Necessario un ulteriore intervento del giudice se la parte tenuta a contribuire alle spese straordinarie per i figli non adempie

In materia di assegno di mantenimento, ove il coniuge onerato alla contribuzione delle spese straordinarie relative ai figli, sia pure pro quota, non adempia spontaneamente, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, occorre adire nuovamente il giudice, affinchè accerti l'effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4513/20, depositata il 21 febbraio. Il caso. Una coppia di coniugi, separatasi consensualmente, addiveniva successivamente al divorzio. Dall’unione erano nati quattro figli. In merito alle spese straordinarie da sostenere in favore e nell’interesse dei figli, veniva stabilita una ripartizione al 50% tra gli ex coniugi. La signora si rivolgeva al Giudice di pace competente e otteneva una sentenza di condanna dell’ex marito al pagamento di una somma di oltre duemila euro a titolo di rimborso della metà delle spese straordinarie sostenute. L’uomo impugnava la sentenza dinanzi al Tribunale di Udine, in funzione di giudice di Appello, che, nel 2017, rigettava il gravame. Avverso la sentenza proponeva, quindi, ricorso per Cassazione, sulla base di cinque motivi. La donna non svolgeva difese. Motivi di impugnazione. Il primo motivo riguardava il difetto di interesse dell’ex moglie, attrice in primo grado, per essere già in possesso di un titolo esecutivo, rappresentato dall’omologa della separazione personale e dalla sentenza di divorzio. Con il secondo motivo il ricorrente denunciava il vizio di omessa pronuncia in merito all’eccezione riguardante la mancanza di un accordo su alcune richieste di esborso. Le altre censure rubricate in ulteriore subordine” e in subordine” attenevano prevalentemente – ad eccezione di quella sub. punto n. 5, contenente una censura autonoma - a contestazioni di merito sulla natura e l’entità delle richieste. In merito alla suddetta censura sub. punto n. 5, il ricorrente lamentava la condanna per responsabilità aggravata inflittagli dal Giudice di pace in primo grado, nonostante egli non fosse stato integralmente soccombente. Oggetto della censura era soltanto la statuizione sulla responsabilità aggravata relativa al giudizio di primo grado e non quella relativa al giudizio di secondo, dinanzi al Tribunale. Infine, la censura rubricata in estremo subordine” denuncia l’illegittima determinazione delle spese processuali, in quanto liquidate in misura superiore a quelle determinate dal Giudice di Pace. Osservazioni della Corte di Cassazione. I Giudici della Sesta Sezione ritengono che, come affermato dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte, nel caso in cui il coniuge tenuto alla contribuzione delle spese straordinarie, sia pure pro quota, non adempia spontaneamente, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, stante il disposto dell’art. 474, comma 1, c.p.c., occorre adire nuovamente il giudice, affinchè accerti l’effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità. La sentenza impugnata aveva accertato insindacabilmente, sulla base dei fatti, che in realtà vi era stato consenso sulle spese contestate. Per la Corte, la parte creditrice ha a disposizione una pluralità di forme di tutela giudiziale, nel caso di mancato adempimento spontaneo da parte dell’obbligato. Pertanto, appare legittima la sua scelta quando si ritiene necessario un accertamento a cognizione piena, a fronte delle contestazioni prevedibili di controparte. La Corte nel ritenere manifestamente fondata la censura sub. n. 5, ribadisce quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità in maniera costante, ossia che la responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c., integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicché non può farsi luogo all’applicazione della norma nel caso di soccombenza reciproca. I Supremi Giudici, nel richiamarsi al più recente orientamento di legittimità, ribadiscono il principio secondo il quale, in tema di patrocinio a spese dello Stato, se la parte ammessa ad esso risulti vittoriosa, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità. Conclusione. I Giudici della Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, accolgono la censura sub. n. 5 e rigettano i restanti motivi. Cassano altresì la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, espungono dalla stessa la statuizione del dispositivo, di condanna del ricorrente, ex art. 96 c.p.c. Condannano il ricorrente a rimborsare in favore della controparte, e per essa dello Stato, le spese sostenute per entrambi i gradi di giudizio di merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 novembre 2019 – 21 febbraio 2020, n. 4513 Presidente Scaldaferri – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione Il Tribunale di Udine, in funzione di giudice di Appello, ha rigettato l’impugnazione proposta da V.A. avverso la sentenza del giudice di Pace con la quale l’appellante è stato condannato a pagare all’ex coniuge L.C.G. la somma di E 2.229,35 a titolo di rimborso, nella misura del 50% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse dei quattro figli delle parti, secondo la ripartizione stabilita nel verbale di omologa della separazione consensuale e nella sentenza di divorzio. A sostegno della decisione il Tribunale ha affermato sull’eccezione di difetto d’interesse perché l’attrice era già in possesso di titolo esecutivo, viene rilevato che per principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ove l’inadempienza si riferisca all’obbligo di contribuzione alle spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli si rende necessaria l’acquisizione di un titolo esecutivo specifico. Nel merito è infondata l’eccezione relativa alla mancata concertazione preventiva tra i coniugi in relazione alle spese sostenute, essendo state provate le voci di credito mentre in relazione all’attività sportiva risulta emersa la corresponsione in passato da parte del padre di esborsi relativi all’attività stessa. È stato, infine, accolto l’appello incidentale sia in relazione all’errata statuizione di compensazione delle spese processuali del primo grado, attesa la soccombenza pressoché integrale del convenuto in primo grado che all’applicazione dell’art. 96 c.p.c., dal momento che la domanda di responsabilità aggravata non è assoggettata al regime di preclusioni assertive proprie del giudizio di primo grado. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione V.A. affidato a cinque motivi accompagnati da memoria. La parte intimata non ha svolto difese. Nel primo motivo viene riproposta la censura relativa al difetto d’interesse per il pregresso possesso di titolo esecutivo costituito dall’omologa della separazione personale e dalla sentenza di divorzio. La censura è manifestamente infondata, dal momento che, contrariamente a quanto rilevato in ricorso e ribadito in memoria, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che In materia di assegno di mantenimento, nel caso in cui il coniuge onerato alla contribuzione delle spese straordinarie, sia pure pro quota, non adempia, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, occorre adire nuovamente il giudice affinché accerti l’effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità. Cass. 1758 del 2008 cui sono seguite Cass. 4543 del 2011 1161 del 2017, in quest’ultima pronuncia si ritiene necessario l’accertamento giudiziale quando le somme da pagare non siano determinate o determinabili in base al titolo con un semplice calcolo aritmetico . L’orientamento richiamato dal ricorrente anche in memoria, così massimato Il provvedimento con il quale, in sede di separazione, si stabilisce che il genitore non affidatario paghi, sia pure pro quota , le spese mediche e scolastiche ordinarie relative ai figli costituisce idoneo titolo esecutivo e non richiede un ulteriore intervento del giudice in sede di cognizione, qualora il genitore creditore possa allegare e documentare l’effettiva sopravvenienza degli esborsi indicati nel titolo e la relativa entità, salvo il diritto dell’altro coniuge di contestare l’esistenza del credito per la non riconducibilità degli esborsi a spese necessarie o per violazione delle modalità d’individuazione dei bisogni del minore. cfr. anche Cass. 11316 del 2011 non si pone in contrasto con il primo dal momento che non esclude l’accertamento giudiziale a cognizione piena sulla debenza e quantificazione delle somme. Ne consegue che deve escludersi sia il difetto d’interesse della parte intimata, attrice in primo grado, per la scelta effettuata fin dall’inizio del giudizio di accertamento del proprio credito, sia il rischio di duplicazione di titoli esecutivi, comunque evidenziabile nei giudizi di opposizione esecutiva. Dalla giurisprudenza di legittimità emerge la pluralità di forme di tutela giudiziale rimesse alla parte creditrice a fronte dell’inadempimento del genitore obbligato, senza escludere la legittimità della scelta quando si ritenga necessario un accertamento a cognizione piena a fronte delle prevedibili contestazioni di controparte, nella specie effettivamente verificatesi. Nel secondo motivo viene denunciato il vizio di omessa pronuncia in relazione all’eccezione avente ad oggetto la mancanza di accordo su alcune richieste di esborso. La sentenza impugnata ha affrontato l’eccezione, affermando a pag. 9, di aver accertato insindacabilmente trattandosi di valutazione scaturente dall’esame dei fatti che vi era stato consenso sulle spese contestate. Le altre censure impropriamente rubricate come in ulteriore subordine ed in subordine attengono prevalentemente ad eccezione del punto n. 5 che contiene una censura autonoma a contestazioni di merito, sulla natura e l’entità delle richieste. La dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c. è manifestamente infondata, dal momento che la pronuncia impugnata non è priva di motivazione o fondata su motivazione apparente, essendo fondata sull’accertamento istruttorio svolto in primo grado pag. 8 pronuncia impugnata anche in relazione alla preesistenza del consenso alle spese suddette. La censura rubricata in estremo subordine riguarda invece il regime delle spese processuali e denuncia l’illegittima determinazione delle spese del primo grado in quanto liquidate in misura superiore a quelle liquidate dal giudice di pace in corso di causa. La censura è manifestamente infondata alla luce del più recente orientamento di questa Corte così massimato In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art . 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità. Cass. 22017 del 2018 cui è seguita Cass. 11590 del 2019 , Rimane da esaminare la censura rubricata a pag. 14 al n. 5. In essa il ricorrente lamenta la condanna per responsabilità aggravata inflittagli dal giudice di pace nonostante non fosse stato integralmente soccombente. La censura è manifestamente fondata alla luce del costante orientamento di questa Corte secondo il quale il regime di responsabilità aggravata stabilito nell’art. 96 c.p.c. è compatibile esclusivamente con la piena soccombenza della parte. Cass. 24158 del 2017 . Deve precisarsi, al riguardo, che oggetto di censura è esclusivamente la statuizione sulla responsabilità aggravata relativa al giudizio di primo grado e non quella relativa al giudizio di secondo grado del Tribunale. Pertanto, in accoglimento della censura sopraindicata, la pronuncia impugnata deve essere cassata e, con pronuncia di merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere espunta la condanna dell’odierno ricorrente al pagamento della somma di Euro 222,93. Il regolamento delle spese di lite deve compiersi valutando l’esito complessivo del giudizio Cass. 6259 del 2014 17523 del 2011 che vede nettamente prevalente la soccombenza dell’originario convenuto V. , il quale, peraltro, ha dato causa all’instaurazione del procedimento Cass. 21069 del 2016 . Egli deve pertanto essere condannato al rimborso in favore della controparte, e per essa dello Stato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 133, delle spese per entrambi i gradi di merito come liquidate dal tribunale. Le spese del giudizio di legittimità del ricorrente V. la intimata L.C. non ha svolto difese debbono restare a suo carico, per le ragioni sopraindicate. P.Q.M. Accoglie la censura sub. n. 5. Rigetta tutti gli altri motivi. Cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, espunge dalla sentenza stessa la statuizione sub lettera a del dispositivo, di condanna di V.A. ex art. 96 c.p.c. pari ad Euro 222,93, ferma la condanna al pagamento della restante somma. Condanna V.A. al pagamento in favore dello Stato delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, nella misura liquidata nella sentenza impugnata. Dichiara irripetibili da V.A. le spese del giudizio di legittimità.