Relazione e convivenza col nuovo compagno ormai datate: niente revoca dell’assegno divorzile

Respinta la richiesta avanzata dall’ex marito. Confermato il diritto della donna a conservare il diritto a percepire l’assegno divorzile. Per i giudici la asserita relazione tra la donna ed il nuovo compagno quale stabile convivenza era elemento già noto, e quindi non idonea a provocare una modifica delle condizioni di divorzio.

Niente revoca dell’assegno divorzile se la relazione dell’ex moglie con un altro uomo risale ad epoca precedente la rottura ufficiale del matrimonio. Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 18528, depositata il 7 settembre . Definitiva la chiusura del rapporto matrimoniale, l’uomo si ritrova onerato del mantenimento in favore del figlio e dell’assegno divorzile in favore dell’ex moglie. Anni dopo, però, egli chiede la revisione delle condizioni di divorzio e in Tribunale ottiene soddisfazione, seppur solo in parte i Giudici revocano sia l’assegno di mantenimento in favore del figlio, che ha acquisito autonomia economica, sia l’assegnazione della casa familiare alla madre in quanto non più convivente con il figlio , mentre respingono la domanda di revoca dell’assegno divorzile , escludendo l’esistenza di circostanze tali da modificare gli equilibri già definiti tra gli ex coniugi. Identica posizione assume anche la Corte d’appello. In particolare, i Giudici di secondo grado osservano che l’unico motivo addotto quale elemento nuovo idoneo a modificare la situazione esistente era la presunta convivenza dell’ex moglie con un uomo, elemento, questo, che non poteva in alcun modo considerarsi un fatto nuovo sopravvenuto , in quanto, come asserito anche dall’ex marito, la relazione della donna era nota a tutti ed andava avanti da più di venti anni, ancor prima della sentenza di divorzio . Ciò significa, spiegano dalla Corte d’Appello, che tale situazione era già assodata e considerata alla data della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed anche a quella successiva dell’accordo di modifica delle condizioni di divorzio . Per l’ex marito, però, i Giudici di merito hanno valutato erroneamente la vicenda. Così, col ricorso in Cassazione, egli censura la decisione di secondo grado, poiché, spiega, non è stata ritenuta sussistente la stabile convivenza more uxorio della ex coniuge e non è stata valutata alla stregua di fatto sopravvenuto, pur essendo essa intervenuta allorché l’ex moglie aveva lasciato la casa coniugale per andare ad abitare con il nuovo compagno , confondendo tale circostanza con il diverso fatto della pregressa relazione e frequentazione della donna , in essere già diversi anni prima della rottura matrimoniale. Per l’ex marito, contrariamente a quanto deciso in Appello, ci si trova di fronte a un dato decisivo, ossia la convivenza stabile della donna con un altro uomo, idonea a far venir meno il suo diritto all’assegno divorzile . Questa visione viene però respinta dai giudici della Cassazione. In premessa viene evidenziato che l’uomo ha delineato la differenza tra una semplice frequentazione ed una stabile convivenza, affermando che solo la seconda è rilevante ai fini della modifica delle condizioni economiche divorzili . Però, in questo caso, i Giudici di secondo grado hanno ritenuto la questione come non nuova , poiché l’ex marito aveva dedotto in sede di ricorso che la donna intrattiene una stabile convivenza che dura da molti anni . Ciò permette di affermare che in Appello si è ritenuto, quindi, interpretando la domanda, che la asserita relazione tra la donna ed il nuovo compagno quale stabile convivenza fosse elemento già noto all’ex marito in sede di proposizione del ricorso e non fosse quindi idonea a provocare una modifica delle condizioni di divorzio . In aggiunta, poi, dalla Cassazione chiariscono che nemmeno avrebbe pregio l’eventuale rilievo in ordine alla qualificazione dei fatti come sopravvenuti per essersi gli stessi materialmente verificati in una certa epoca ma conosciuti dall’ex marito solo all’epoca della richiesta di revisione dell’assegno . Invero, l’ignoranza dei fatti non rende questi fatti sopravvenuti, una volta che se ne abbia la conoscenza . Tale assunto è confermato anche dal principio secondo cui ai sensi dell’art. 9 legge n. 898 del 1970 così come modificato dall’art. 2 legge n. 436 del 1978 e dall’art. 13 legge n. 74 del 1987 , le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus ”, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane viceversa esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile . Di conseguenza, l’attribuzione in favore di un ex coniuge dell’assegno divorzile non può essere rimessa in discussione in altro processo sulla base di fatti anteriori all’emissione della sentenza, ancorché ignorati da una parte , se non attraverso il rimedio della revocazione, nei casi eccezionali e tassativi di cui all’art. 395 cod. proc. civ. . In sostanza, in forza della particolare natura del giudicato delle sentenze di divorzio, e delle successive modifiche, deve comunque ritenersi che le stesse passano in cosa giudicata rebus sic stantibus ”, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 1 luglio – 7 settembre 2020, n. 18528 Presidente Scaldaferri – Relatore Iofrida Fatti di causa Con ricorso depositato nell'aprile 2016, Po. Mo. chiedeva la revisione delle condizioni di divorzio nei confronti della ex coniuge Pa. Al., deducendo la sussistenza di fatti sopravvenuti tali da legittimare la modifica delle precedenti statuizioni di cui alla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, pronunciata dal Tribunale di Macerata in data 4-28 dicembre 2002, oggetto di successivo accordo modificativo. Il Tribunale, nella contumacia della Al., revocava sia l'assegno di mantenimento a carico del Mo. ed in favore del figlio Matteo, per aver quest'ultimo acquisito autonomia economica, sia l'assegnazione della casa familiare alla madre in quanto non più convivente con il figlio , mentre veniva rigettata la domanda di revoca dell'assegno divorzile, stante l'insussistenza di alcuna rilevante circostanza sopravvenuta tale da incidere sul giudicato formatosi . La Corte d'appello di Ancona, con decreto n. 1509/2016, ha respinto il reclamo, ex articolo 739 c.p.c. proposto dal Mo., rilevando che l'unico motivo addotto quale elemento nuovo idoneo a modificare la situazione esistente era la presunta convivenza dell'ex moglie con tale Francioni, elemento questo che non poteva in alcun modo considerarsi un fatto nuovo sopravvenuto, in quanto, come asserito anche dallo stesso ricorrente, la relazione della Al. con il Francioni era nota a tutti ed andava avanti da più di 20 anni , dal 1984, ancor prima della sentenza di divorzio del 2002 ad avviso della Corte di merito, tale situazione quindi era già assodata e considerata alla data della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio ed anche a quella successiva dell'accordo di modifica delle condizioni di divorzio le istanze istruttorie formulate dal reclamante venivano ritenute inammissibili perché ininfluenti ai fini del decidere. Avverso il suddetto decreto, Po. Mo. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi resiste con controricorso Pa. Al E' stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all'articolo 380-bis c.p.c. ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta 1 con il primo motivo, ex articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. la violazione dell'articolo 9 L. 898/1970 per non aver la Corte d'Appello ritenuto sussistente la stabile convivenza more uxorio della ex coniuge e non averla ritenuta alla stregua di fatto sopravvenuto, pur essendo essa intervenuta solo nel 2012 allorché l'ex coniuge aveva lasciato la casa coniugale, per andare ad abitare con il nuovo compagno , confondendo tale sopravvenuta circostanza con il diverso fatto della pregressa relazione e frequentazione della Al., in essere dagli anni '80 2 con il secondo motivo, ex articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c. l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato sempre dalla convivenza stabile della Al. con altro uomo, idonea a far venir meno il diritto all'assegno divorzile 3 con il terzo motivo, ex articolo 360 comma 1 n. 4 c.p.c. la nullità del provvedimento impugnato per non aver la Corte d'Appello motivato sulle istanze istruttorie formulate sia in primo grado che in sede di reclamo. 2. Il primo ed il secondo motivo possono essere trattati assieme, in quanto connessi, e sono infondati. Il ricorrente ha delineato la differenza tra una semplice frequentazione ed una stabile convivenza, affermando che solo la seconda è rilevante ai fini della modifica delle condizioni economiche divorzili cfr. Cass. n. 17195/2011, conf. a Cass. n. 17643/2007 . Tuttavia, la Corte d'Appello ha ritenuto la questione come non nuova. Difatti, il Mo. aveva dedotto in sede di ricorso che la convenuta intrattiene una stabile convivenza che dura da molti anni . La Corte ha ritenuto quindi, interpretando la domanda, che la asserita relazione tra la Al. ed il Francioni quale stabile convivenza fosse elemento già noto al Mo. in sede di proposizione del ricorso e non fosse quindi idonea a provocare una modifica delle condizioni di divorzio. Infine, nemmeno avrebbe pregio l'eventuale rilievo in ordine alla qualificazione dei fatti come sopravvenuti per essersi gli stessi materialmente verificati in una certa epoca ma conosciuti dal Mo., solo all'epoca della la richiesta di revisione dell'assegno. Invero, l'ignoranza dei fatti non rende questi fatti sopravvenuti, una volta che se ne abbia la conoscenza. Tale assunto è confermato da questa Corte che ha chiarito come ai sensi dell'articolo 9 legge n. 898 del 1970 così come modificato dall'articolo 2 legge n. 436 del 1978 e dall'articolo 13 legge n. 74 del 1987 , le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus , rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane viceversa esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Ne consegue che l'attribuzione in favore di un ex coniuge dell'assegno divorzile non può essere rimessa in discussione in altro processo sulla base di fatti anteriori all'emissione della sentenza, ancorché ignorati da una parte, se non attraverso il rimedio della revocazione, nei casi eccezionali e tassativi di cui all'articolo 395 cod. proc. civ. Cass. n. 21049/2004 v. anche Cass.25 agosto 2005, n. 17320 . In sostanza, in forza della particolare natura del giudicato delle sentenze di divorzio, e delle successive modifiche, deve comunque ritenersi che le stesse passano in cosa giudicata rebus sic stantibus , rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Le censure risultano peraltro anche inammissibili per carenza di autosufficienza. 3. Il terzo motivo è anch'esso infondato. Non ricorre il vizio di omessa pronuncia o omessa motivazione sulle richieste istruttorie, avendole la Corte di merito giudicati ininfluenti ai fini del decidere, perché finalizzate alla prova di un fatto che non avrebbe potuto avere avere alcuna incidenza sul giudizio in quanto non idoneo a causare la revisione della situazione divorzile. 4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. PQM La Corte respinge il ricorso condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, a titolo di compensi, oltre Euro 100,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.