essendo l’indennità di accompagnamento di 460 euro destinata alle sue cure mediche . Col ricorso in Cassazione il marito contesta soprattutto l’addebito a suo carico della separazione. Su questo fronte, in particolare, egli sostiene che la frattura coniugale è da ricollegare alla eccessiva ingerenza dei suoceri, non sufficientemente contrastata dalla moglie . Allo stesso tempo, comunque, egli ritiene illogico l’affidamento della figlia in via esclusiva alla madre , anche perché disposto solo a fronte di un asserito disinteresse del padre , e crede sia mancato un approfondimento sugli aspetti patrimoniali propri e della moglie per quanto concerne le statuizioni economiche. Dal Palazzaccio i Giudici ribattono ricordando che l’ abbandono della casa familiare costituisce, di per sé, violazione di un obbligo matrimoniale e, quindi, è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza . In questa specifica vicenda, però, si è dato rilievo al complessivo comportamento reiterato del marito, di totale disinteresse , in costanza della convivenza famigliare, verso la grave patologia della figlia – autismo –, avendo questi proposto il ricovero in una struttura esterna per disabili, rifiutandosi di seguire le terapie cliniche e le condizioni di vita della bambina, non affiancando la moglie nel complicato percorso di vita e crescita della figlia, preferendo estraniarsi e delegare alla moglie ogni aspetto . A fronte di questo quadro si è poi concretizzato l’abbandono del tetto coniugale da parte del ricorrente, a causa di un diverbio insorto con il suocero , diverbio però centrato comunque su scelte terapeutiche riguardanti i genitori e la minore . Priva di solidità, quindi, osservano dalla Cassazione, la visione alternativa proposta dal ricorrente, che si limita ad attribuire genericamente all’ingerenza dei suoceri la causa della crisi coniugale . Nessun dubbio, quindi, sulla addebitabilità della frattura dell’unione coniugale al comportamento del marito . Per quanto concerne infine le condizioni economiche dei coniugi , i magistrati osservano che la situazione patrimoniale dell’uomo è stata valutata nel complesso, tenuti in considerazione i redditi da lavoro e da locazione nonché l’importo percepito per via ereditaria, alla morte del padre, assieme al fratello e dunque necessariamente pro-quota e le entrate finanziarie risultanti dagli estratti conto” , mentre è emerso che la donna non svolge attività lavorativa, percepisce un reddito da locazione di circa 450 euro mensili e dispone solo dell’aiuto, anche economico, della famiglia di origine mentre l’indennità di accompagnamento della figlia è destinata solo alle sue cure mediche .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 27 ottobre – 30 novembre 2020, numero 27235 Presidente Genovese – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d'appello di Roma, con sentenza numero 838/2016, depositata in data 9/2/2016, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva pronunciato la separazione giudiziale dei coniugi Er. Pa. e Ma. Cr. Ro., con addebito al marito, assegnazione della casa coniugale alla moglie, affidamento della figlia minore, nata nel dicembre 2001, in via esclusiva alla madre, con regolamentazione delle modalità di frequentazione da parte del padre, da intensificarsi previo consulto con la terapeuta che aveva in cura la ragazza, e fissazione di un assegno mensile di Euro 1.050,00 a carico del Pa. di cui Euro 400,00 per il mantenimento della moglie, ed Euro 650,00 per il contributo al mantenimento della figlia, oltre il 5% delle spese straordinarie nell'interesse di quest'ultima , da rivalutarsi secondo indici Istat. In particolare, i giudici d'appello, in punto di addebito, hanno sostenuto che andava confermata la valutazione del Tribunale di Viterbo, risultando, dall'istruttoria espletata, con assunzione di prove testimoniali, che il Pa., in costanza della convivenza famigliare, si era totalmente disinteressato della grave patologia di cui era affetta la figlia autismo , abbandonando il tetto coniugale a causa di un diverbio insorto con il suocero in merito a scelte terapeutiche riguardanti i genitori e la minore ad avviso dei giudici della Corte di merito, doveva confermarsi l'affidamento in via esclusiva alla madre, non avendo il padre dimostrato un coinvolgimento personale in merito alle delicate condizioni di vita della minore, necessitante invece di cura ed assistenza continue, senza necessità di disporre una consulenza tecnica, valutate le relazioni in atti dei medici che avevano in cura la minore. La Corte distrettuale confermava anche l'entità dell'assegno di mantenimento in favore della moglie e della figlia, valutando le rispettive condizioni reddituali e patrimoniali dei coniugi e le necessità della figlia minore anche in punto di regime alimentare, estremamente costoso, ed essendo l'indennità di accompagnamento di Euro 460,00 destinata alle sue cure mediche . Avverso la suddetta pronuncia, Er. Pa. propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti di Ma. Cr. Ro. che resiste con controricorso . Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta 1 con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. dell'articolo 151, comma 2, c.p.c. in punto di addebitabilità della separazione 2 con il secondo motivo, l'omesso esame, ex articolo 360 numero 5 c.p.c. di fatto decisivo circa l'addebitabilità della separazione, avuto riguardo al contenuto delle diverse deposizioni testimoniali, dalle quali sarebbe, in realtà, emerso che la frattura coniugale era da ricollegare alla eccessiva ingerenza dei genitori della moglie, non sufficientemente contrastata da quest'ultima 3 con il terzo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3c.p.c. degli articolo 316, 337 ter e 337 quater c.c., in ordine all'affidamento in via esclusiva della minore alla madre, in deroga alla regola generale dell'affidamento condiviso 4 con il quarto motivo, l'omesso esame, ex articolo 360 numero 5 c.p.c. di fatto decisivo, in relazione all'affidamento esclusivo della minore disposto solo a fronte di un asserito disinteresse del padre, non essendosi ritenuto necessario un accurato accertamento peritale 5 con il quinto motivo, l'omesso esame, ex articolo 360 numero 5 c.p.c. di fatti decisivo circa gli aspetti patrimoniali delle parti e le conseguenti statuizioni economiche. 2. La prima censura è inammissibile. La statuizione del giudice d'appello è conforme ai principi di diritto più volte enunciati da questo giudice di legittimità Cass.12373/2005 Cass. 17056/2007 l'abbandono della casa familiare, di per sé costituisce violazione di un obbligo matrimoniale, non essendo decisiva la prova della asserita esistenza di una relazione extraconiugale in costanza di matrimonio. Ne consegue che il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all'impossibilità della convivenza, salvo che si provi - e l'onere incombe a chi ha posto in essere l'abbandono - che esso è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto conf.Cass.10719/2013 Cass.25663/2014 . Nella specie, la Corte distrettuale ha dato rilievo al comportamento reiterato del marito, di totale disinteresse, in costanza della convivenza famigliare, verso la grave patologia di cui era affetta la figlia autismo , avendo questi proposto il ricovero in una struttura esterna per disabili, rifiutandosi di seguire le terapie cliniche e le condizioni di vita della bambina, non affiancando la moglie nel complicato percorso di vita e crescita della figlia , preferendo estraniarsi e delegare alla moglie ogni aspetto, con abbandono del tetto coniugale a causa di un diverbio insorto con il suocero in merito a scelte terapeutiche riguardanti i genitori e la minore. Inoltre, in difetto di violazione di legge, la valutazione delle risultanze delle prove, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili Cass. 11511/2014 . Le censure poste a fondamento del ricorso si risolvono nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito Cass. 7972/2007 Cass.25332/2014 . Anche in questa sede, il ricorrente si limita del tutto genericamente ad attribuire all'ingerenza dei suoceri la causa della crisi coniugale, non confrontandosi con la complessiva valutazione espressa dalla Corte di merito. 3. La seconda censura è inammissibile, in quanto non articolata nel rispetto della nuova formulazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. In seguito alla riformulazione dell'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c. disposta dall'articolo 54 del D.L. numero 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. numero 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall'articolo 111, comma 6, Cost, individuabile nelle ipotesi - che si convertono in violazione dell'articolo 132, comma 2, numero 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza - di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale , di motivazione apparente , di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile , al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico , che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia Cass. S.U. 8053/2014 Cass. 23940/2017 . Ora, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l'apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell'ambito di quest'ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Cass. 7921/2011 Cass. 9097/2017 Cass. 29404/2017 . Nella specie, non vi è stato omesso esame di un fatto storico, avendo la Corte d'appello proceduto ad una propria valutazione delle risultanze istruttorie, ed in primis alla valutazione dell'addebitabilità della frattura dell'unione coniugale al comportamento del marito con i motivi, si vuole sollecitare un nuovo esame delle risultanze fattuali accertate dal giudice di merito. Inoltre il vizio di insufficiente motivazione non può essere più sindacato dal giudice di legittimità. 4. Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente, attenendo alla questione dell'affidamento esclusivo della minore alla madre, in luogo della scelta dell'affidamento condiviso, sono inammissibili. La Corte d'appello ha confermato il provvedimento del Tribunale, che, all'esito di prove testimoniali e delle relazioni dei servizi sociali, aveva disposto l'affidamento esclusivo della minore affetta da forma di autismo alla madre, con regolamentazione temporale degli incontri con il padre. Ora, le richieste concernenti le statuizioni relative all'affidamento della figlia sono divenute inammissibili per carenza di interesse v. Cass. 10719/2013 quando, nelle more del giudizio di legittimità avente ad oggetto l'affidamento di figlio minore ad uno degli ex coniugi a seguito di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sopravvenga la maggiore età del figlio, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente all'impugnazione Cass. 5383/2006 . L'interesse all'impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire - sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall'articolo 100 cod. proc. civ. - va apprezzato in relazione all'utilità concreta derivabile alla parte dall'eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata Cass. 15623/2005 . 5. Il quinto motivo è inammissibile, in quanto con esso si tende a sollecitare un riesame della documentazione già vagliata dal giudice di merito, in ordine alle condizioni economiche dei coniugi, lamentandosene una errata valutazione. La situazione patrimoniale del Pa. è stata valutata nel complesso, tenuti in considerazione i redditi da lavoro e da locazione nonché l'importo percepito per via ereditaria, alla morte del padre, assieme al fratello e dunque necessariamente pro-quota e le entrate finanziarie risultanti dagli estratti-conto. La moglie non svolge attività lavorativa, percepisce un reddito da locazione di circa Euro 450,00 mensili l'indennità di accompagnamento della minore essendo destinata alle cure mediche della stessa e dispone solo dell'aiuto, anche economico, della famiglia di origine. Il ricorrente, nella sostanza, lamenta la asserita lacunosità delle informazioni bancarie e patrimoniali della moglie, ma non allega fatti specifici documentali e provati il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte d'appello. 6. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.000,00,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. numero 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.