Il presunto tradimento è sufficiente per addebitare la separazione

Cristallizzata la responsabilità di un uomo per la rottura con la moglie. Decisiva la constatazione della sua eccessiva e sospetta frequentazione con un’altra donna irrilevante, secondo i Giudici, il fatto che poi non si fosse realizzato un concreto adulterio.

Basta il sospetto del tradimento per rendere addebitabile la separazione. A sperimentarlo sulla propria pelle è stato un uomo, ritenuto colpevole per la rottura con la coniuge – cui dovrà anche versare 1.200 euro al mese – a causa della troppo assidua frequentazione con un’altra donna Cassazione, ordinanza n. 1136/20, sez. VI Civile, depositata oggi . Rottura. La crisi della coppia viene ufficializzata in Tribunale con la pronuncia relativa alla loro separazione personale. A corredo all’uomo viene imposto l’obbligo di corrispondere alla moglie un assegno mensile di 800 euro e a lui viene anche addebitata la colpa” per la rottura coniugale. Su quest’ultimo fronte, in particolare, viene posto in evidenza un dato il suo rapporto con un’altra donna, testimoniato anche da foto e biglietti aerei. Identiche valutazioni vengono compiute in Appello, dove, anzi, l’uomo vede anche appesantito l’assegno in favore della moglie, portato a 1200 euro al mese. Sospetto. Inutile si rivela infine il ricorso in Cassazione proposto dal legale dell’uomo. I Giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono corretta, difatti, l’ottica adottata in Appello, laddove si è sostenuto che la relazione con estranei che dia luogo a plausibili sospetti d’infedeltà rende addebitabile la separazione quando comporti offesa alla dignità ed all’onore del coniuge , anche se, viene precisato, non si sostanzi in adulterio . A inchiodare l’uomo, quindi, la sua sospetta frequentazione con un’altra donna. Senza dimenticare, poi, che la decisione da lui presa di trasferirsi lasciando la casa familiare non è certo conforme all’obbligo di collaborazione e di quello di concordare l’indirizzo della vita familiare . Confermato, infine, anche il suo obbligo di versare ogni mese 1.200 euro alla moglie.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, ordinanza 15 ottobre 2019 – 20 gennaio 2020, n. 1136 Presidente Genovese – Relatore Sambito Fatti di causa Il Tribunale di Tivoli ha pronunciato la separazione personale dei coniugi Jo. An. ed An. Pa., dalla cui unione era nata una figlia, ormai maggiorenne ed autosufficiente, e la ha addebitata al marito, a cui carico ha imposto l'obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 800,00, annualmente rivalutabile. La Corte d'appello di Roma con sentenza del 5.9.2017, ha rigettato il gravame del marito ed, in parziale accoglimento di quello della moglie, ha elevato in Euro 1.200,00 l'assegno in favore della stessa, condannando il marito al pagamento delle spese processuali. An. Pa. ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, resistiti con controricorso della Jo Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo, si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla dichiarazione di addebito. Art. 151 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. . La Corte d'Appello, lamenta il ricorrente, ha errato, dapprima, nel non considerare che l'essenza della frattura del rapporto di coniugio risiedeva nel rifiuto opposto dalla moglie di continuare a seguirlo e sostenerlo, e nell'orientare, poi, la propria decisione mediante una sopravvalutazione di elementi indiziari foto, intestazione di biglietti aerei riferiti alla relazione con altra donna. 1.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di motivi. 1.2. Anzitutto, esso è dichiaratamente declinato in termini di vizio di motivazione, mentre, a seguito alla riformulazione dell'art. 360, co 1, n. 5, c.p.c. il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall'art. 111, co 6, Cost., individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell'art. 132, co 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale , di motivazione apparente , di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile , e tanto non è ravvisabile nella specie. Al di fuori di tali casi, il motivo di cui al numero 5 dell'art. 360 c.p.c. può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico , che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia Cass. S.U. 8053/2014 Cass. 23940/2017 . E tale fatto non risulta dedotto. 1.3. Inoltre, con la proposizione di un motivo di ricorso quale quello sopra riassunto, il ricorrente non può giammai rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento dei fatti operato dai giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili, non essendo, appunto, consentito al giudice di legittimità di riesaminare e valutare il merito della causa, il che appunto la censura tende a conseguire laddove, nella ricostruzione delle ragioni che hanno comportato l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, lamenta la sopravvalutazione di taluni elementi indiziari e la mancata valutazione di altri elementi dedotti. Senza dire, ad ogni modo, che la decisione non risulta criticata nei passaggi, conformi alla giurisprudenza di questa Corte, in cui evidenzia che la relazione con estranei che dia luogo a plausibili sospetti d'infedeltà rende addebitabile la separazione, quando comporti offesa alla dignità ed all'onore del coniuge, anche se non si sostanzi in adulterio e che la decisione del marito di trasferirsi lasciando la casa familiare non è conforme all'obbligo di collaborazione e di quello concordare l'indirizzo della vita familiare. 2. Col secondo motivo, si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla determinazione dell'assegno di mantenimento. Art. 156 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. . Il ricorrente lamenta che la Corte non ha effettuato alcuna valutazione comparativa della posizione reddituale delle parti ed ha riconosciuto l'assegno senza considerare che la moglie era in grado di sostenersi autonomamente. 2.1. Anche questo motivo è inammissibile, per le medesime ragioni esposte nell'esame del precedente motivo. Sotto il profilo formale, va evidenziato che il motivo deduce il difetto motivazionale ed omette di indicare il fatto oggetto di discussione che sia stato pretermesso in sede di merito e che, ove esaminato avrebbe condotto ad un risultato difforme sotto quello sostanziale chiede a questa Corte di riesaminare le condizioni patrimoniali delle parti, il che attiene al merito. 2.2. Va, per altro verso, rilevato che la giurisprudenza citata in seno al ricorso Cass. n. 11504 del 2017 non solo è stata superata dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18287 del 2018, ma riguarda l'assegno divorzile, diverso quanto a presupposti e finalità, laddove le modifiche delle condizioni patrimoniali, informalmente evidenziate con la nota del 15.10.2018, possono, in tesi, dar luogo alla revisione dell'assegno ex art. 710 c.p.c. 3. Col terzo motivo, il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia quanto alla condanna alle spese per la soccombenza . 3.1. Il motivo è inammissibile. Sia perché nuovamente declinato in termini di vizio di motivazione, sia perché non tiene conto del principio, cui si è attenuta la Corte territoriale, secondo cui nel regolamento delle spese processuali, il relativo onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini delle spese, in base ad un criterio unitario e globale. Nella specie, il ricorrente è rimasto soccombente sulle domande principali di addebito e di riconoscimento dell'assegno di mantenimento come affermato dalla Corte, che, nella complessiva valutazione compiuta, sfavorevole all'odierno ricorrente, non ha mancato di considerare che alcune istanze della moglie erano state disattese maggior importo dell'assegno e richiesta di riconoscimento del trattamento sanitario erogato dalla Camera dei Deputati . Resta da aggiungere che il riferimento -contenuto a pag. 11 penultimo periodo della sentenza al fatto che il marito sarebbe stato soccombente sul capo relativo ad un maggior importo dell'assegno costituisce all'evidenza un mero refuso. In base agli stessi motivi, id est al criterio, espressamente enunciato, della prevalente soccombenza, risultano regolate le spese dell'appello. 4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per spese vive, oltre accessori. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.