Institutio ex re certa e i beni non oggetto di disposizione

L’institutio ex re certa, quando non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell’art. 457, comma 2, c.c. ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del primo comma, sia ai sensi del secondo comma dell’art. 588 c.c., non ricostituiscono l’unità. Invero il principio, che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell’institutio ex re certa, va inteso nel senso che l’acquisto di costui non è limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.

Sul tema la Suprema Corte con sentenza n. 17868/19, depositata il 3 luglio. Il caso. Nel 1999 moriva ad Agrigento una signora, la quale l’anno precedente aveva redatto testamento olografo. Sulla base di questo, una donna chiamava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sciacca, le due nipoti eredi della de cuius, facendo valere il proprio diritto di essere riconosciuta erede della stessa, per quella parte di eredità che la testatrice aveva a lei destinato come persona che le aveva prestato assistenza e servizi in vita. Il giudice di prime cure, accogliendo la domanda attorea, dichiarava la signora erede testamentaria e condannava le convenute a restituire i beni mobili e la casa. Il Tribunale aveva inteso la disposizione in favore delle nipoti come legato, ritenendo, invece, quella in favore della persona che avrebbe assistito la testatrice fino alla morte come disposizione a titolo universale. Riconoscendo tale natura della disposizione, il giudice aveva incluso in essa il residuo del patrimonio, tolto il bene legato. Quindi non solo i beni mobili oggetto dell’esplicita attribuzione ma anche l’altra metà della casa. Le due nipoti impugnavano la decisione e proponevano ricorso dinanzi alla Corte di Appello di Palermo. Intervenivano due persone, alle quali le appellanti avevano alienato l’immobile conteso. La Corte territoriale confermava la decisione di primo grado. Le due nipoti, pertanto, proponevano ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi. La signora resisteva in giudizio con controricorso. Motivi dell’impugnazione. Con il primo motivo di ricorso le due donne denunciavano l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. A loro avviso le prove acquisite nel corso del giudizio si riferivano al periodo antecedente alla redazione del testamento e non dimostravano che la persona nominata nello stesso si identificasse con la controricorrente. Con il secondo motivo si denunciava la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 588 c.c. supposto che la disposizione per relationem fosse qualificabile come fatta a titolo di erede, l’oggetto non comprendeva beni ulteriori oltre ai beni mobili espressamente menzionati come oggetto del lascito. Con il terzo motivo le ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 628 c.c. La Corte di merito aveva ritenuto valida la disposizione testamentaria nonostante la testatrice avesse lasciato in bianco l’indicazione della persona beneficiaria. La mancata designazione rendeva palese il fatto che, fino a quel momento, nessuno aveva svolto il ruolo previsto nel testamento per l’attribuzione del beneficio. Osservazioni della Corte di Cassazione. Il Collegio giudicante ritiene che la menzione di una persona dalla disposizione testamentaria, fatta dal testatore in maniera imprecisa o incompleta, non rende per ciò nulla la disposizione, qualora dal contesto del testamento o altrimenti sia possibile determinare la persona che il testatore ha voluto beneficiare. La Corte di merito, in base alle prove assunte, aveva riconosciuto che la controricorrente aveva prestato, per decenni, cura e assistenza alla defunta. Aveva dedotto, pertanto, che la persona designata non poteva identificarsi che in lei, in quanto l’assistenza si era mantenuta anche dopo la redazione del testamento e fino alla morte. Ad avviso dei Supremi giudici, la corretta applicazione dell’articolo 628 c.c. imponeva al giudice di merito di compiere una scelta univoca circa il mezzo indicato dalla de cuius per l’individuazione in particolare, se la testatrice avesse inteso riferirsi alla situazione realizzatasi fino alla redazione del testamento o alternativamente a quella che si sarebbe realizzata successivamente, non potendo operare i due criteri congiuntamente. Ad avviso della Suprema Corte, poi, la qualifica di erede universale nella scheda testamentaria, associata all’attribuzione di un singolo bene o di un complesso di beni, pur potendo costituire un elemento valutabile ai fini dell’indagine diretta ad accertare l’eventuale intenzione del testatore di assegnare quei beni come quota del patrimonio, ai sensi dell’articolo 588, comma 2, c.c. non giustifica, di per sé, l’attribuzione degli altri beni menzionati nel testamento e non attribuiti, occorrendo a tal fine che sia ricavabile dal complessivo contenuto del testamento una disposizione nell’universalità del patrimonio ai sensi dell’articolo 588, comma 1,c.c. In base al contenuto del testamento, la designazione di erede universale era congiunta a un lascito che aveva per oggetto i soli beni mobili quindi, in ipotesi, a una istituzione ex re certa, ai sensi dell’articolo 588, comma 2, c.c. L’institutio ex re certa non attribuisce all’istituito la qualità di unico erede. Essa, quando non comprende la totalità dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione. Questi, in assenza di altre disposizioni istitutive, si devolvono secondo le norme della successione legittima, ex articolo 457, comma 2, c.c. In base alla regola dettata dal secondo comma dell’articolo 588 c.c., al fine di attribuire al lascito carattere di disposizione a titolo universale, il fatto che tale qualità sia data espressamente dal testatore nel testamento non è necessario, né sufficiente. Se non risulta che il bene o il complesso di beni sono stati attribuiti come quota del patrimonio la disposizione, a onta del nome, non sarebbe a titolo universale, ma particolare. Conclusione. I giudici della Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto, accolgono il secondo e terzo motivo di ricorso, dichiarano assorbito il primo e cassano la sentenza in relazione ai motivi accolti. Rinviano la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, la quale provvederà ad un nuovo esame e a regolare le spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 novembre 2018 – 3 luglio 2019, n. 17868 Presidente Oricchio – Relatore Tedesco Fatti di causa Il giorno 4 marzo 1999 e’ deceduta in Agrigento C.G. , la quale ha disposto del proprio patrimonio con testamento olografo del 10 novembre 1998, pubblicato con verbale a rogito del notaio N.M. di Agrigento del 16 marzo 1999, rep. n. 23063. Il testamento ha il seguente tenore io signora C.G. dichiaro che alla fine della mia vita terrena lascio i miei avere come miei eredi della mia casa sita in corso Nazionale facendo angolo con la salita omissis ai miei nipoti C.G. e C.I. abitante e nati ad Agrigento in caso di vendita la devono vendere all’altro padrone dell’altra meta’ confinante con la signora A.S. essendo che la casa non si puo’ dividere. Per i beni mobili alla persona , che mi deve servire la faccio padrona erede universale . Sulla base del testamento Ca.Ma. ha chia. in giudizio davanti al Tribunale di Sciacca C.G. e C.I. , facendo valere il proprio diritto di essere riconosciuta erede della de cuius per quella parte di eredita’ che la testatrice aveva a lei destinato quale persona che le ha prestato assistenza e servizi in vita. Il tribunale ha accolto la domanda. Ha dichiarato la Ca. erede testamentaria e ha condannato le convenute alla restituzione dei beni mobili e della casa in omissis . Le C. hanno proposto appello contro la sentenza. Sono intervenute A.F. e T.F.A. , cui le appellanti avevano alienato l’immobile in contesa. La Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado. Secondo la corte d’appello la qualita’ di erede universale non puo’ che appuntarsi in capo alla Ca. , avendo tutti i testi in primo grado dato conto della devozione, dello spirito di abnegazione con la quale per decenni l’appellata aveva prestato assistenza e cura alla C. . Essa ha aggiunto che secondo le deposizioni rese dai tesi, tale assistenza si e’ mantenuta intatta fino alla morte della de cuius e, quindi, anche dopo il confezionamento della scheda . Per la cassazione della sentenza C.G. e C.I. hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi. Ca.Ma. ha resistito con controricorso. Gli altri soggetti a cui e’ stato notificato il ricorso sono rimasti intimati. La causa, originariamente avviata per la trattazione camerale, e’ stata rimessa in pubblica udienza. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Il testamento prevedeva il lascito in favore della persona che avesse assistito la defunta nel periodo compreso fra la redazione della scheda e la morte, e non in favore di chi l’avesse assistita fino a quel momento. Cio’ risultava con evidenza dal fatto che il nome del beneficiario era stato lasciato in bianco. Le prove acquisite nel giudizio si riferivano al periodo antecedente alla redazione del testamento. Esse quindi non dimostravano che la persona nominata nel testamento si identificasse con la Ca. . Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 588 c.c Supposto che la disposizione per relationem fosse da qualificare come fatta a titolo di erede, l’oggetto non comprendeva beni ulteriori oltre ai beni mobili espressamente menzionati quali oggetto del lascito. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 628 c.c La sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la corte di merito ha ritenuto valida la disposizione nonostante la testatrice avesse lasciato in bianco l’indicazione della persona beneficiaria. La mancata designazione della persona onorate rendeva palese che, fino a quel momento, nessuno aveva svolto il ruolo previsto nel testamento per l’attribuzione del beneficio. Il contenuto della disposizione imponeva allora di fare riferimento non alla situazione esistente al tempo di confezione del testamento, ma a quella realizzatasi successivamente fino alla morte. Gli esiti della prova andavano verificati in questa diversa prospettiva, mentre la corte di merito aveva fatto il contrario. 2. In uno dei passaggi motivazionali della sentenza impugnata la corte assume che sulla questione della validita’ della disposizione testamentaria, riconosciuta dal primo giudice, si era formato il giudicato implicito in assenza di tempestiva impugnazione. Tale rilievo, sul quale la controricorrente fonda una eccezione di inammissibilita’ del terzo motivo e dell’intero ricorso, e’ infondato. Ai sensi dell’art. 628 c.c. e’ nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata . La formazione del giudicato sarebbe stata configurabile in una situazione in cui, pacifica la validita’ della disposizione, si discuteva su chi fosse in concreto il soggetto a cui la de cuius intendeva riferirsi. Diversamente il conflitto, cosi’ come in concreto realizzatosi nel giudizio, vedeva contrapposti le eredi legittime e l’unica persona che aveva accampato pretese in forza della disposizione, alla quale il tribunale aveva dato ragione. Il problema sottoposto all’esame della corte d’appello riguardava percio’ la validita’ della disposizione in se’, in rapporto alla possibilita’ di identificare in base ad essa la persona beneficiaria del lascito. Il riconoscimento o la negazione di siffatta possibilita’ implicavano, nello stesso tempo, il riconoscimento o la negazione della validita’ disposizione testamentaria ai sensi dell’art. 628 cit 3. Si impone l’esame del terzo motivo che e’ fondato e il cui accoglimento determina l’assorbimento del primo motivo. Ricorre l’ipotesi di disposizione a favore di soggetti determinati dallo stesso testatore non solo nel caso in cui la disposizione sia stata dettata a vantaggio di soggetti nominativamente indicati, ma anche nel caso in cui i beneficiari siano immediatamente e individualmente determinabili in base a precise indicazioni fornite dallo stesso testatore. La menzione della persona onorata dalla disposizione testamentaria fatta dal testatore in modo impreciso o incompleto non rende percio’ nulla la disposizione, qualora dal contesto del testamento o altrimenti, sia possibile determinare la persona che il testatore ha voluto beneficiare Cass. n. 810/1992 n. 1458/1967 . Cio’ che e’ decisivo per ritenere che una disposizione sia a favore di soggetti determinati specificamente e’ il contenuto obiettivo della disposizione e la concretezza e univocita’ dei dati di identificazione da essa desumibili e non si puo’ attribuire rilevanza alla eventuale genericita’ ed incertezza di quelle che furono, al momento della redazione del testamento, le contingenti previsioni del de cuius, qualora lo stesso testatore, ai fini della determinazione di essi, abbia fatto espresso riferimento alla situazione esistente al momento di apertura della successione Cass. n. 262/1962 . Si ammette cosi’ la possibilita’ che il testatore si riferisca ad una situazione futura dalla cui realizzazione emerga in modo inequivocabile l’individuazione del soggetto beneficiato, anche qualora si tratti, al momento della redazione del testamento, di persona non conosciuta Cass. n. 5131/2011 . 4. La corte di merito ha riconosciuto, in base alle prove assunte, che la Ca. aveva per decenni prestato cura e assistenza alla C. da cio’ ne ha dedotto che la persona designata non poteva identificarsi che in questa, in quanto l’assistenza si e’ mantenuta anche dopo la redazione del testamento e fino alla morte. Ma tale ragionamento e’ facile replicare che esso elude il problema che la disposizione testamentaria della C. poneva al giudice. Nel caso di specie, secondo la valutazione della corte di merito, la persona che aveva servito la testatrice in passato aveva continuato a farlo anche dopo la redazione del testamento, ma, in linea puramente teorica, poteva darsi il caso che, negli ultimi tempi, la persona che aveva servito la testatrice fosse stata diversa. La corretta applicazione dell’art. 628 c.c. imponeva percio’ al giudice di merito di compiere una scelta univoca circa il mezzo indicato dal de cuius per l’individuazione in particolare se la testatrice avesse inteso riferirsi alla situazione realizzatasi fino alla redazione del testamento o alternativamente alla situazione che si sarebbe realizzata successivamente, non essendo logicamente possibile che i due criteri potessero operare congiuntamente. O la testatrice si era riferita alla situazione pregressa, e allora aveva inteso designare la persona che l’aveva fino a quel momento servita, pur non identificandola nominativamente, ma in linea teorica in una situazione di vita in cui la individuazione era gia’ possibile o la testatrice aveva guardato al futuro e allora non aveva altra possibilita’, al momento del testamento, se non quella di operare una determinazione per relationem, indicando i dati in base ai quali individuare la persona che voleva onorare del lascito, pur potendo nutrire l’auspicio che la persona che l’aveva servita in passato continuasse a farlo in futuro. Con la conseguenza che, nel primo caso, la considerazione della situazione determinatasi dopo la confezione della scheda andava ad incidere su una relatio gia’ compiutamente avvenuta in base al diverso criterio che rinviava alla situazione gia’ esistente al tempo del testamento cio’ che e’ successo dopo la confezione del testamento, qualora in ipotesi se ne fosse riconosciuta la rilevanza in base al testamento, andava raccordato con la volonta’ del testatore in applicazione di istituti diversi, non in base all’art. 628 c.c La sentenza va per questa ragione cassata e la corte di rinvio dovra’ procedere a nuovo esame e cosi’ identificare il criterio in base al quale operare la relazione, nell’alternativa fra la situazione gia’ esistente al tempo della redazione della scheda oppure quella realizzatasi in un secondo tempo. 5. L’accoglimento del terzo motivo non comporta l’assorbimento del secondo motivo. La questione da questo proposta, infatti, riguardante la portata oggettiva della disposizione per relationem, in ipotesi qualificabile a titolo universale, potrebbe ripresentarsi nel giudizio di rinvio, qualora ne fosse riconosciuta la validita’. Non puo’ essere giustificata una pronunzia di assorbimento rispetto ad uno o piu’ motivi del ricorso, nonostante l’esistenza di un rapporto di interdipendenza con gli altri, ogni qual volta le ragioni per le quali e’ accolto uno dei motivi non siano tali da escludere che nel giudizio di rinvio possano ripresentarsi le questioni gia’ sollevate con gli altri motivi, venendo in tal caso a mancare l’estremo della superfluita’ dell’esame della questione, che caratterizza la pronunzia di assorbimento Cass. n. 13532/2018 n. 748/1970 . 6. Il secondo motivo e’ fondato. A norma dell’art. 558 c.c. si ha istituzione di erede quando l’istituito, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata, sia chiamato nell’universalita’ dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio ereditario si ha, invece, legato allorche’ i beni vengono assegnati singolarmente in modo determinato con la precisazione che, mentre in base al comma 1 del predetto articolo l’istituzione di erede va desunta dal contenuto strettamente obiettivo dell’atto, di guisa che la volonta’ testamentaria, che pur sempre va ricercata, non ha il potere di determinare una istituzione di erede che prescinda da un preciso rapporto con l’universalita’ di beni del testatore o con una quota di esso, con conseguenza che, sempre che la chiamata venga in universam rem o pro quota si ha istituzione di erede quali che siano i termini, anche se impropri, usati dal testatore e anche nell’eventualita’ che parte dell’asse sia destinata a legati, viceversa, in base al comma 2 dello stesso articolo, accanto al criterio obiettivo dell’interpretazione desunta dal contenuto dell’atto, viene introdotto quello soggettivo della interpretazione ricavata dall’intenzione del testatore di assegnare beni determinati come quota del patrimonio, interpretazione cui e dato pervenire attraverso i comuni canoni della volonta’ testamentaria. Pertanto, alla stregua dell’art. 588 c.c., comma 2, anche l’assegnazione di determinati beni instituzione ex re certa o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, tutte le volte che, risulti che il testatore abbia inteso assegnare quei beni come quota del suo patrimonio, considerandoli, cioe’, nel loro rapporto con il tutto Cass. n. 1800/1964 n. 974/1999 n. 2002/3016 n. 24163/2013 . In base alla regola dettata dall’art. 588 c.c., comma 2, a fine di attribuire al lascito il carattere di disposizione a titolo universale, il fatto che tale qualita’ sia data espressamente dal testatore nel testamento non e’ necessario, ne’ sufficiente. Se non risulti che il bene o il complesso di beni sono stati attribuiti come quota del patrimonio, la disposizione, ad onta del nome, non sarebbe a titolo universale, ma particolare. Cio’ non toglie che la designazione possa costituire al limite un elemento rilevante ai fini di rafforzare la convinzione dell’interprete in ordine alla intenzione del testatore di assegnare i beni determinati come quota del patrimonio, specialmente quando il grado di cultura di questi faccia presumere che egli avesse rappresentazione precisa del significato delle parole Cass. n. 715/1964 . Stabilire se un singolo bene e’ stato attribuito a titolo universale particolare e’ questione di fatto. Il relativo apprezzamento del giudice di merito, se congruamente motivato, e’ incensurabile in cassazione Cass. n. 23393/2017 n. 9476/2001 . 7. Il tribunale aveva inteso la disposizione in favore delle nipoti come legato, mentre ha ritenuto disposizione a titolo universale quella in favore della persona che l’avrebbe servita fino alla morte. In base al riconoscimento di tale natura della disposizione, ha incluso in essa il residuo del patrimonio, tolto il bene legato quindi non solo i beni mobili oggetto dell’esplicita attribuzione, ma anche l’altra meta’ della casa. La corte d’appello ha confermato la decisione, rilevando che una diversa interpretazione avrebbe portato al riconoscimento della concorrente apertura della successione legittima sull’altra meta’ della casa, in contrasto con la volonta’ della testatrice, che consapevole della sua indivisibilita’ ha inteso attribuire all’altro padrone e cioe’ all’erede universale . Ma a tale ricostruzione di deve obiettare che, in base al contenuto del testamento, la designazione di erede universale era congiunta a un lascito che aveva per oggetto i soli beni mobili quindi, in ipotesi, a una istituzione ex re certa, ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 2. L’institutio ex re certa non attribuisce all’istituito la qualita’ di unico erede Cass. n. 737/1963 . Essa, quando non comprende la totalita’ dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione. Questi, in assenza di altre disposizioni istitutive, si devolvono secondo le norme della successione legittima ai sensi dell’art. 457 c.c., comma 2. Infatti, il lascito di un bene determinato, se vale istituzione di erede, esprime, per quanto qui rileva, una quota del patrimonio laddove questa, singolarmente considerata o in concorso con altra quota, non copra l’intero, cioe’ non raggiunga la c.d. unita’, deve aprirsi, giusto il capoverso dell’art. 457 c.c., la successione legittima, cosi’ come accade ove sia espressamente prevista la frazione numerica della quota in cui un soggetto e’ chiamato a succedere. Qualora il testatore istituisca un erede universale, assegnandogli una quota del suo patrimonio, determinata mediante stralcio da esso di una porzione di un certo bene, per la restante parte di quel bene, si limiti ad esprimere un proposito generico, in seguito non attuato, di provvedere in futuro con diverse e imprecisate disposizioni testamentarie, questa parte ulteriore del patrimonio ereditario non puo’ ritenersi attribuita all’unico chiamato, ma spetta ai successibili ex lege, mancando del tutto una volonta’ del de cuius, manifestata nelle debite forme, di disporre effettivamente anche di questa parte in un determinato modo e a favore di certi soggetti Cass. n. 574/1977 . 8. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito Questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di delazione dell’eredita’, non ha luogo la successione legittima agli effetti dell’art. 457 c.c., comma 2, in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in forma di istituzione ex re certa, tenuto conto della forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti cfr. Cass. n. 12158/15 . Soluzione, quest’ultima, da condividere e riaffermare anche in considerazione del conforme avviso della dottrina largamente maggioritaria, la quale osserva che la posizione dell’istituito ex re certa non e’ diversa da quella dell’erede pro quota, in favore del quale opera senz’altro la c.d. forza espansiva della delazione testamentaria, che riguarda anche i beni ignorati o sopravvenuti e non solo quelli ignorati, come invece suppone parte ricorrente Cass., S.U., n. 17122/2018 . Presupposto della successione legittima e’ la mancanza, in tutto o in parte, della delazione testamentaria. Esso si concreta nella ipotesi di inesistenza di un testamento oppure della esistenza di un testamento contenente solo disposizioni a titolo particolare o contenente una o piu’ disposizioni a titolo universale limitate a una quota dell’eredita’. E’ stato chiarito che nel nostro ordinamento l’attribuzione della qualita’ di erede deriva dall’assegnazione da parte della legge o del testamento dell’universalita’ o di una quota dei beni del testatore. L’assegnazione di una quota dei beni, in base alla regola dell’art. 588 c.c., comma 2, puo’ anche avvenire attraverso l’indicazione di beni determinati, quando risulti che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio. La differenza fra il primo e il secondo caso consiste in questo nel primo la determinazione numerica della quota e’ espressamente indicata nel testamento, nel secondo caso la determinazione avviene a posteriori in base al rapporto fra il valore dei beni assegnati e il valore del patrimonio del quale essi rappresentano una frazione si comprende come cio’ renda centrale, ai fini della applicazione all’istituito ex re certa del principio della vis espansiva della vocazione a titolo universale, il problema della composizione della massa patrimoniale da assumere a riferimento ai fini della suddetta quantificazione ex post. Qualunque sia la soluzione di tale complessa questione rimane valida la considerazione che, se le quote istitutive, aritmeticamente determinate dal testatore o determinate in ex post in base alla valutazione dei beni, non ricostituiscono l’unita’, si avra’ il normale concorso della successione legittima con la successione testamentaria ex art. 457 c.c., comma 2. Il principio della vis espansiva della delazione ereditaria non si riflette in un diverso modo di applicare la regola del concorso fra i due tipi di successione, ma nell’equiparazione, circa la sorte dei beni non contemplati, tra l’erede istituito ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 1 con quello istituito ai sensi del comma 2 della norma. In questi termini il principio vuol dire che l’acquisto dell’istituito ex re certa non e’ necessariamente limitato alla singola cosa attribuita come quota con la conseguenza che la successione legittima, qualora non si sia gia’ aperta in applicazione dell’art. 457 c.c., comma 2, non si aprira’ autonomamente per i beni ignorati o sopravvenuti. 9. La corte ha considerato, nella specie, irragionevole il concorso della successione testamentaria con la successione legittima, ma e’ chiaro che il problema non e’ di ragionevolezza, ma di ricostruzione della volonta’ testamentaria in applicazione dell’art. 588 c.c In base a tale norma, intanto poteva negarsi la concorrente apertura della successione legittima, in quanto fosse rinvenibile nella scheda una disposizione che comprendeva l’universalita’ dei beni del testatore, tolto il bene legato, ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 1. A sua volta tale disposizione non poteva farsi automaticamente coincidere con il lascito dei mobili, che, seppure congiunto a una designazione di erede universale, poteva costituire solo istituzione ex re certa, oggettivamente circoscritta a quanto oggetto della disposizione, ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 2 fermo il concorso dell’istituito ex re certa con gli istituiti o con l’erede ex lege sui beni ignorati o sopravvenuti secondo i principi dinanzi precisati . Diversamente la corte ha inteso quella designazione in termini assoluti, oltre il collegamento letterale ai beni mobili, cosi’ degradati a una pleonastica specificazione di quanto la designazione, cosi’ come intesa nella sentenza impugnata, avrebbe comunque consentito di raccogliere, senza tuttavia darsi cura di raccordare questa interpretazione con i canoni stabiliti dall’art. 588 c.c., comma 1, il quale stabilisce che per l’institutio heredis e’ elemento decisivo non l’attribuzione formale del titolo che, anzi, puo’ essere usata dal testatore qualsivoglia espressione, denominazione o appellativo ma il criterio obiettivo del modo di attribuzione dei beni fatta dallo stesso testatore loro universalita’ o frazione , fermo restando che l’assegnazione di determinati beni institutio ex re certa o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale quando risulti che il testatore abbia inteso assegnare quei beni come quota del suo patrimonio, considerandoli, cioe’, nel loro rapporto con il tutto Cass. n. 1637/1963 n. 1800/1964 n. 819/1992 . 10. La sentenza va cassata anche in relazione a tale motivo e il giudice di rinvio, in ipotesi riconosca valida la disposizione, dovra’ attenersi ai seguenti principi di diritto L’institutio ex re certa, quando non comprende la totalita’ dei beni, non importa attribuzione anche dei beni che non formarono oggetto di disposizione, i quali si devolvono secondo le norme della successione legittima, destinata ad aprirsi ai sensi dell’art. 457 c.c., comma 2, ogni qual volta le disposizioni a titolo universale, sia ai sensi del comma 1, sia ai sensi del comma 2 dell’art. 588 c.c., non ricostituiscono l’unita’. Invero il principio che la forza espansiva della vocazione a titolo universale opera anche in favore dell’istituito ex re certa, va inteso nel senso che l’acquisto di costui non e’ limitato in ogni caso alla singola cosa attribuita come quota, ma si estende proporzionalmente ai beni ignorati dal testatore o sopravvenuti . La qualifica di erede universale nella scheda testamentaria, associata all’attribuzione di un singolo bene o di un complesso di beni, pur potendo costituire un elemento valutabile di fini dell’indagine diretta ad accertare l’eventuale intenzione del testatore di assegnare quei beni come quota del patrimonio, ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 2, non giustifica, di per se’, l’attribuzione degli altri beni menzionati nel testamento e non attribuiti, occorrendo a tal fine che sia ricavabile dal complessivo contenuto del testamento una disposizione nell’universalita’ del patrimonio ai sensi dell’art. 588 c.c., comma 1 . 11. Insomma, in relazione al secondo e al terzo motivo, si impone la cassazione della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo, che provvedera’ a nuovo esame attenendosi ai principi di cui sopra e regolera’ le spese del presente giudizio di legittimita’. P.Q.M. Accoglie il terzo e il secondo motivo dichiara assorbito il primo cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo anche per le spese.