Coppia di donne: no alla rettifica dell’atto di nascita del figlio genetico di una di esse

Si scontra con il principio di tipicità” degli atti dello Stato civile e con il loro contenuto vincolato” la domanda volta ad ottenere la rettifica dell’atto di nascita, attraverso la sostituzione della maternità” e della paternità” con l’indicazione generica di genitore 1” e genitore 2” ovvero con quella volta ad attribuire la stessa qualità di madre”.

Il caso. Nel 2018 ad Agrigento nasceva un bambino, frutto di una stabile relazione affettiva di due donne, le quali erano ricorse in Danimarca alla tecnica di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Un ovocita di una delle due signore veniva fecondato con seme di un donatore anonimo ed impiantato nell’utero della stessa che, risultando successivamente gravida, portava a termine la gravidanza. Il bambino - nell’atto di nascita formato dall’Ufficiale di Stato civile del Comune agrigentino - veniva registrato come figlio della signora che lo aveva partorito, la quale era indicata come madre, e come figlio della compagna, menzionata come padre. Poco dopo la nascita, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento presentava un ricorso chiedendo - nel superiore interesse del minore e sulla base del divieto di ogni discriminazione – di procedere alla rettifica dell’atto di nascita ai sensi dell’art. 95 d.P.R. n. 396/00, chiedendo la sostituzione della dicitura di madre e di padre con quella di genitore 1” e genitore 2”. In subordine chiedeva di sollevare una questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 d.P.R. n. 432/57 nella parte in cui richiedono l’indicazione dei rapporti di maternità e paternità anziché quella di genitorialità”, per contrasto con gli artt. 2, 3, 29, 30 e 117 Cost Si costituivano in giudizio le due signore, aderendo alla richiesta di rettifica avanzata dal procuratore generale, chiedendo, in via principale, che anche alla signora indicata come padre fosse attribuita la qualifica di madre” e, in subordine, che le donne fossero indicate rispettivamente come genitore 1” e genitore 2”. Le donne facevano presente, in particolare, che, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 162/14 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa, non è più il legame biologico a determinare ex se la genitorialità e che occorre evitare discriminazioni tra le coppie omosessuali e quelle eterosessuali che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. La decisione del Tribunale. Il Tribunale di Agrigento premette che il suo scrutinio non deve estendersi alla legittimità tout court dell’atto di nascita per come formato dall’Ufficiale di Stato civile, ma alle rettifiche che sono state chieste allo stesso dal P.M. e dalle due donne. Alla luce di tale considerazione ritiene che le richieste di modifica non possano essere accolte. La domanda, infatti, si scontra con il principio di tipicità degli atti dello Stato civile e con il loro contenuto vincolato, come sancito dall’art. 11, comma 3, d.P.R. n. 398/00, che prevede l’impossibilità per l'Ufficiale di Stato civile di enunciare dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto. Sono state approvate una serie di formule per la redazione degli atti dello Stato civile, nelle quali si distingue nettamente la figura della madre da quella del padre. Ad avviso del giudicante, la pretesa di voler sostituire, sia pure soltanto negli atti dello Stato civile, la figura paterna e quella materna con quella di genitore 1” e genitore 2”, ovvero di prevedere due madri, può essere definita come opera di creazione legislativa che eccederebbe i poteri del giudice ordinario, sconfinando nell’ambito della discrezionalità esclusiva del legislatore. Il giudice agrigentino osserva che molti dei precedenti in materia riguardano fattispecie di bigenitorialità materna, nelle quali entrambe le donne hanno contribuito a dare vita al nato, l’una fornendo il proprio ovulo e l’altra consentendo, dopo la fecondazione, che questo venisse impiantato nel proprio utero. Con riguardo a tale specifica fattispecie, la Suprema Corte Cass. n. 19599/16 ha ritenuto che la regola secondo cui è madre colei che ha partorito, ai sensi dell’art. 269, comma 3, c.c., non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicché è riconoscibile in Italia l'atto di nascita straniero, validamente formato, dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri, non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola. Nel caso in esame, invece, una delle due donne non ha alcun legame né genetico, né biologico col minore. Il Tribunale menziona anche la recentissima sentenza n. 12193/19 , emessa a Sezioni Unite dalla Cassazione, in un caso in cui si discuteva della trascrizione di un atto di nascita di due gemelli, nati all’estero tramite ricorso alla maternità surrogata da parte di due uomini, uno solo dei quali aveva fornito i propri gameti nella fecondazione degli ovociti, poi impiantati nell’utero di una donna diversa dalla donatrice. I Giudici di legittimità hanno ritenuto che la sussistenza di un legame genetico o biologico con il minore rappresenta dunque il limite oltre il quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore statale l'individuazione degli strumenti più adeguati per conferire rilievo giuridico al rapporto genitoriale, compatibilmente con gli altri interessi coinvolti nella vicenda, e fermo restando l'obbligo di assicurare una tutela comparabile a quella ordinariamente ricollegabile allo status filiationis . Nelle fattispecie di maternità surrogata, al genitore non biologico ma d’intenzione può essere attribuita tutela soltanto tramite l’istituto dell’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d , l. n. 184/1983. Allo stato attuale, non è sufficiente un mero consenso, anche se esternato in un modulo di procreazione medicalmente assistito, per fondare un rapporto di paternità o di maternità naturale. Conclusione. Il Tribunale di Agrigento, con il decreto in oggetto, dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, ritenendo che la cornice legislativa in cui si innesta la fattispecie in esame non appare irragionevole, in quanto frutto di una delicata ponderazione degli interessi sensibili di tutti i soggetti coinvolti e che il preminente interesse del minore al riconoscimento legale della famiglia con cui cresce, oltre che il diritto alla bigenitorialità, trova già ampia tutela nell’istituto dell’adozione in casi particolari. Rigetta il ricorso del Procuratore della Repubblica e le domande formulate con memoria dalle due donne e dichiara irripetibili le spese di lite delle parti private.

Tribunale di Agrigento, sez. Civile, decreto 15 maggio 2019 Presidente/Relatore Pinto Osserva Sig.ra A e Sig.ra B. – che assumono di vivere, da tempo, una stabile relazione affettiva e di convivenza – hanno fatto ricorso, in Danimarca, alla tecnica di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, mediante fecondazione di un'ovocita di Sig.ra A con seme di donatore anonimo che, impiantato nell'utero dello stessa Sig.ra A, risultata poi gravida, ha portato alla nascita, in Agrigento il 20 settembre 2018, del minore C Quest'ultimo, nell'atto di nascita formato dall'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Agrigento nr, omissis . è stato registrato quale figlio di Sig.ra A indicata quale madre e di Sig.ra B indicata quale padre . La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, con ricorso depositato il 30 novembre 2018, dichiarando di agire sulla scorta del superiore interesse del minore e del divieto di ogni discriminazione, ha chiesto la rettifica dell'atto dello Stato Civile ai sensi dell'articolo 95 D.P.R. n. 396/2000, nel senso di sostituire alla maternità attribuita a Sig.ra A. ed alla paternità attribuita a Sig.ra B l'indicazione generica della rispettiva qualità di genitore 1 e di genitore 2 in subordine, ha chiesto di sollevare una questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 D.P.R. n. 432/1957, nella parte in cui richiedono l'indicazione dei rapporti di paternità e di maternità , piuttosto che di genitorialità per contrasto con gli artt. 2,3,29,30 e 117 Cost. In sintesi il ricorso introduttivo è imperniato sui seguenti punti 1 in caso di procreazione medicalmente assistita il rapporto di filiazione è fondato sul consenso della coppia che vi fa ricorso e sulla volontà dei partecipanti, elementi che assurgono rilievo preminente rispetto al dato genetico ed a quello gestazionale 2 l'ordinamento riconosce, in parallelo al concetto di genitorialità biologica, un concetto di genitorialità legale 3 nel nostro ordinamento rientrano nella nozione di coppia anche le unioni omosessuali 4 la normativa di cui al D.P.R. 396 del 2000 non indica la qualità di padre e di madre bensì la qualifica dei genitori sicchè ben possono applicarsi anche ai genitori dello stesso sesso . Costituitesi in giudizio, Sig.ra A e Sig.ra B hanno, in sostanza, aderito alla richiesta di rettifica, chiedendo, in primo luogo, che anche a Sig.ra B venisse attribuita la qualità di madre , in luogo di quella di padre e, in via subordinata, che a Sig.ra A venisse attribuita la qualità di genitore 1 e a Sig.ra B la qualità di genitore 2 . Quanto alla memoria di Sig.ra A e Sig.ra B punti essenziali del libello sono i seguenti 1 con il venire meno del divieto di fecondazione eterologa Corte Cost. n. 162 del 2014 non è più il legame biologico che determina ex se la genitorialità 2 occorre evitare discriminazioni tra coppie omosessuali ed eterosessuali che ricorrono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita 3 ai sensi dell'articolo 250 c.c. la congiunzione e tra le parole padre e madre deve essere intesa come diretta ad indicare i soggetti legittimati a rendere la dichiarazione di riconoscimento del rapporto di filiazione, senza alcuna esclusione della possibilità che detta dichiarazione sia resa da due mamme . Così tratteggiato l'oggetto del contendere, appare opportuno premettere che, ai sensi dell'articolo 95 del D.P.R. 396 del 2000, chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al Tribunale nel cui circondario si trova l'ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l'atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l'adempimento . E' dunque evidente che, ancorchè si sia in presenza di giurisdizione non contenziosa cfr. Cass SU. N. 12193 del 2019 , questo Tribunale è vincolato al principio dispositivo, sicchè la sua decisione deve restare nell'alveo delle domande per come proposte. In altre parole, lo scrutinio del Tribunale non deve estendersi alla legittimità tout court dell'atto di nascita per come formato dall'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Agrigento bensì alle rettifiche che allo stesso sono state chieste sia dal PM che dalle parti private Sig.ra A e Sig.ra B. Ciò premesso, le richieste di modifica non possono essere accolte. Sul punto è sufficiente evidenziare che, per come le parti danno correttamente atto, ai sensi del D.P.R. 2 maggio 1957, n. 432 Regolamento di attuazione della legge 31 ottobre 1955, n. 1064, recante disposizioni relative alle generalità in estratti, atti e documenti e modificazioni all'ordinamento dello stato civile - articolo 2 in ogni atto, dichiarazione, denunzia o documento relativi all'esercizio di diritti o all'adempimento di doveri derivanti dallo stato di legittimità o di filiazione, dovranno essere indicate la paternità e la maternità della persona interessata - articolo 3 per l'esercizio di doveri o di diritti derivanti dallo stato di legittimità o di filiazione è consentito, a richiesta dell'Amministrazione o dell'interessato, il rilascio degli estratti per riassunto degli atti dello stato civile con l'indicazione della paternità e della maternità. E' ben vero – come sostengono le parti - che gli artt. 29 e 30 del D.P.R. 396 del 2000 non prevedono testualmente l'indicazione del padre e della madre bensì della figura dei genitori ma non può seriamente dubitarsi che a tali figure si riferisca anche tale testo normativo vieppiù se letto, come è doveroso, insieme al testo normativo indicato in precedenza ed a tutte le disposizioni del sistema in cui la genitorialità è legata a due figure ben determinate il padre e la madre. Ove ve ne fosse bisogno si possono indicare, a titolo esemplificativo, le numerose disposizioni in cui il rapporto genitoriale è imperniato sulla diversità di genere dei genitori si vedano gli artt. 231, 243 bis, 250, comma 1, 269, del codice civile, nonché l'articolo 6, comma 1, L 184/83 e l'articolo 5 della L 40/2004, in cui viene ribadita la diversità di genere dei genitori. In questo senso, allora, la pretesa di volere sostituire, sia pure solo negli atti dello Stato Civile, la figura paterna e quella materna con quelle di genitore 1 e di genitore 2 ovvero di prevedere due madri è quella che ben può essere definita, con la dottrina che si condivide, come opera di creazione legislativa, che eccederebbe i poteri del giudice ordinario, sconfinando nell'ambito di esclusiva discrezionalità del legislatore . La domanda si scontra, infatti, con il principio di tipicità degli atti dello Stato Civile e con il loro contenuto vincolato alla stregua di quanto previsto dall'articolo 11 comma tre del D.P.R. 396 del 2000 a mente del quale L'ufficiale dello stato civile non può enunciare, negli atti di cui è richiesto, dichiarazioni e indicazioni diverse da quelle che sono stabilite o permesse per ciascun atto . Sulla scorta di questi principi, con decreto Ministeriale 5 aprile 2002, sono state approvate le formule per la redazione degli atti dello stato civile e li vi è una congerie di formule in cui si distingue nettamente la figura della madre da quella del padre. Il fatto che la domanda di rettifica di che trattasi postuli una creazione di un istituto che manca nel sistema si ricava, ulteriormente, dal fatto che non ha trovato una normazione nemmeno nella recente legge n. 76 del 2016 che ha disciplinato, come è noto, le unioni civili di persone dello stesso sesso. Per di più si rileva, adesso, che l'articolo 1 comma 20 della legge 20 maggio 2016 n. 76, pur equiparando i diritti derivanti dall'unione civile a quelli del matrimonio, stabilisce che La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge . . Se trae, quindi, che in tema di filiazione dalle persone di stesso sesso, nulla ancora è stata disciplinato. Basterebbe questo sbarramento per decidere la controversia. Tuttavia questo Collegio ritiene opportuno, anche alla luce del tenore delle complesse argomentazione dalle parti, aggiungere ulteriori considerazioni sulla tematica su cui si fondano le domande. In primo luogo si rileva che i diversi precedenti esistenti in materia alcuni dei quali citati e prodotti dalle parti riguardano spesso fattispecie diverse in cui, pur in presenza di coppia omogenitoriale , l'atto di nascita si è regolarmente formato all'estero ove, in alcuni Stati, non sono vietate né la fecondazione eterologa in coppia omosessuale né la maternità surrogata. In questi casi, in effetti, la Suprema Corte ha sostenuto che non si può ricorrere alla nozione di ordine pubblico per giustificare discriminazioni nei confronti dei minori e, nella specie del piccolo T., qualora fosse disconosciuto il suo legittimo status di figlio della B., a causa della scelta di coloro che lo hanno messo al mondo mediante una pratica di procreazione assistita non consentita in Italia delle conseguenze di tale comportamento, imputabile ad altri, non può rispondere il bambino che è nato e che ha un diritto fondamentale alla conservazione dello status legittimamente acquisito all'estero Cass. N. 19599 del 2016 . Nella fattispecie in esame, invece, l'atto di nascita si è formato in Italia perché qui è nato il bambino. Ed è, allora, il caso di ricordare che, in Italia – a differenza di altri paesi - è vietato l'accesso alla procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali ai sensi dell'articolo 5 della legge 40 del 2004 e tale divieto è pure punito con una sanzione amministrativa. Ancora si osserva che molti dei precedenti in materia riguardano fattispecie di bigenitorialità materna in cui ambo le donne hanno contribuito a dare la vita al nato , l'una fornendo il proprio ovulo e l'altra consentendo che, dopo la fecondazione, venisse impiantato nel proprio utero entrambe, quindi, fornendo il proprio patrimonio genetico o, comunque, biologico al figlio. Ed è proprio con riguardo a tale fattispecie che la Suprema Corte ha sostenuto il principio per cui è riconoscibile in Italia l'atto di nascita straniero dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri una che l'ha partorito e l'altra che ha donato l'ovulo non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dal terzo comma dell'articolo 269 c.c. secondo cui è madre colei che ha partorito cfr. Cass. N. 19599 del 2016 . Nella fattispecie in esame è, invece, pacifico che Sig.ra B non ha alcun legame né genetico né biologico con minore C E non si mancherà di osservare che, di recente, le Sezioni Unite della Suprema Corte Cass S.U. n. 12193 del 2019 sono intervenute in una fattispecie, certamente diversa, in cui si discuteva della trascrizione di un atto di nascita di due gemelli, nati all'estero tramite il ricorso alla maternità surrogata da parte di due uomini, uno solo dei quali aveva fornito i propri gameti nella fecondazione degli ovociti, poi impiantanti nell'utero di una donna diversa – a sua volta - dalla donatrice. Ebbene, in questa decisione, la Suprema Corte affronta la questione – per alcuni versi riscontrabile nella fattispecie in esame – dello status di figli di uno dei due istanti, con il quale essi non hanno alcun rapporto biologico, essendo stati generati mediante gameti forniti dall'altro, già dichiarato loro genitore con un precedente provvedimento regolarmente trascritto in Italia, con la cooperazione di due donne . . Ebbene, da questa recente decisione che, per certi versi, si discosta da precedenti pronunce cfr. Cass n. 19599 del 2016 e Cass. N. 14878 del 2017 e presta adesione ad altre Cass. N. 24001 del 2014 si possono affermare alcuni principi sovrapponibili alla fattispecie in esame 1 soltanto all'istituto dell'adozione governato da regolare particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori, e non al mero accordo delle parti, l'ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità privi di legami biologici con il nato 2 l'interesse del minore si realizza proprio attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando all'istituto dell'adozione, realizzata con le garanzie proprie del procedimento giurisdizionale, piuttosto che al semplice accordo delle parti la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legale biologico 3 la legge n. 40 del 2004, che ha disciplinato l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita che, si ricorda, sono precluse alle coppie dello stesso sesso è una legge costituzionalmente necessaria perché rappresenta la prima legislazione organica relativa ad delicato settore che indubbiamente coinvolge una pluralità di rilevanti interessi costituzionali 4 se è vero che il dato della provenienza genetica non costituisce un requisito imprescindibile della famiglia è anche vero che la libertà e volontarietà dell'atto che consente di diventare genitori e di formare una famiglia .di sicuro non implica che la libertà in esame possa esplicarsi senza limiti Corte Cost. n. 162 del 2014 5 anche nella giurisprudenza della Corte Edu, la sussistenza di un legame genetico o biologico con il minore rappresenta dunque il limite oltre il quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore statale l'individuazione degli strumenti più adeguati per conferire rilievo giuridico al rapporto genitoriale, compatibilmente con gli altri interessi coinvolti nella vicenda . Ebbene, sulla scorta di tali principi, le Sezioni Unite hanno ritenuto che, nelle fattispecie di maternità surrogata, al genitore non biologico ma d'intenzione può essere attribuita tutela solo tramite l'istituto dell'adozione in casi particolari di cui all'articolo 44 comma primo lettera d della legge 184 del 1983. E' evidente, quindi, che – allo stato della legislazione attuale - non è sufficiente un mero consenso ancorchè esternato in un modulo di procreazione medicalmente assistita per fondare un rapporto di paternità o maternità naturale. La questione di legittimità costituzionale - sollevata in subordine dal Pubblico Ministero - degli artt. 2, 3 e 4 D.P.R. n. 432/1957, nella parte in cui richiedono l'indicazione dei rapporti di paternità e di maternità , piuttosto che di genitorialità per contrasto con gli artt. 2,3,29,30 e 117 Cost. è manifestamente infondata. Richiamando le argomentazioni dianzi sviluppate, la cornice legislativa in cui si innesta la fattispecie in esame non appare irragionevole, in quanto frutto di una delicata ponderazione degli interessi sensibili di tutti i soggetti coinvolti. Sul punto, è sufficiente richiamare la sentenza n. 170 del 2014 della Corte Costituzionale, che se, da un canto, riconduce nella nozione di formazione sociale la unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia allo stesso tempo rinvia ai tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri . Ancora prima, proprio intervenendo sulla questione della legittimità costituzionale delle norme che escludono il matrimonio per le coppie omosessuali, la stessa Corte ha sottolineato che nell'ambito applicativo dell'articolo 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni come è avvenuto per le convivenze more uxorio sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988 Corte Cost sent nr 138 del 2010 . In conclusione le norme citate non sono costituzionalmente illegittime perché il preminente interesse del minore al riconoscimento legale della famiglia in cui cresce oltre che il diritto alla bigenitorialità – così la memoria di Sig.ra A e Sig.ra B - trova già ampia tutela nell'istituto dell'adozione in casi particolari e questa agevole possibilità ermeneutica consente all'interprete di non dubitare della legittimità costituzionale delle disposizioni relative alle generalità in estratti, atti e documenti e modificazioni all'ordinamento dello stato civile . Nessuna statuizione sulle spese può essere adottata rispetto al P.M. mentre restano chiaramente irripetibili le spese delle parti private. P.Q.M. dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 4 D.P.R. n. 432/1957 rigetta il ricorso depositato dal Procuratore della Repubblica di Agrigento in data 30 novembre 2018 e le domande formulate da Sig.ra A e Sig.ra B con memoria del 29 gennaio 2019 dichiara le spese di lite irripetibili dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi ex articolo 52 D.Lgs. 196 del 2003 onera la Cancelleria delle comunicazioni di rito.