Addio a droga, alcool e vita trasgressiva: il padre può riabbracciare il figlio

Revocato lo stato di adottabilità del minore. Fondamentali i progressi compiuti dal genitore, che non solo ha superato le problematiche legate a uno stile di vita trasgressivo ma anche manifestato piena disponibilità a supportare il figlio. Secondario il legame creato con la famiglia affidataria.

Nuove speranze per il padre che ha messo da parte uno stile di vita trasgressivo e l’uso di alcool e droga i progressi compiuti gli consentono di poter riavere con sé il figlio. Revocato, difatti, l’originario provvedimento con cui era stato dichiarato lo stato di adottabilità del minore. Irrilevante il fatto che il ragazzino abbia comunque creato un legame solido con la famiglia a cui era stato affidato Cassazione, ordinanza n. 24790/19, sez. I Civile, depositata il 3 ottobre . Stile di vita. Svolta decisiva nella delicata vicenda col secondo processo d’appello in quel contesto, difatti, viene revocata la dichiarazione di adottabilità del minore, riconoscendo i passi avanti compiuti dal padre. In particolare, i giudici osservano che l’uomo è munito di adeguata capacità genitoriale, avendo manifestato disponibilità a supportare il figlio e avendo superato le criticità pregresse legate allo stile di vita trasgressivo e all’uso di stupefacenti e all’abuso di alcool . Questo quadro non può neanche essere messo in discussione dal dato rappresentato dalla stabilizzazione del minore presso la famiglia collocataria e dai possibili pregiudizi col rientro nella famiglia d’origine , precisano i giudici. Progressi. Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione dalla tutrice del minore. Viene ribadito, difatti, il diritto del padre a riavere con sé il figlio per occuparsene degnamente e dargli affetto e sostegno morale e materiale . Per quanto concerne il – presunto – conflitto tra il diritto dell’uomo ad esercitare la propria capacità genitoriale e il diritto del figlio alla continuità affettiva , i giudici ribattono che ciò che conta è la constatazione che l’uomo ha superato le vecchie problematiche, connesse ad uno stile di vita trasgressivo, improntato all’abuso di alcool e stupefacenti . A certificare questi progressi non solo l’esito negativo dei controlli cui si è sottoposto l’uomo, ma anche il suo atteggiamento positivo e interessato manifestato dopo il collocamento presso la prima famiglia d’appoggio . Fondato, quindi, il giudizio prognostico favorevole in ordine alla recuperata capacità genitoriale dell’uomo , e consequenziale la revoca dello stato di adottabilità del figlio. Impossibile perciò parlare di violazione del diritto del minore alla continuità affettiva con la coppia affidataria, anche se, viene osservato, vi è comunque la necessità di adottare le misure idonee a garantirne la gradualità del reinserimento nella famiglia d’origine .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 21 maggio – 3 ottobre 2019, numero 24790 Presidente Bisogni – Relatore Caiazzo Rilevato che Con sentenza dell'8.1.2014 il Tribunale dei minori di Brescia dichiarò lo stato di adottabilità del minore Ni. Vi., sospese la responsabilità dei genitori, Ma. Pa. Vi. e Su. Wa., e nominò il tutore, disponendo il collocamento del minore presso una coppia in lista d'attesa per l'adozione nazionale, con sospensione dei rapporti tra il minore e tutti i parenti. Al riguardo, il Tribunale osservò che era stato provato lo stato d'abbandono morale e materiale del minore, essendo emersa dall'istruttoria l'irrecuperabilità della capacità genitoriale di entrambi i genitori, sia per le condotte abusanti, che per il disinteresse dimostrato per le esigenze di equilibrato sviluppo del figlio in particolare, era da stigmatizzare la condotta della madre la quale consumava stupefacenti e abusava di alcool, senza seguire le indicazioni fornite le informative dei servizi sociali avevano evidenziato le scarse capacità genitoriali del padre, anche con riferimento ai figli nati da precedenti relazioni, come confermato dalla volontà espressa che il figlio venisse etero-affidato. Con sentenza del 6.6.2014 la Corte d'appello di Brescia confermò la decisione di primo grado. Tale sentenza fu impugnata con ricorso per cassazione, accolto dalla Corte con sentenza del 2016, che annullò la sentenza con rinvio, osservando che il giudice d'appello aveva omesso di valutare la relazione del 14.10.2013, pervenuta al Tribunale dei minori il 5.2.14, dalla quale emergevano fatti nuovi riguardo al significativo miglioramento del rapporto tra Ma. Pa. Vi. e il figlio secondo quanto riferito dalla famiglia di appoggio presso cui il minore era stato collocato aveva omesso di considerare che le analisi ematiche eseguite sul padre avevano avuto esito negativo circa l'uso di stupefacenti e alcool non aveva preso in considerazione la manifestata volontà del nonno paterno di prendersi cura del nipote, né erano state valutate le mutate condizioni della madre la quale aveva aderito ad un percorso di recupero. Riassunto il giudizio ed espletata c.t.u., la Corte d'appello, con sentenza del 31.5.18, in riforma dell'impugnata sentenza, dichiarò non luogo a provvedere sulla richiesta di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, revocando la dichiarazione in primo grado. In particolare, la Corte territoriale osservò che dalla suddetta relazione del 5.2.2014 e dalla c.t.u. era emerso che il padre del minore fosse persona munita di adeguata capacità genitoriale, il quale aveva registrato un rilevante miglioramento delle relative funzioni rispetto a quanto accertato in primo grado, avendo altresì manifestato disponibilità a supportare il minore, risultando superate le criticità pregresse legate allo stile di vita trasgressivo e legato all'uso di stupefacenti e all'abuso di alcool l'esclusione dei presupposti della dichiarazione di adottabilità non poteva essere posta in discussione dal rilievo segnalato dal c.t.u. dell'attuale stabilizzazione del minore presso la famiglia collocataria e dei possibili pregiudizi che il rientro nella famiglia d'origine potrebbe determinare. La tutrice del minore Ni. Vi. ha presentato ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria. Resiste Ma. Pa. Vi. con controricorso. Non si è costituita Su. Wa Ritenuto che Con il primo motivo è dedotto l'omesso esame circa la certezza della capacità genitoriale di Ma. Vi., padre del minore, in quanto dalla c.t.u. non si desume l'idoneità del Vi. a svolgere i compiti genitoriali. Con il secondo motivo è denunziata la violazione dell'art. 132, numero 4, c.p.c, avendo la Corte d'appello adottato una motivazione apparente, e comunque contraddittoria, in ordine alle capacità genitoriali del Vi., senza tener conto di quanto esposto dal c.t.u. riguardo ai rischi per il minore rappresentati dall'abbandono della famiglia collocataria. Con il terzo motivo è denunziata violazione del medesimo art. 132, numero 4, c.p.c, per l'inosservanza dell'art. 5, comma 1 u.p., della L. numero 184/83, in quanto il giudice d'appello non aveva considerato il diritto del minore alla continuità affettiva in ordine alle relazioni consolidatesi con gli affidatari i quali erano idonei all'adozione del minore. Il primo motivo è infondato in quanto la Corte d'appello ha esaminato e valutato la questione delle adeguate capacità genitoriali del Vi., non emergendo alcuna omissione valutativa. Il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono infondati. Circa il secondo motivo, la motivazione esiste e non è apparente. Invero, la Corte territoriale, ha affermato che dalla relazione sopravvenuta e dalla c.t.u. emergeva un miglioramento della valutazione delle capacità genitoriali del Vi. evidenziandone i progressi-, pur rilevando, nel contempo, delle criticità consistenti nel fatto che tale miglioramento era frutto di una forzatura piuttosto che il risultato di un maturo processo di evoluzione, come riferito dal c.t.u., e soggiungendo che non erano esattamente preventivabili i rischi del rientro del minore nella famiglia d'origine, dato il suo pieno inserimento nella famiglia dei collocatari. Orbene, la ricorrente tutrice si duole che la decisione di non provvedere sull'accertamento dello stato di non adottabilità del minore abbia leso il diritto di quest'ultimo alla continuità affettiva nell'ambito della relazione determinatasi nell'ambito della famiglia dei collocatari. Invero, i motivi in esame implicano una valutazione che predica il bilanciamento dei due contrapposti e per certi versi incompatibili-diritti in questione, cioè quello del genitore che intenda esercitare la sua capacità genitoriale e il diritto suddetto alla continuità affettiva di cui è titolare il minore. Al riguardo, giova osservare che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell'affermare che l'art. 1 della legge 4 maggio 1983, numero 184 nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, numero 149 attribuisce al diritto del minore di crescere nell'ambito della propria famiglia d'origine un carattere prioritario considerandola l'ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico e mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare Cass., numero 1837/11 . E' stato sul punto precisato che il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l'esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica Cass., numero 16357/18 . Ne consegue che il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine comporta, anche alla stregua della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come soluzione estrema , quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l'esigenza dell'acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l'esigenza del minore stesso qualora però, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest'ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi dell'art. 8 della legge 4 maggio 1983, numero 184, e la rescissione del legame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio Cass., numero 881/15 numero 7391/16 numero 13435/16 . Corollario di quanto esposto è che il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale Cass., numero 7559/18 . Ora, nel caso concreto, la Corte d'appello ha accertato che a fondamento dell'assoluta inidoneità del padre a farsi carico delle esigenze educative e di crescita del minore furono a suo tempo individuate problematiche legate ad uno stile di vita improntato a trasgressività e all'abuso di alcol e stupefacenti risalenti ad epoca precedente, ma non più attuali già alla data della pronuncia della sentenza di primo grado. Invero, il giudice d'appello ha affermato che il relativo dato fattuale, come desumibile dalla relazione d'aggiornamento redatta dai servizi sociali in data 14.10.13 ma pervenuta al Tribunale dei minori il successivo 5.2.14 e dalla c.t.u. disposta in grado d'appello, era costituito, da un lato, dall'esito negativo dei controlli cui lo stesso padre si era sottoposto dal 2011, e dall'altro, dall'atteggiamento positivo ed interessato manifestato dopo il collocamento del minore presso la prima famiglia d'appoggio. In particolare, la Corte di merito ha rilevato che, per quanto emerso dalla c.t.u., il Vi. manifestava attualmente una buona condizione di adattamento psicosociale con evidente miglioramento delle sue funzioni, con indiscutibile progresso rispetto alle condizioni valutate in primo grado, sebbene il consulente abbia ritenuto che tale condizione sia, in realtà, da intendere come una forzatura piuttosto che il risultato di un maturo processo evolutivo. Lo stesso c.t.u. ha evidenziato profili di criticità, come detto, argomentando che il padre necessita di una realtà semplice e priva di sollecitazioni per potersi ad essa rapportare adeguatamente, soggiungendo che non era possibile fare previsioni su quanto il rientro del minore Ni. potrebbe incidere sugli equilibri che egli ha costruito nella sua nuova condizione di vita. Ora, la Corte d'appello, preso atto delle varie relazioni acquisite sulle capacità genitoriali del Vi., ed esaminandone il complesso contenuto, ha formulato un giudizio prognostico favorevole in ordine alla recuperata capacità genitoriale del padre di Ni., rilevando significativamente che i presupposti di tale pronuncia erano sussistenti già alla data della sentenza di primo grado e non portati al vaglio del giudice per il ritardo della trasmissione della relazione di aggiornamento dei servizi sociali datata 14.10.2013. Inoltre, la Corte di merito, pur dando atto delle criticità evidenziate dal c.t.u. riguardo alle conseguenze del rientro del minore presso la famiglia d'origine, abbandonando i soggetti cui era stato affidato, e presso i quali si era inserito positivamente, ha affermato di dover fondare la propria decisione sull'avvenuto recupero delle capacità genitoriali del Vi. che escludevano, dunque, la necessità di recidere il legame del minore con la sua famiglia d'origine, dato il carattere di estremo rimedio della dichiarazione di adottabilità, per quanto sopra esposto. Peraltro, la Corte territoriale, nel ritenere l'idoneità genitoriale del Vi., ha altresì evidenziato che se negli ultimi quattro anni non vi erano stati contatti tra il minore, il padre e gli altri familiari d'origine, ciò non era addebitabile a cattiva volontà o a negligenza degli stessi, quanto al fatto che, in forza della decisione a suo tempo assunta dal Tribunale, ogni possibile frequentazione tra il minore, il padre e gli altri familiari era stata inibita. La Corte territoriale ha dunque motivato in maniera esaustiva in ordine alla sussistenza dei presupposti della revoca dello stato di adottabilità del minore, applicando il consolidato orientamento di questa Corte, senza incorrere in nessuna contraddizione, e ben evidenziando le ragioni che inducevano ad escludere la violazione dell'invocato diritto alla continuità affettiva circa la relazione con gli affidatari del minore, pur ponendo in evidenza la necessità di adottare tutte le misure idonee a garantire la gradualità del reinserimento dello stesso minore nella famiglia d'origine. Peraltro, la doglianza afferente alla contraddittorietà della motivazione è inammissibile quale vizio di legittimità non declinabile ratione temporis. Considerato che la particolarità della motivazione induce ad escludere una piena soccombenza della ricorrente tutrice, le cui ragioni inerenti alla necessità di piena tutela in caso di reinserimento dei minore nella famiglia d'origine sono state riconosciute dal giudice d'appello, ricorrono i presupposti per compensare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196, art. 52.