Sulla trascrizione dei matrimoni celebrati secondo il rito proprio di un culto acattolico

In tema di trascrizione dei matrimoni religiosi celebrati secondo il rito proprio di culti diversi da quello cattolico, occorre distinguere l’ipotesi di matrimonio celebrato secondo il rito di culti religiosi per cui esistono intese con lo Stato Italiano e quelli disciplinati dalla l. n. 1159/1929, secondo cui il matrimonio celebrato in Italia innanzi ad un ministro di culto acattolico con cui lo Stato non ha stipulato intese, ha effetti civili a condizione che la nomina di tale ministro di culto sia stata approvata con decreto dal Ministro dell’interno.

Questoquanto stabilito dalla Cassazionecon l’ordinanza numero 6511/20, depositata il9marzo. Matrimonio con rito acattolico. Il Tribunale respingeva la domanda di una coppia, volta ad ottenere la dichiarazione di legittimità del matrimonio da loro contratto nel 1980 secondo il rito dei Testimoni di Geova, con ordine dell’Ufficiale dello Stato Civile di effettuare la trascrizione dell’atto nei Registro. La Corte territoriale, aderendo a quanto stabilito dal Tribunale, riteneva il matrimonio non trascrivibile poiché privo di effetti per lo Stato italiano, essendo stata raggiunta l’intesa tra Repubblica Italiana e Congregazione dei Testimoni di Geova molti anni dopo la celebrazione delle nozze nel 2007 . Avverso la decisione ricorrono in Cassazione i coniugi lamentando che la Corte d’Appello abbia ritenuto non trascrivibile il matrimonio celebrato da un ministro di culto della Confessione religiosa dei testimoni di Geova, la cui nomina era stata approvata dal Ministro dell’Interno. Ritengono i ricorrenti che il matrimonio invece era stato legittimamente celebrato secondo quanto stabilito dalla legge numero 1159/1929 in relazione ai culti ammessi dallo Stato. Accolto il ricorso. La Suprema Corte, ritenendo fondato il motivo di ricorso, rileva che in tema di trascrizione dei matrimoni religiosi celebrati secondo il rito proprio di culti diversi da quello cattolico, occorre distinguere l’ipotesi di matrimonio celebrato secondo il rito di culti religiosi per cui esistono intese con lo Stato Italiano e quelli disciplinati dalla l. numero 1159/1929, secondo cui il matrimonio celebrato in Italia innanzi ad un ministro di culto acattolico con cui lo Stato non ha stipulato intese, ha effetti civili a condizione che la nomina di tale ministro di culto sia stata approvata con decreto dal Ministro dell’interno. Poiché tale ultima circostanza ricorreva all’epoca della celebrazione delle nozze, osservano i Giudici che era applicabile quanto previsto dalla legge numero 1159/1929. Dunque, la Corte d’Appello ha errato nel far rientrare la fattispecie in esame nell’ipotesi delle Intese tra Stato italiano e confessioni religione acattoliche, escludendo la trascrivibilità dell’atto e l’idoneità a produrre effetto nell’ordinamento italiano. Pertanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 dicembre 2019 – 9 marzo 2020, n. 6511 Presidente Bisogni – Relatore Scalia Fatti di causa 1. La Corte di appello di Messina con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato il reclamo proposto ex art. 739 c.p.c. da M.C.M. e Z.T. avverso il decreto con cui il Tribunale di Patti, pronunciando sul ricorso promosso ai sensi del D.P.R. n. 396 del 2000, artt. 95 e 96 aveva disatteso la domanda dai primi proposta e diretta ad ottenere la dichiarazione di legittimità del matrimonio da loro contratto in data omissis nel Comune di omissis , secondo il rito dei Testimoni di Geova , con ordine all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di effettuare la trascrizione dell’atto nei Registri, o, in subordine, l’emissione di un decreto sostitutivo del certificato di matrimonio. I giudici di appello, in adesione alle ragioni della decisione reclamata, hanno ritenuto la non trascrivibilità del matrimonio celebrato con il rito cristiano dei Testimoni di Geova perché privo di effetti per lo Stato italiano. La L. n. 1159 del 1929 ed il successivo regolamento di cui al R.D. n. 289 del 1930 rinviano, come disposto dall’art. 7 Cost., ad una Intesa tra la Repubblica italiana e la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova che, raggiunta in data omissis , non era ancora efficace in territorio nazionale non essendo stata approvata con legge statale. 2. M.C.M. e Z.T. ricorrono per la cassazione dell’indicato decreto con due motivi, illustrati da memoria. 3. Il rappresentante della Procura Generale della Corte di cassazione ha fatto pervenire memoria scritta in cui ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione falsa applicazione della L. n. 1159 del 1929, artt. 3, 8, 9 e 10 e del R.D. n. 289 del 1930, artt. 25-28, del D.P.R. n. 396 del 2000, artt. 95 e 96, della L. n. 385 del 1949, art. 2 contenente il Trattato di Amicizia Italia-Usa , dell’art. 83 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sulla trascrivibilità dei matrimoni celebrati dai ministri dei culti ammessi nello Stato italiano ancorché privi di Intesa. La Corte di appello aveva ritenuto la non trascrivibilità del matrimonio celebrato da un ministro di culto della Confessione religiosa dei Testimoni di Geova, la cui nomina era stata approvata dal Ministro dell’Interno, perché la Congregazione cristiana era priva di Intesa con lo Stato Italiano. Il matrimonio era stato invece legittimamente celebrato secondo le prescrizioni relative ai culti ammessi dallo Stato contenute nella L. n. 1159 del 1929, e relativo decreto di attuazione, il R.D. n. 289 del 1930, e pertanto sussistevano tutte le condizioni per procedere alla trascrizione nei registri dello Stato civile del Comune di Brolo in cui risiedevano i richiedenti. 2. Con il secondo mezzo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 8, 9, 12, 13, in combinato con l’art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, degli artt. 9 e 10 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e degli artt. 2, 3, 8, 19 e 29 Cost La Corte di appello di Messina, confermando il decreto impugnato, aveva dato atto della insussistenza di un rimedio effettivo ed integrato, per l’assunta decisione, una non consentita ingerenza da parte delle autorità statali, nella vita privata e familiare invece tutelati da Convenzioni Europee e dalla Costituzione, in patente violazione del diritto fondamentale a contrarre un matrimonio valido agli effetti civili. L’operato diniego, fondato sulla inesistenza di una Intesa tra la Congregazione religiosa, cui apparteneva il Ministro di culto celebrante, con lo Stato italiano, costituisce manifesta discriminazione basata sulla religione. Ritenere che una confessione religiosa riconosciuta dallo Stato, seppure priva di Intesa , non possa procedere alla celebrazione di matrimoni validi anche agli effetti civili è discriminatorio nei confronti degli appartenenti a detta confessione. 3. Il primo motivo è fondato ed in accoglimento dello stesso il decreto impugnato va annullato con rinvio dinanzi alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, in applicazione dei principi di seguito indicati e precisati. 4. In materia di trascrizione di matrimoni religiosi celebrati secondo il rito proprio di culti diversi da quello cattolico, occorre distinguere, nel vigente quadro normativo, due ipotesi. L’una avente ad oggetto l’atto di matrimonio celebrato secondo il rito di culti religiosi per i quali esistano Intese con lo Stato italiano, nell’osservanza di un percorso di squisita natura politica che trova previsione nella Costituzione italiana art. 7 Corte Cost. n. 52 del 2016 e l’altra, disciplinata dalla L. 24 giugno 1929, n. 1159, artt. 3, 7 e segg. e dalle norme attuative di cui al R.D. 28 febbraio 1930, n. 289, secondo la quale il matrimonio celebrato in Italia davanti a un ministro di un culto diverso dalla religione cattolica e con il quale l’Italia non ha stipulato intese produce effetti civili a condizione che a la nomina di tale ministro di culto sia stata approvata con decreto dal Ministro dell’Interno b l’ufficiale dello stato civile, previo adempimento delle formalità previste, abbia rilasciato l’autorizzazione scritta alla celebrazione del matrimonio. 4.1. All’epoca della celebrazione del matrimonio dei ricorrenti, e quindi nel 1980, il Ministro di culto celebrante apparteneva alla OMISSIS - culto ammesso nello Stato italiano in ragione del Trattato di Amicizia, Commercio, Navigazione tra la Repubblica Italiana e gli Stati Uniti di America del 2 febbraio 1948, ratificato in Italia e reso esecutivo con L. 18 giugno 1949, n. 385 - persona giuridica che godeva in Italia dei diritti attribuiti ad altri Enti morali riconosciuti e che, come tale, era soggetto all’applicazione della L. 24 giugno 1929, n. 1159, contenente Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi . L’indicato ente morale non aveva richiesto la stipula di Intese con lo Stato italiano, iniziativa assunta invece, successivamente, dalla diversa Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova , con un procedimento ancora aperto in cui non era stata approvata la bozza di intesa del omissis . Come infatti ricordano dalla giudice amministrativo la L. n. 1159 del 1929 e il R.D. 28 febbraio 1930, n. 289, . hanno cessato di avere efficacia e applicabilità . esclusivamente nei confronti delle confessioni religiose diverse dalla cattolica che avevano stipulato con lo Stato italiano intese trasfuse in leggi ai sensi dell’art. 8 Cost., ma non nei confronti delle altre associazioni religiose che . non avevano stipulato alcuna intesa con lo Stato italiano Cons. Stato, 17 aprile 2009, n. 2331 . 4.2. La diversa soggettività giuridica dell’ente di appartenenza all’epoca di celebrazione del matrimonio depone, ratione temporis, per l’applicazione del regime dell’ approvazione del Ministro di culto celebrante, nei termini di cui alla L. n. 1159 del 1929, e non per quello contrassegnato dalla stipula di Intese , non ancora concluse tra la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova e lo Stato italiano. La fattispecie resta pertanto disciplinata dalla L. 24 giugno 1929, n. 1159, artt. 3, 7 e ss. e relative norme di attuazione, per un percorso di accertamento delle condizioni ivi fissate - e, quindi, del riconoscimento del ministro di culto che ha celebrato il matrimonio e dell’autorizzazione scritta alla celebrazione rilasciata dall’ufficiale dello Stato civile - che è rimasto estraneo all’impugnato decreto. 4.3. La Corte di appello, dopo avere erroneamente sussunto, per malgoverno delle norme in applicazione, la fattispecie in esame nella distinta ipotesi delle Intese tra Stato italiano e confessioni religiose acattoliche, ha escluso la trascrivibilità dell’atto e quindi l’idoneità a produrre effetto nell’ordinamento italiano. 5. Gli accertamenti in fatto sottesi alla corretta qualificazione della fattispecie ostano a che questa Corte di legittimità possa giungere ad una decisione nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed impongono l’annullamento con rinvio nei termini di seguito indicati. 6. In accoglimento del primo motivo di ricorso, correttamente ascritta la fattispecie in esame all’ipotesi di matrimonio celebrato da un Ministro del culto appartenente ad una associazione, la omissis , nei cui confronti, per il Trattato di amicizia del 02/02/1948, reso esecutivo in Italia con L. 18 giugno 1949, n. 385, trovano perdurante applicazione le disposizioni della L. n. 1159 del 1929 art. 2 e del R.D. n. 289 del 1930 art. 12 - e, quindi, il conseguimento del riconoscimento per presa d’atto del Ministro dell’Interno -, la Corte territoriale di Messina provvederà, al fine di accertare la trascrivibilità del matrimonio celebrato da Ministro di culto acattolico nel Comune di omissis il omissis tra Z.T. e M.C.M. , a verificare - se l’Ufficiale dello Stato civile, dopo aver certificato che nulla ostava alla celebrazione del matrimonio, avesse rilasciato autorizzazione scritta con indicazione a del Ministro di culto dinanzi al quale la celebrazione doveva aver luogo b della data del provvedimento con cui la nomina del Ministro di culto venne approvata nei termini di cui all’art. 3, come previsto dalla L. n. 1159 del 1929, art. 8, u.p Il secondo motivo resta assorbito. 7. In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso ed assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte di appello di Messina, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.