L’ascolto del minore assume valenza più pregnante in tema di azioni di status

In tema di azioni di status l’ascolto del minore è certamente necessario, anche se espressivo di una volontà non vincolante per il giudicante, nell’ambito del percorso decisionale che il giudice del merito è tenuto a sviluppare per attuare il doveroso bilanciamento tra favor veritatis e favor minoris, onde la sua omissione per i rilevanti effetti che possono derivarne non solo sul piano procedimentale, ma anche sul piano sostanziale, non può trovare giustificazione né nel dubbio circa la capacità di discernimento del minore, né su ragioni di mera opportunità.

Così la Cassazione con sentenza n. 28521/19, depositata il 6 novembre. Il caso. Un uomo propone ricorso per cassazione - avverso una sentenza emessa nel 2018, in una controversia riguardante il disconoscimento di paternità, dalla Corte di Appello di Torino – nei confronti del figlio minore nato nel 2008, in persona del curatore speciale, e della madre di questi, nonché sua ex moglie. La Corte territoriale aveva confermato la decisione di prime cure che, sulla base di risultanze genetiche, dichiarava che il minore non era figlio del ricorrente. Resistevano in giudizio con separati controricorsi sia la donna che il curatore speciale, il quale faceva rilevare che, nelle more del giudizio, il bambino era stato riconosciuto dal padre naturale dinanzi all’ufficiale dello Stato civile e ne aveva assunto il cognome. Motivi di impugnazione. Il ricorso è articolato in tre motivi. Con il primo motivo di impugnazione, l’uomo denunciava l’omesso esame della sentenza di separazione dei coniugi, prodotta nel giudizio di appello - dalla quale, ad avviso del ricorrente, si evinceva l’interesse del bambino ad essere collocato presso il padre - e l’omesso esame delle relazioni dei Servizi Sociali e del servizio di Neuropsichiatria infantile. Con il secondo motivo censurava la violazione dell’art. 315- bis c.c. relativamente al dovere di ascolto del minore. In particolare, il ricorrente invocava il diritto del minore ad essere ascoltato nei procedimenti che lo riguardano, ritenendo che il disturbo di linguaggio di cui questi risultava affetto non compromettesse la sua capacità di discernimento. Peraltro, sosteneva che la mancanza di tale capacità andava verificata direttamente e non, invece, desunta da elementi privi di rilevanza scientifica. Faceva altresì rilevare che il minore era stato già ascoltato dai Servizio sociali e dal CTU nell’ambito del giudizio di separazione dei coniugi e ritenuto capace di discernimento. Con il terzo motivo l’uomo lamentava una violazione dell’art. 100 c.p.c., ritenuta la carenza di interesse del minore ad agire nei confronti del padre legittimo e a conoscere la propria paternità biologica, considerato il forte legame affettivo esistente con il ricorrente. Osservazioni della Corte di Cassazione. I Giudici della Suprema Corte si concentrano sul secondo motivo, ritenendolo fondato. Il suo accoglimento, quindi, comporta la caducazione del provvedimento impugnato e gli altri motivi di impugnazione restano assorbiti, divenendo il loro esame superfluo. In merito all’ascolto del minore i giudici osservano come questo costituisca un adempimento necessario, alla luce dell’art. 315- bis c.c., introdotto dalla l. n. 219/12, anche nell’ambito del procedimento di disconoscimento di paternità. Anzi, la necessità dell’ascolto - in tema di azioni di status come quella del disconoscimento di paternità, dove il minore è parte processuale che non agisce personalmente ma a mezzo di curatore speciale - acquista un valore ancora più pregnante. Quello di essere ascoltato rappresenta un diritto assoluto del minore, di almeno dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento, e costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione dell’interesse del fanciullo al suo armonico sviluppo. Non deve infatti trascurarsi, nell'economia del procedimento, la circostanza che l'audizione del minore non è incombente fine a se stesso volto a dare mero adempimento ad un obbligo più generalmente sancito dalla legge, ma mira, nel segno di un'accresciuta considerazione della dignità del minore quale persona in grado di esprimere una volontà autonoma, a mettere il giudice in condizioni di poter valutare de visu et de auditu , se lo stesso sia stato adeguatamente informato sulle vicende processuali in atto e quanto questi abbia da dire o manifesti in merito ai rapporti personali e familiari sottostanti, quando non vi osti più generalmente l'età. Le modalità di espletamento dell'audizione, che costituisce un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, sono affidate alla discrezionalità del giudice, il quale deve ispirarsi al principio secondo il quale l'audizione stessa deve svolgersi in modo tale da garantire l'esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione. Pertanto, soprattutto quando particolari circostanze lo richiedono, può avvalersi di esperti, delegando specificamente ad essi l'audizione. L’obbligo dell’audizione può essere derogato, legittimamente, soltanto nel caso in cui, trattandosi di minore infra-dodicenne, non si ravvisa la capacità di discernimento e, nei restanti casi, quando sussistano particolari ragioni che la sconsiglino e di cui il giudice è tenuto a dare puntuale conto attraverso una congrua e circostanziata motivazione. L’omesso adempimento o l’omessa motivazione sulla sua assenza costituiscono lesione del diritto del contraddittorio da far valere in sede di impugnazione nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 c.p.c. Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte territoriale aveva finito per confermare la decisione del giudice di primo grado di non procedere all’audizione del minore infra-dodicenne, ritenendo non opportuno sottoporlo a situazioni stressanti e destabilizzanti - trovandosi questi a disagio nel parlare del contesto familiare -, mettendo inoltre in dubbio la sua capacità di discernimento, rapportata al ritardo nello sviluppo del linguaggio da cui il minore era affetto. I Giudici della prima sezione – che si discostano dagli assunti della Corte territoriale - rimarcano la centralità che il diritto all’ascolto assume nell’assetto attuale della materia, della quale esso costituisce regola fondamentale e tendenzialmente inderogabile, anche se le dichiarazioni rese dal minore non vincolano il giudicante nell’adozione di provvedimenti nel suo superiore interesse. Conseguentemente, per temperare l’obbligatorietà dell’adempimento non è invocabile né il mero dubbio circa la capacità di discernimento, collegato ad un ritardo nello sviluppo del linguaggio – poiché questo non è sufficiente ad escludere l’ascolto ex art. 315- bis c.c. -, né possono assumere rilievo ragioni di opportunità motivate da sofferenza psicologica del minore a parlar del contesto familiare molto conflittuale. Anzi, per i Supremi Giudici, sarebbe stato onere del decidente - verificata preliminarmente l’effettiva capacità di discernimento e stante l’obbligatorietà dell’adempimento - creare le condizioni attraverso le quali procedere all’audizione del minore. Un ascolto effettuato con modalità appropriate e conformi al profilo psicologico del minore avrebbe potuto attenuare o ridimensionare il disagio e aiutare a comprenderne le ragioni. Conclusione. I Giudici della prima sezione, con l’ordinanza in oggetto, accolgono il secondo motivo, ritenendo assorbiti gli altri. Cassano la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 3 ottobre – 6 novembre 2019, n. 28521 Presidente Giancola – Relatore Tricomi Ritenuto che M.A. propone ricorso per cassazione articolato in tre mezzi corroborati da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, in epigrafe indicata, nei confronti di M.M. nato a omissis in persona del curatore speciale e difensore Avv. Andrea Bertelli, della madre del minore A.J. e di T.G. . Hanno replicato con separati controricorsi A.J. ed il curatore speciale per il minore questi ha riferito che, nelle more del giudizio, il bambino è stato riconosciuto dal padre naturale T.G. dinanzi all’Ufficiale di stato civile ed ha assunto il cognome A.T. . È rimasto intimato T.G. . La Corte territoriale, in controversia concernente il disconoscimento della paternità promosso dal curatore del minore, nominato su istanza della madre, ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato che M.M. non era figlio di A. , sulla scorta delle risultanze dalla CTU genetica eseguita. Considerato che 1. Il ricorso è articolato in tre motivi ed è ammissibile perché sono chiaramente evincibili le questioni di diritto proposte. 1.1. Con il primo motivo si denuncia l’omesso esame della sentenza di separazione dei coniugi M. - A. prodotta nel giudizio di appello - dalla quale, a parere del ricorrente - si evinceva l’interesse di M. ad essere collocato presso il padre in ragione della sua maggiore adeguatezza comportamentale nei confronti del minore e del legame profondo tra i due - e l’omesso esame delle relazioni dei Servizi sociali e del Servizio di neuropsichiatria infantile - dalle quali era ricavabile il miglioramento della situazione interrelazionale tra padre e figlio -, documenti prodotti sia in primo che in secondo grado. 1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 315 bis c.c., con riferimento al dovere di ascolto del minore. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha respinto il motivo di appello concernente la mancata audizione del minore da parte del primo giudice, ritenendo fondata la statuizione del Tribunale che aveva ritenuto non opportuno sottoporre il minore che non ha ancora compiuto i dodici anni a situazioni stressanti e destabilizzanti in considerazione de la sofferenza psicologica del minore ed il disagio a parlare del proprio ambiente familiare e della figura materna uniti all’esaustività delle acquisite relazioni dei servizi sociali e di NPI ed alla protratta opera manipolatoria posta in essere da M.A. , oltre che della dubbia capacità di discernimento rapportata al ritardo nello sviluppo del linguaggio da cui è affetto M. fol. 7 della sent. imp. . Il ricorrente invoca il diritto del minore ad essere ascoltato nei procedimenti che lo riguardano e critica la statuizione anzidetta sostenendo che il disturbo del linguaggio non compromette la capacità di discernimento e che la mancanza di tale capacità di discernimento avrebbe dovuto essere direttamente verificata e non tratta aliunde da elementi privi di rilievo scientifico a sostegno rimarca che il minore - non ascoltato nel presente procedimento era stato tuttavia ascoltato dai Servizi sociali e dal CTU nel giudizio di separazione personale dei coniugi M. - A. e ritenuto capace di discernimento. 1.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 100 c.p.c. stante - nella prospettazione sostenuta mediante il richiamo alla CTP redatta dalla Dott. Al. nell’ambito di separazione personale - la assoluta carenza di interesse del minore ad agire nei confronti del padre legittimo e a conoscere la propria paternità biologica in ragione del forte legame affettivo con M.A. . 2. Il secondo motivo è fondato, sicché il suo accoglimento, comportando la caducazione dell’impugnato provvedimento, assorbe le altre ragioni di doglianza il cui esame diviene perciò superfluo. 2.1. Osserva la Corte che l’ascolto del minore costituisce adempimento necessario ai sensi dell’art. 315 bis c.c., introdotto dalla L. n. 219 del 10 dicembre 2012, anche nel procedimento di disconoscimento di paternità. Invero, detta audizione, prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, aveva acquisito tale carattere doveroso, nelle procedure che riguardavano i minori, già ai sensi degli art. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. 20 marzo 2003, n. 77, cioè ancor prima che dell’evoluzione normativa in atto si facesse interprete il legislatore nazionale mediante la più generale previsione dell’art. 315-bis c.c., comma 3, come si evince da quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite sin dalla sentenza n. 22238 del 21/10/2009. 2.2. In tema, è stato chiarito, sottolineando il valore procedimentale della regola oggi codificata, che il diritto di essere ascoltato è un diritto assoluto del minore , ultradodicenne o infradodicenne capace di discernimento, e costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti giudiziari che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione dell’interesse del fanciullo al suo sviluppo armonico psichico, fisico e relazionale Cass. n. 6129 del 26/03/2015 Cass. n. 12018 del 07/05/2019 l’ascolto consente, invero, la partecipazione diretta del minore stesso al giudizio, sia quando questi sia parte in senso sostanziale Cass. n. 5237 del 5/3/2014 - come nei giudizi in cui si controverte di affidamento e diritto di visita -, sia, a maggior ragione, quando questi sia parte in senso formale - come nel giudizio di disconoscimento della paternità art. 247 c.c. - ma la sua posizione processuale risulti necessariamente rivestita dal curatore speciale art. 244 c.c., u.c. . 2.3. L’audizione è un atto processuale del giudice art. 336 bis c.c. , che può stabilire, nell’interesse del minore, modalità particolari per il suo espletamento, comprendenti anche la delega specifica ad esperti, senza tuttavia che possa ritenersi sufficiente, a tale scopo, che il minore sia stato interpellato o esaminato da soggetti ad esempio, gli assistenti sociali nell’ambito della loro ordinaria attività, e cioè senza specifica delega, e le cui relazioni siano state successivamente acquisite al fascicolo processuale Cass. n. 11687 del 15/05/2013 Cass. 15365 del 22/07/2015 . In proposito è stato anche sottolineato, proprio perché il minore ha diritto di essere ascoltato, purché abbia compiuto gli anni dodici, ovvero, sebbene di età inferiore, quando sia comunque capace di discernimento, che l’audizione - anche nel caso in cui sia disposta, secondo il prudente apprezzamento del giudice, a mezzo di consulenza tecnica - non può in alcun modo rappresentare una restrizione della sua libertà personale ma costituisce, al contrario, un’espansione del diritto alla partecipazione nel procedimento che lo riguarda, quale momento formale deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi effettivi bisogni Cass. n. 5097 del 05/03/2014 . 2.4. Tanto premesso va osservato che l’obbligo dell’audizione può essere derogato solo ove non si ravvisi la capacità di discernimento, nel caso del minore infradodicenne, ovvero in tutti i casi in cui esistano particolari ragioni - che il giudice di merito deve indicare specificamente - che la sconsiglino v. in tema, infra, sub 2.6. . 2.5. Ne consegue che l’omesso adempimento o l’omessa motivazione sulla sua assenza costituiscono lesione del diritto al contraddittorio, da far valere in sede d’impugnazione nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 c.p.c. Cass. n. 5847 del 08/03/2013 Cass. n. 7479 del 31/03/2014 . 2.6. Il ricorrente lamenta la lesione di tali principi, deducendo la violazione del disposto normativo in relazione ai casi che consentono la deroga alla obbligatorietà dell’ascolto, e sostanzialmente contesta il mancato accertamento della assenza di capacità di discernimento del minore e l’utilizzazione di elementi estranei al giudizio per ravvisare la ricorrenza di condizioni ostative di altra natura. Orbene, la Corte di appello ha ritenuto di confermare la decisione di primo grado di non procedere all’audizione per le ragioni già prima sintetizzate, che prospettano un dubbio circa la sussistenza della capacità di discernimento e deducono - di contro - l’opportunità a non sottoporre il minore a situazioni stressanti e destabilizzanti conseguenti alle vicende occorse nel giudizio di separazione tra i coniugi M. - A. . È vero, peraltro, che nel pronunciarsi in questi termini, il giudice territoriale sembra aver tenuto conto di una giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, sebbene a fronte della più generale previsione ora recata dall’art. 315-bis c.c. non sia spendibile l’argomento che l’incombente dell’ascolto non riveste carattere di adempimento obbligatorio - e ciò anche nel procedimento di disconoscimento della paternità -, tuttavia esso potrebbe pur sempre essere omesso, oltre che nel caso in cui il minore infradodicenne sia privo della capacità di discernimento, anche laddove, esso si riveli superfluo, contrario al suo interesse o addirittura dannoso per esso, in applicazione dell’art. 336 bis c.c. Cass. n. 18538 del 02/08/2013 Cass. n. 7479 del 31/03/2014 Cass. n. 19327 del 29/09/2015 . L’assunto, per come la Corte di appello - confermando sul punto la statuizione di primo grado - ha ritenuto di farlo proprio, non può essere condiviso. 2.7. Come già questa Corte ha avuto modo di affermare, in via di principio va infatti previamente rimarcata la centralità che il diritto all’ascolto assume nell’attuale assetto della materia, della quale esso costituisce regola fondamentale e tendenzialmente inderogabile Cass. n. 18649 del 27/07/2017 , anche se le dichiarazioni del minore poi non vincolano il giudice nell’adozione dei provvedimenti nel suo superiore interesse. Nè è poi trascurabile nell’economia del procedimento la circostanza che l’audizione del minore non è incombente fine a se stesso volto a dare mero adempimento ad un obbligo più generalmente sancito dalla legge, ma mira, nel segno di un’accresciuta considerazione della dignità del minore quale persona in grado di esprimere una volontà autonoma, a mettere il giudice in condizioni di poter valutare de visu et de auditu, se lo stesso sia stato adeguatamente informato sulle vicende processuali in atto e quanto questi abbia da dire e/o manifesti in merito ai rapporti personali e familiari sottostanti, quando non vi osti più generalmente l’età. 2.8. Ciò ricordato, va rimarcato che la necessità dell’ascolto acquista un valore ancor più pregnante in tema di azioni di status, quale quella di disconoscimento della paternità, ove il minore è parte processuale che - anche ove sia promotore del giudizio, come nel caso in esame - non agisce personalmente, ma a mezzo del curatore speciale, anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 2017. Il Giudice delle leggi - nel respingere la questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c. - ha infatti sottolineato con ampi riferimenti all’azione di disconoscimento, che non è costituzionalmente ammissibile che l’esigenza di verità della filiazione si imponga in modo automatico sull’interesse del minore e che va parimenti escluso che bilanciare quell’esigenza con tale interesse comporti l’automatica cancellazione dell’una in nome dell’altro. Tale bilanciamento comporta, viceversa, un giudizio comparativo tra gli interessi sottesi all’accertamento della verità dello status e le conseguenze che da tale accertamento possano derivare sulla posizione giuridica del minore. la cui tutela rappresenta principio immanente in tutto il sistema normativo sia nazionale che internazionale. In tal modo ha preso atto e confermato il diritto vivente già espresso da questa Corte, secondo cui il quadro normativo art. 30 Cost., art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali della UE, e art. 244 c.c. e giurisprudenziale attuale non comporta la prevalenza del favor veritatis sul favor minoris , ma impone un bilanciamento fra il diritto all’identità personale legato all’affermazione della verità biologica - anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell’elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini - e l’interesse alla certezza degli status ed alla stabilità dei rapporti familiari, nell’ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all’identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infraquattordicenne. Tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, occorrendo, invece, un accertamento in concreto dell’interesse superiore del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all’esigenza di un suo sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale. Cass. n. 26767 del 22/12/2016 , ove è rimarcato in motivazione - il rilievo da attribuirsi, al fine di attuare il predetto bilanciamento, all’ascolto del minore al fine di accertare quale sia, in concreto, il suo interesse, valorizzando primariamente i risultati della sua audizione, una volta accertatane da parte del giudice la capacità di discernimento così, anche in tema di riconoscimento tardivo del minore, Cass. n. 7762 del 27/03/2017 . 2.9. Ne discende che, in tema di azioni di status, l’ascolto del minore è certamente necessario, anche se espressivo di una volontà non vincolante per il giudicante, nell’ambito del percorso decisionale che il giudice del merito è tenuto a sviluppare per attuare il doveroso bilanciamento tra favor veritatis e favor minoris, onde la sua omissione per i rilevanti effetti che possono derivarne non solo sul piano procedimentale, ma anche sul piano sostanziale, non può trovare giustificazione nè nel dubbio circa la capacità di discernimento del minore, nè su ragioni di mera opportunità, come avvenuto nel caso in esame. 2.10. In particolare, per temperare l’obbligatorietà dell’adempimento, nei limiti di ordine discrezionale già individuati da questa Corte v. supra sub 2.6. , non è invocabile il mero dubbio circa la capacità di discernimento, assertivamente collegato ad un ritardo nello sviluppo del linguaggio, poiché questo non è sufficiente ad escludere l’ascolto ex art. 315 bis c.c., giustificabile solo per l’assenza di capacità di discernimento. 2.11. Ugualmente non possono assumere rilievo ragioni di opportunità motivate da la sofferenza psicologica del minore ed il disagio a parlare del proprio ambiente familiare e della figura materna uniti all’esaustività delle acquisite relazioni dei Servizi sociali e di NPI e alla protratta opera manipolatoria posta in essere da M.A. fol. 7 della sent. imp. ciò, da un lato, appare come un utilizzo non corretto, proprio perché ritenuto esaustivo, di elementi istruttori afferenti al diverso giudizio di separazione, tanto più che dagli stessi emerge - sia pure nelle sintetica esposizione - una situazione familiare gravemente compromessa dalla conflittualità genitoriale anche nelle relazioni madre/figlio, che avrebbe richiesto un maggior approfondimento proprio da parte del giudice dell’azione di status, attese le ricadute trancianti che questa è destinata potenzialmente ad avere sui rapporti affettivi e personali sottostanti al rapporto di filiazione dall’altro non esonera, nè rende automaticamente superfluo l’ascolto del minore. Va anche considerato, su questo ultimo profilo, che la statuizione risulta sostanzialmente tautologica e generica perché pone a fondamento del diniego l’indubitabile disagio psicologico che può conseguire ad un giudizio di separazione tra coniugi e/o, ancor più, ad un’azione di disconoscimento della paternità, senza tuttavia considerare che la scelta di non ascoltare il minore per ciò solo non esclude, nè riduce il disagio e la sofferenza psicologica del bambino, mentre - al contrario - un ascolto effettuato con modalità appropriate e conformi al suo profilo psicologico avrebbe potuto attenuare o ridimensionare il disagio e, comunque, aiutare a comprenderne meglio le ragioni anche in riferimento alle dinamiche interpersonali in atto con - e tra - i genitori, rilevanti per l’accertamento in concreto del suo interesse. Invero l’argomento avrebbe richiesto un maggior impegno motivazionale Cass. n. 19327 del 29/09/2015 Cass. n. 10784 del 17/04/20 , occorrendo che in funzione dell’omissione dell’ascolto fossero state quantomeno fissate le ricadute emotive misurabili in termini di compromissione dello stato di benessere psico-fisico del minore ed anche sotto questo profilo l’errore procedimentale imputato alla decisione impugnata è evidente. Ed invero, questa Corte, ha già ammonito - in modo tanto più condivisibile quanto più sommaria risulti la giustificazione in contrario offerta dal decidente che la predisposizione di un contesto che tenda a mettere a proprio agio il minore ed a favorirne la spontaneità e la chiarezza delle dichiarazioni costituisce un compito del Tribunale e non un elemento di criticità nella valutazione del contenuto delle stesse Cass. n. 18846, del 26/09/2016 Cass. n. 18649 del 27/07/2017 ne discende, dunque, che sarebbe stato onere del decidente, stante l’obbligatorietà dell’adempimento, previa effettiva verifica della capacità di discernimento, allestire le condizioni attraverso le quali procedere all’audizione del minore. 3. In conclusione va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Torino in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità. Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52. P.Q.M. - Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Torino in diversa composizione anche per le spese - Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.