Figlio quasi 30enne: l’età non basta per liberare il padre dall’obbligo del mantenimento

Respinte le richieste avanzate dal padre. Confermato il diritto del figlio maggiorenne a continuare a percepire l’assegno mensile. Decisiva la mancanza di prove concrete su una presunta inerzia del figlio.

Il richiamo all’età del figlio – che si avvia verso i 30 anni – e ad una presunta insostenibilità del suo percorso formativo, a fronte delle forze economiche dei due genitori separati, non è sufficiente per mettere in discussione l’ obbligo di mantenimento posto a carico del padre. Cassazione, ordinanza n. 21752/20, sez. VI Civile, depositata oggi . Una volta dichiarata la separazione personale tra i coniugi , e assegnata l’ex casa di famiglia alla moglie, i giudici pongono a carico dell’uomo l’obbligo di un contributo – 250 euro mensili – al mantenimento del figlio minorenne e del figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente. Concordi su questa linea sia il Tribunale che la Corte d’Appello, nonostante le obiezioni mosse dall’uomo. Obiezioni che vengono ora riproposte in Cassazione, laddove egli sostiene, innanzitutto, che sia stato fissato un contributo al mantenimento dei figli non strettamente necessario a realizzare il principio di proporzionalità stabilito dal codice civile e senza valutare la disponibilità della quota della casa coniugale attribuita alla moglie gli effettivi bisogni dei figli la predominanza del reddito del genitore collocatario la condizione di disabilità ed incapacità lavorativa del genitore obbligato . Su questo fronte dalla Cassazione ribattono che in secondo grado sono stati presi in considerazione i dati fattuali integrati dai redditi e dalle disponibilità immobiliari dei coniugi, le esigenze dei figli ed i tempi di loro permanenza presso il padre, nonché la valenza dei compiti domestici e di cura incombenti esclusivamente sulla madre . L’uomo pone poi in discussione il diritto del figlio maggiorenne a percepire l’assegno di mantenimento . A questo proposito, egli pone in rilievo l’età del figlio – 27 anni – e chiede venga valutata la compatibilità del perseguimento del progetto educativo e di formazione – sotteso all’obbligo del mantenimento – alla luce delle condizioni economiche dei genitori . Secondo il ricorrente, si rischia la violazione del principio di solidarietà nelle formazioni sociali , non tenendo conto della sua situazione economica. Questa obiezione viene respinta in modo netto dai giudici della Cassazione. Decisiva l’applicazione del principio secondo cui l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ma perdura immutato finché il genitore non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato da parte del figlio. E in questo caso, invece, non vi sono prove su una presunta colpevole inerzia del figlio maggiorenne .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 15 luglio – 9 ottobre 2020, n. 21752 Presidente Scaldaferri – Relatore Scalia Fatti di causa e ragioni della decisione 1. Wa. Va. ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza n. 7796/2018 con cui la corte di appello di Roma aveva rigettato l'impugnazione dal primo proposta avverso la sentenza del tribunale di Roma che, dichiarata la separazione personale tra i coniugi ed assegnata la ex casa coniugale alla moglie, An. Ma. Sf aveva posto a carico del padre, per quanto in questa sede ancora rileva, un contributo al mantenimento dei figli Al., minore, ed l'Ed., maggiorenne e non autosufficiente, di Euro 250,00 mensili. 2. Con il primo morivo il ricorrente fa valere la violazione degli artt. 143, 147, 148, 315-bis e 337 ter c.c. per avere la corte di merito rissato un contributo al mantenimento dei figli non strettamente necessario a realizzare il principio di proporzionalità di cui all'art. 337 ter, quarto comma, c.c. e tanto, senza valutare economicamente la disponibilità della quota della casa coniugale attribuita alla moglie gli effettivi bisogni dei figli la predominanza del reddito del genitore collocatario la condizione di disabilita ed incapacità lavorativa del genitore obbligato. 3. Il motivo è inammissibile perché sotto la dedotta violazione di legge esso è volto ad una non consentita, in sede di legittimità, diretta rivisitazione del merito della vicenda in esame in termini Cass. SU 27/12/2019 n. 34476 già apprezzato dalla corte di appello con riferimento ai dati fattuali integrafi dai redditi e le disponibilità immobiliari dei coniugi, le esigenze dei figli ed i tempi di loro permanenza presso il padre nonché la valenza dei compiti domestici e di cura incombenti esclusivamente sulla madre, evidenze diversamente dedotte in ricorso con conseguente scivolamento nel merito. Resta ferma, nel resto, nella decisione impugnata la corretta applicazione del principio seconde il quale Al seguito della separatone personale dei coniugi, nel quantificare l'ammontare del contributo dorato dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore deve osservarsi il principio secondo il quale ciascuno dei coniugi ha l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e gli elementi da tenere in conto nella determinatone dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, sono il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti Cass. n. 17089 del 10/07/2013 Cass. n. 4811 del 01/03/2018 . 4. don il secondo morivo si hi valere la viola/ione degli artt. 315-bis e 337-ter c.c. e l'omesso esame di un tallo decisivo per il giudizio in relazione all'omessa valutazione dell'integrazione del reddito familiare della resistente derivante dagli introiti percepiti dal figlio Lorenzo, l'altro maggiorenne, pari ad Euro 900 mensili. Il motivo è inammissibile per diletto di autosufficienza, mancando in ricorso l'indicazione circa la tempestiva allegazione nel giudizio di merito della circostanza di cui si lamenta l'omesso esame. Nella premessa che l'eventuale vizio del ricorso per cassazione non può essere sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all'art. 380-bis, comma 2, c.p.c., la cui funzione - al pari della memoria prevista dall'art. 378 c.p.c. sussistendo idennità di rado - è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli Cass. n. 30760 del 28/11/2018 e che quindi non rilevi a tal fine la memoria in arri, è generico il morivo con cui si denunci l'omessa pronuncia senza poi individuarsi, con puntualità, i contenuti dell'atto difensivo, nella specie l'appello, che sarebbero mancati nella valutazione del giudice del mento Cass. n. 6014 del 13/03/2018 . 5. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 147, 148, 315-bis e 337 ter c.c. La corte di merito non aveva accolto la domanda di accertamento della insussistenza del diritto del figlio maggiorenne Ed., di anni 27, a percepire l'assegno di mantenimento che avrebbe dovuto valutarsi con rigore crescente in rapporto all'età del benefichino ed in ragione della compatibilità del perseguimento del progetto educativo e di formazione sotteso all'accertato obbligo, alle condizioni economiche dei genitori e tanto in violazione, anche, del principio di solidarietà nelle formazioni sociali. Il motivo è inammissibile per manifesta infondatezza e tanto m applicazione del principio per il quale, l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento del figli, secondo le regole degli artt. 147 e 148 cod. civ., non cessa. Ipso facto , con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell'obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un'attività economica dipende da un allettamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso Cass. n. 19589 del 26/09/2011 . Si tratta di principio pienamente osservato nella sentenza impugnata che ha rilevato la mancata prova da parte del genitore della colpevole inerzia del figlio maggiorenne, nell'ulteriore rilievo che la cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondala su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto” Cass. n. 5088 del 05/03/2018 n. 12952 del 22/06/2016 , evidenze in siffatti termini non dedotte. 6. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile. Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte. Contributo esente art. 10, comma 2, D.P.R. 1 15/2002 . Si dispone che ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 198 del 2003 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Dispone che ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n. 198 del 2003 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.