Nessuna competenza lavorativa: “chiuso” il matrimonio, si “ricicla” come badante e baby-sitter. Riconosciuto il diritto all’assegno divorzile

Vittoria definitiva per una donna, che percepirà mensilmente dall’ex marito 250 euro. Tale cifra è considerata sufficiente dai Giudici a consentirle, sommata a quella dei suoi redditi saltuari, di raggiungere un livello dignitoso.

Nessuna competenza lavorativa specifica. Così, una volta chiuso il matrimonio, la donna è costretta ad arrabattarsi per vivere, e si ritrova a svolgere l’attività saltuaria di badante e di baby-sitter, con redditi ovviamente incostanti e minimi. Logico, di conseguenza, secondo i giudici, caricare sulle spalle dell’ex marito l’obbligo di versare ogni mese a quella che è stata la sua compagna di vita l’assegno divorzile Cassazione, ordinanza n. 19755/2019, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Mezzi. A dare il ‘la’ alle procedure per lo scioglimento del matrimonio è il marito, che, però, a chiusura dei primi due gradi di giudizio si ritrova onerato di un assegno divorzile da versare mensilmente all’ex moglie. In Tribunale la cifra stabilità di 327 euro, prontamente ridotta a 250 euro in Appello. Questa riduzione non soddisfa affatto l’uomo, che contesta in toto il diritto riconosciuto all’ex moglie. In particolare, egli sostiene col ricorso in Cassazione che non è stata davvero presa in considerazione la situazione economica della sua ex coniuge che, dal canto proprio, non ha provato di non avere mezzi adeguati a garantirle l’autosufficienza economica e di non poterseli procurare per ragioni oggettive . Reddito. Le obiezioni proposte dall’ex marito non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono corrette le valutazioni compiute in Appello. Innanzitutto, viene evidenziato che è stato riconosciuto alla donna un assegno di divorzio pari a quello fissato dalle parti, in sede di separazione consensuale, a titolo di contributo di mantenimento in suo favore. Per quanto concerne poi il nodo economico, i Giudici ritengono evidente che siano state tenute ben presenti le effettive capacità reddituali e le risorse patrimoniali della donna. In particolare, si è accertata la disparità di risorse economiche tra gli ex coniugi – in favore del marito, ovviamente – e si è appurato che la donna è priva di capacità lavorative specifiche, che comunque impiega svolgendo attività saltuaria di badante e di baby sitter, l’unica compatibile , osservano i Giudici, con la sua età, la sua formazione lavorativa e il mercato del lavoro nella regione in cui vive , cioè il Friuli Venezia Giulia. Inoltre, è emerso che dall’attività svolta saltuariamente la donna ottiene un reddito non costante e comunque non sufficiente a garantirle un livello di vita che la elevi al di sopra del livello di dignità e autosufficienza , soprattutto tenendo conto della stima del reddito medio ottenibile dalla predetta attività di badante e di baby sitter . Tutti quei elementi sono sufficienti per considerare sacrosanto il diritto della donna a percepire l’assegno divorzile dall’ex marito, così da portare il suo reddito a un livello adeguato .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 febbraio – 23 luglio 2019, numero 19755 Presidente Genovese – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Nel giudizio promosso dal sig. Gi. De Na. per lo scioglimento del matrimonio contratto il 5 aprile 1997 con la sig.ra Lu. Anumero Ri. il Tribunale di Pordenone, con sentenza numero 217/2016, ha posto a carico del marito un assegno divorzile di 327.08 Euro rivalutabili annualmente secondo indici ISTAT. 2. Ha proposto appello il sig. De Na. chiedendo la revoca dell'assegno per essere entrambi i coniugi economicamente autosufficienti. 3. La Corte di appello di Trieste, con sentenza numero 191/2017 ha ridotto da 327,08 a 250 Euro l'assegno di divorzio compensando per un quarto le spese del giudizio di primo e secondo grado e ponendo la quota residua a carico del De Na 4. Gi. De Na. ricorre per cassazione rilevando con il primo motivo che la Corte di appello ha deciso in relazione all'assegno di divorzio applicando il criterio della sua finalità al mantenimento tendenziale del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, criterio superato dalla pronuncia di questa Corte numero 11504 del 10 maggio 2017 secondo la quale il criterio da seguire per il riconoscimento e la quantificazione del diritto all'assegno divorzile è quello del raggiungimento della indipendenza economica del coniuge richiedente. Con il secondo motivo il ricorrente censura quindi la decisione impugnata per omesso esame della reale situazione economica della richiedente che avrebbe dovuto provare in base alla citata sentenza numero 11504/2017 di non avere mezzi adeguati a garantirle l'autosufficienza economica e di non poterseli procurare per ragioni oggettive. 5. Si difende con controricorso Lu. Anumero Ri Ritenuto che 6. I due motivi di ricorso possono essere esaminati unitariamente per la loro evidente connessione. La Corte è infatti chiamata ad accertare se l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno di divorzio, nel caso in esame, sia conforme alla giurisprudenza di legittimità che, come è noto, dopo la sentenza numero 11504 del 2017 si è arricchita della pronuncia delle Sezioni Unite Civili numero 18287 dell'11 luglio 2018 . 7. Con quest'ultima pronuncia si è affermato che il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della L. numero 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. 8. Nel caso in esame la decisione della Corte di Appello triestina deve essere confermata perché ha seguito le prescrizioni della recente sentenza delle Sezioni Unite riconoscendo alla sig.ra Ri. con valutazione di merito sottratta al sindacato di legittimità un assegno di divorzio pari a quello fissato dalle parti, in sede di separazione consensuale, a titolo di contributo al mantenimento della sig.ra Ri Il riscontro della motivazione della Corte di appello consente di smentire le deduzioni del ricorrente secondo cui i giudici dell'appello non hanno tenuto conto delle effettive capacità reddituali e delle risorse patrimoniali della richiedente. La Corte di appello, oltre a rilevare una disparità di risorse economiche, da parte del De Na. e della Ri. ha infatti rilevato che quest'ultima è priva di capacità lavorative specifiche che comunque impiega svolgendo attività saltuaria di badante e di baby sitter, l'unica compatibile con la sua età, la sua formazione lavorativa e il mercato del lavoro nella regione in cui vive. Da tale attività la Ri. ritrae un reddito non costante e comunque insufficiente a garantirle un livello di vita che la elevi al di sopra del livello di dignità e autosufficienza se si tiene conto della stima, operata dal Tribunale e considerata corretta dai giudici del gravame, del reddito medio ritraibile dalla predetta attività lavorativa saltuaria. Sebbene la Corte di appello faccia riferimento al criterio del tenore di vita che non risulta più attuale, anche dopo la pronuncia delle Sezioni Unite del 2018, tuttavia l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, è stata comunque accertata secondo valutazioni e risultati che la rendono compatibile con i criteri indicati dalla sentenza delle Sezioni Unite. Così come pienamente compatibile con le indicazioni della giurisprudenza di legittimità appare la determinazione dell'entità dell'assegno in misura inferiore rispetto a quella del primo grado ma che la Corte di appello ha ritenuto comunque sufficiente a elevare il reddito della Ri. a un livello adeguato secondo una valutazione che questo Collegio ritiene rispondente all'indicazione dei criteri equiordinati di cui alla prima parte dell'art. 5 comma 6 della legge numero 898 del 1 dicembre 1970 in quanto la Corte di appello ha preso in considerazione anche volontà espressa dalle parti in sede di separazione consensuale quanto alla determinazione dell'assegno di mantenimento. 9. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 del D.P.R. numero 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 13 comma 1 bis del D.P.R. numero 115/2002.