L’accettazione tacita di eredità può essere desunta dalla voltura catastale

L’accettazione tacita dell’eredità può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, laddove abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciarvi o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 1438/20 depositata il 22 gennaio. Il caso. Il ricorrente adisce la Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello, nel confermare la decisione del giudice di primo grado, riteneva accertato il compimento di atti che avrebbero importato la sua accettazione dell’eredità materna. In particolare, l’erede censura l’assunto secondo cui la voltura catastale di un immobile ereditario costituisce atto di accettazione tacita dell’eredità . Voltura catastale e accettazione tacita dell’eredità. I Giudici della Suprema Corte rilevano immediatamente il consolidato orientamento secondo cui l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare . Ne discende che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile . In applicazione di tali principi, la Cassazione rigetta il ricorso e addebita le spese al ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 24 settembre 2019 – 22 gennaio 2020, n. 1438 Presidente D’Ascola – Relatore Tedesco Fatti di causa e ragioni della decisione La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado, il quale, su domanda di Unicredit creditrice di D.I. , deceduta il omissis , aveva accertato che il convenuto B.G.B. , successibile ex lege in qualità di figlio della de cuius, aveva compiuto atti che importavano accettazione dell’eredità materna. La corte d’appello ha innanzitutto condiviso la valutazione del primo giudice circa la concludenza, agli effetti dell’accettazione tacita, della voltura catastale riferita a immobili compresi nell’eredità. Essa, al fine di avvalorare ulteriormente le conclusioni, ha aggiunto che il B. , a far tempo dall’apertura della successione, possedeva l’alloggio caduto in successione in Torino, via omissis , avendovi trasferito in questo la propria dimora abituale e sostenuto gli oneri condominiali. Per la cassazione della sentenza B.G.B. ha proposto ricorso, affidato a un unico complesso motivo, con il quale censura, per un verso, l’assunto, fatto proprio dalla corte d’appello, secondo cui la voltura catastale di un immobile ereditario costituisce atto di accettazione tacita dell’eredità, per altro verso, la ricostruzione dei fatti proposta con la sentenza in ordine all’immissione in possesso, al pagamento degli oneri condominiali e al trasferimento della residenza anagrafica. Unicredit S.p.A. ha resistito con controricorso. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza del ricorso, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La controricorrente ha depositato memoria. Il ricorso è infondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte L’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile Cass. n. 22317/2014 n. 10796/2009 n. 5226/2002 n. 7075/1999 . D’altronde l’indagine relativa alla esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione , e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto Cass. n. 12753/1999 . A questo proposito si deve aggiungere che la corte di merito non ha fatto discendere l’esistenza di una tacita accettazione di eredità dall’avvenuta voltura catastale, ma ha considerato l’adempimento nel complesso delle circostanze di causa. In particolare essa ha posto l’accento sul fatto che il chiamato viveva nell’immobile e aveva pagato gli oneri condominiali. In verità il ricorrente nega l’avvenuto pagamento degli oneri condominiali, ma in questo senso la censura si dirige contro la ricostruzione in fatto della corte d’appello, che in proposito, richiamando i documenti prodotti da Unicredit, ha analiticamente indicato in pagamenti compiuti. Al riguardo il ricorrente richiama un diverso documento contenente la diffida ad adempiere da parte condominio. In questi termini però, in disparte il fatto che non si descrive il contenuto del diverso documento, è agevole il rilievo che, di per sé, l’esistenza della diffida non contraddice il pagamento degli oneri assunto dalla corte di merito. In quanto al fatto che egli non avrebbe trasferito la propria residenza nell’immobile dopo la morte della madre, ma già vi risiedeva e vi abitava in precedenza, la circostanza non solo non contraddice minimamente i rilievi della corte d’appello in ordine al possesso del bene, ma li conferma, non essendo rilevante, nell’ambito della ricostruzione della corte, che il chiamato già abitasse nell’immobile e non ne avesse acquisito il possesso in un secondo tempo. A un attento esame i rilievi della corte in ordine al possesso introducono una circostanza idonea a configurare l’acquisto dell’eredità da parte del B. non in dipendenza di una tacita accettazione, ma ex lege ai sensi dell’art. 485 c.c. Cass. n. 11018/2008 n. 16507/2006 n. 4845/2003 , essendo incontroverso che il possesso si è protratto per oltre tre mesi dalla morte senza che il chiamato abbia fatto l’inventario ed essendo altresì incontroverso che egli avesse consapevolezza sia della devoluzione dell’eredità, sia che il bene posseduto apparteneva all’eredità medesima cfr. Cass. n. 2911/1998 . Invero l’art. 485 c.c. si riferisce letteralmente proprio al caso che il chiamato sia già nel possesso dei beni ereditari a qualsiasi titolo Cass. n. 6167/2019 , senza che ciò voglia dire che, a questi effetti, sia insignificante il possesso acquisito successivamente. Nel concorso delle condizioni previste dalla norma l’acquisto ex lege opererebbe ugualmente, ma il trimestre accordato per il compimento dell’inventario decorrerebbe non dalla apertura della successione, ma dal momento di inizio del possesso. Insomma la valutazione della corte è immune da censure, da qualsiasi profilo si consideri la vicenda. Il ricorso, pertanto, va rigettato, con addebito di spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.