Riconosciuto l’assegno divorzile all’ex moglie depressa e disoccupata da tempo

Respinte le obiezioni proposte dall’ex marito. Confermata la decisione presa dai Giudici d’Appello e poggiata sul peggioramento della posizione della ex moglie.

Età avanzata, lungo periodo di disoccupazione e, infine, depressione elementi sufficienti per riconoscere alla ex moglie di percepire l’assegno divorzile. Inutile il richiamo dell’ex marito al peggioramento economico da lui subito su questo fronte i Giudici ritengono non credibili le sue dichiarazioni dei redditi. Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 21140/20, depositata il 2 ottobre . In primo grado i Giudici ritengono illegittima la pretesa avanzata dalla ex moglie, cioè il riconoscimento dell’ assegno divorzile , poiché ella non ha dimostrato l’impossibilità di conseguire un reddito utile a garantirle un tenore di vita assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio . In secondo grado la stessa ribadisce la propria domanda, chiedendo la modifica delle condizioni stabilite dalla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sentenza che non le aveva riconosciuto l’assegno divorzile , e mette sul tavolo il netto peggioramento della propria situazione rispetto a quella sussistente al tempo della pronuncia della sentenza di divorzio, avendo perso il lavoro e non avendo trovato un nuovo impiego e avendo dovuto registrare anche un peggioramento del proprio stato di salute . In sintesi, ella chiede un contributo al mantenimento a carico del coniuge, per la somma di 1.000 euro . Dai Giudici d’Appello arriva una risposta positiva solo in parte essi determinano l’assegno mensile di mantenimento nella somma di 200 euro , osservando che la medesima ha lavorato, percependo uno stipendio consistente, dal 2006 a tutto il 2009, mentre ha lavorato pochi mesi nel 2012 per la somma mensile di 500 euro, restando inoccupata successivamente, all’età di 55 anni . Peraltro, ella ha anche subito un peggioramento dello stato di salute disturbo depressivo , aggiungono i Giudici, e ha comunque dimostrato di aver cercato lavoro, anche partecipando a corsi di riqualificazione di essere disoccupata da sessantadue mesi di aver raggiunto un’età che rende complicato trovare altro impiego lavorativo . Per quanto concerne il marito, invece, non risultano variazioni rilevanti rispetto alla situazione esistente alla data della sentenza di divorzio, considerando che le dichiarazioni dei redditi non appaiono credibili . Inutile il ricorso proposto dall’ex marito in Cassazione. Per i Giudici del Palazzaccio, difatti, va confermato l’assegno mensile in favore della ex coniuge, quantificato, come detto, in 200 euro. Il legale dell’ex marito sostiene, innanzitutto, che non risulta provato che lo stato ansioso della donna sia invalidante , e contesta la valutazione con cui si è ritenuta non variata la situazione economica del proprio cliente, pur avendo quest’ultimo dimostrato il minor reddito percepito rispetto al divorzio . In sostanza, ai Giudici di secondo grado viene addebitato di non avere valutato correttamente i dati reddituali e patrimoniali dei due ex coniugi, valorizzando invece il criterio del mantenimento del tenore di vita pregresso e attribuendo rilievo allo stato di salute della ex moglie, anche se non adeguatamente dimostrato dai documenti prodotti . Dalla Cassazione ribattono invece che in Appello sono stati presi in esame tutti i dettagli della vicenda, e correttamente si sono ritenuti variati i presupposti per la determinazione del contributo al mantenimento della ex moglie , facendo riferimento, in particolare, allo stato di salute della donna e ai dati reddituali e patrimoniali dei due ex coniugi, e applicando il principio secondo cui bisogna valutare la concreta possibilità del coniuge che chiede il mantenimento di procurarsi il reddito adeguato al proprio sostentamento .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 luglio – 2 ottobre 2020, n. 21140 Presidente Giancola – Relatore Caiazzo Rilevato che Gr. Ga. richiese alla Corte d'appello di Torino la modifica delle condizioni stabilite dalla sentenza di cessazione degli effetti civili del suo matrimonio con Fu. Gi., che non le aveva riconosciuto l'assegno divorzile, allegando il netto peggioramento della propria situazione rispetto a quella sussistente al tempo della pronuncia della sentenza di divorzio, avendo perso il lavoro nel febbraio 2010 e non avendo trovato un nuovo impiego, con peggioramento dello stato di salute. Al riguardo, il Tribunale rilevò che la ricorrente non aveva dimostrato l'impossibilità di conseguire un reddito utile a garantire un tenore di vita assimilabile a quello goduto in costanza di matrimonio. Pertanto, con il reclamo alla Corte d'appello di Torino la Ga. chiese che fosse determinato a suo favore un contributo al mantenimento a carico del coniuge per la somma di Euro 1000,00. Con decreto del 2.10.15 la Corte territoriale, in accoglimento parziale del reclamo, determinò l'assegno di mantenimento nella somma di Euro 200,00 mensile, osservando che la reclamante aveva lavorato, percependo uno stipendio consistente, dal 2006 a tutto il 2009, mentre aveva lavorato pochi mesi nel 2012 per la somma mensile di Euro 500,00, restando inoccupata successivamente all'età di 55 anni e subito un peggioramento dello stato di salute disturbo depressivo per il marito non risultavano variazioni rilevanti rispetto alla situazione esistente alla data della sentenza di divorzio, considerando che le dichiarazioni dei redditi non apparivano credibili alla data del ricorso in primo grado la reclamante aveva dimostrato di aver cercato lavoro, anche partecipando a corsi di riqualificazione, di essere disoccupata da 62 mesi e di aver subito un peggioramento delle condizioni di salute, raggiungendo un'età che rendeva complicato trovare altro impiego lavorativo pertanto, non era da condividere la motivazione del Tribunale circa l'impossibilità per la reclamante di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento la misura del mantenimento poteva essere determinata in Euro 200,00 mensile, in considerazione dell'esito della controversia e delle relative ragioni. Fu. Gi. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati con memoria. Gr. Ga. resiste con controricorso, illustrato con memoria. Ritenuto che Con il primo motivo il Gi. denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 9 L. n. 898/70, lamentando che la Corte d'appello abbia ritenuto mutati i presupposti relativi al mantenimento della ex-moglie, non risultando provato che lo stato ansioso di quest'ultima fosse invalidante, e non ritenendo invece variata la situazione economica del ricorrente, pur avendo quest'ultimo dimostrato il minor reddito percepito rispetto al divorzio. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l'omesso esame di fatti decisivi circa i presupposti della modifica del mantenimento, in quanto il giudice di secondo grado non aveva valutato correttamente i dati reddituali e patrimoniali delle parti, valorizzando invece il criterio del mantenimento del tenore di vita pregresso, e attribuendo rilievo allo stato di salute della ex-moglie, anche se non adeguatamente dimostrato dai documenti prodotti. Il ricorso è inammissibile. I due motivi esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi-sono inammissibili poiché tendenti al riesame dei fatti. Invero, il ricorrente si duole del fatto che il giudice di secondo grado abbia ritenuto variati i presupposti per la determinazione del contributo al mantenimento dell'ex-coniuge attraverso censure afferenti al merito delle varie questioni introdotte, quali lo stato di salute della Ga., i dati reddituali e patrimoniali delle parti. Al riguardo, è orientamento consolidato che il giudice debba valutare la concreta possibilità del coniuge che chieda il mantenimento di procurarsi il reddito adeguato al proprio sostentamento Cass., n. 18/11 n. 9533/19 . In particolare, nel caso concreto, la Corte territoriale ha esaminato ogni questione e, dunque, non emerge alcun omesso esame. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 4200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1quater, del D.P.R. n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.