Le spese per il figlio sostenute in via esclusiva da uno dei genitori devono essere rimborsate dall’altro

Qualora uno dei genitori abbia sostenuto da solo delle spese per il mantenimento del figlio fin dalla nascita, ha diritto a chiederne il rimborso all’altro genitore mediante azione di regresso.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16404/19 depositata il 19 giugno. La vicenda. Il Tribunale di Tivoli quantificava l’assegno di mantenimento di un minore dovuto dal padre in euro 500,00 al mese, oltre al 50% delle spese di istruzione e di quelle mediche non coperte dal servizio sanitario nazionale, condannandolo, inoltre, a corrispondere alla ex compagna anche una somma pari a euro 60.000, di cui 10.000 a titolo di rimborso per le spese di mantenimento del figlio da lei sostenute in via esclusiva fino a quel momento, mentre la restante parte per il risarcimento dei danni a lei arrecati. Il Giudice di seconde cure, adito dal padre del minore, riformava parzialmente la decisione di primo grado, respingendo la domanda risarcitoria della madre, poiché riteneva che essa non avesse agito in qualità di rappresentante del figlio, e confermando per la restante parte la pronuncia impugnata. Il padre propone ricorso per cassazione, lamentando la mancanza di prove in relazione alla richiesta di rimborso avanzata dalla madre del minore. Il diritto di regresso del genitore per le spese da lui sostenute in via esclusiva. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, affermando che, in tema di rimborso delle spese di mantenimento del minore, ove ad esse abbia provveduto integralmente uno soltanto di suoi genitori come pacificamente accaduto nella specie , a questi spetti il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota relativa al genitore inadempiente, secondo le regole generali sul rapporto fra condebitori solidali . Gli Ermellini osservano come tale azione di regresso possa desumersi dall’art. 148 c.c., laddove postula il diritto del genitore adempiente di chiedere in via di regresso all’altro la partecipazione a tali spese. Per questo motivo, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 maggio – 19 giugno 2019, n. 16404 Presidente Genovese – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con sentenza del 20 settembre 2016, resa all’esito di un procedimento introdotto da G.P. , madre del minore G.D.G.G. , con ricorso ex art. 148 c.c. e proseguito con il rito ordinario disposto dal giudice istruttore, il Tribunale di Tivoli quantificò in 500,00 mensili, oltre il 50% delle spese mediche non coperte dal servizio sanitario nazionale e di istruzione, l’entità del contributo al mantenimento di quel minore dovuto dal padre naturale, D.G.L. , e condannò quest’ultimo a corrispondere alla G. l’ulteriore somma di Euro 60.000,00, di cui Euro 10.000,00 a titolo di rimborso delle spese di mantenimento del figlio esclusivamente da lei sostenute fin dalla nascita del medesimo ed Euro 50.000,00 quale risarcimento dei danni arrecati allo stesso. 1.1. Con sentenza del 9 aprile 2018, n. 2270, la Corte di appello di Roma, adita dal D.G. , accolse parzialmente il gravame da lui proposto avverso la descritta decisione in particolare, respinse la domanda risarcitoria formulata dalla G. , ritenendo che la stessa non avesse originariamente agito quale rappresentante del menzionato minore, qualità tardivamente invocata solo innanzi ad essa confermò, per il resto, le statuizioni del tribunale, procedendo ad un nuovo regolamento delle spese processuali di entrambi i gradi. 2. Avverso questa sentenza D.G.L. ricorre per cassazione, affidandosi a quattro motivi, mentre la G. è rimasta solo intimata. Ragioni della decisione 1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente I Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 316 - bis c.c. e degli artt. 156 e ss. c.p.c. nullità della sentenza per violazione del procedimento , perché la corte distrettuale, pur avendo rilevato che il procedimento instaurato dalla G. ex art. 148 c.c. avrebbe dovuto essere definito con decreto monocratico all’esito di una fase di cognizione sommaria, aveva ritenuto che non era dal mutamento nel rito ordinario che fosse derivata la prospettata lesione dell’attività processuale, ma dall’omissione, all’esito di detto mutamento, della fase istruttoria di merito. Ti suo errore giuridico era stato, dunque, quello di non considerare un tale vizio procedimentale motivo di annullamento della sentenza appellata, con conseguente rimessione del processo innanzi al giudice di prime cure individuato nel presidente del Tribunale di Tivoli II Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 316 - bis c.c. e degli artt. 158 e 281 - septies c.p.c. nullità della sentenza derivante dalla costituzione del giudice , nonché omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 , per avere la corte capitolina omesso di pronunciarsi sullo specifico motivo di gravame relativo al fatto che il Tribunale di Tivoli, piuttosto che decidere collegialmente sul ricorso della G. , avrebbe dovuto rimetterne la decisione al giudice monocratico ai sensi dell’art. 281 - septies c.p.c. III Violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.c. oggi 316 - bis c.c. . Omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 . Si assume che le richieste delle G. riguardanti il risarcimento per i danni subiti dal figlio minorenne ed il rimborso della quota per il suo mantenimento fin dalla sua nascita erano da considerarsi inammissibili nel giudizio introdotto ex art. 148 c.c., dovendo essere formulate in un procedimento da svolgersi nelle forme ordinarie. La corte a quo, invece, pur avendo disatteso la prima di tali istanze sebbene per carenza di legittimazione attiva della G. , aveva invece confermato la condanna dell’appellante quanto all’importo della seconda pur essendone la corrispondente pretesa affatto sfornita di prova IV Omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5 , per non avere la sentenza impugnata considerato l’intervenuta prescrizione del diritto di regresso esercitato dalla G. con la domanda di restituzione della quota di mantenimento del figlio minorenne gravante sull’appellante. 2. I primi due motivi, esaminabili congiuntamente perché connessi, non meritano accoglimento. 2.1. Invero, la Corte di appello di Roma, dopo aver esaurientemente descritto i vizi procedimentali verificatisi in primo grado, e le loro conseguenze sul diritto di difesa del D.C. , ha ritenuto, affatto correttamente, che gli stessi non rientrassero tra le ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c., uniche ad imporre la rimessione del processo innanzi al giudice di primo grado, ed ha quindi, sostanzialmente, proceduto al rinnovato esame del merito delle originarie pretese della G. . 2.2. Nessun seguito, pertanto, possono trovare le doglianze ancora oggi formulate, sul punto, dal ricorrente, che mostrano, evidentemente, di non aver colto, in parte qua, la effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato. 3. Miglior sorte non merita il terzo motivo. 3.1. Infatti, qualsivoglia doglianza dell’odierno ricorrente riferita all’originaria domanda risarcitoria della G. sarebbe qui inammissibile per carenza di interesse, non essendo quest’ultimo rimasto soccombente, sullo specifico punto, innanzi alla corte capitolina cfr. Cass. n. 6894 del 2015 Cass. n. 658 del 2015 Cass. n. 7057 del 2010 . 3.2. Quanto, invece, al rimborso delle spese di mantenimento del minore, rileva il Collegio che ove ad esse abbia provveduto integralmente uno soltanto di suoi genitori come pacificamente accaduto nella specie , a questi spetti il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota relativa al genitore inadempiente, secondo le regole generali sul rapporto fra condebitori solidali come si desume, in particolare, dall’art. 148 c.c. richiamato dall’art. 261 c.c., entrambi nei rispettivi testi, qui applicabili ratione temporis, vigenti anteriormente al D.Lgs. n. 154 del 2013, entrato in vigore il 7 febbraio 2014 , che, prevedendo l’azione giudiziaria contro tale genitore, postula il diritto del genitore adempiente di agire appunto, in regresso nei confronti dell’altro cfr. Cass. n. 15063 del 2000 Cass. n. 10124 del 2004 . 3.2.1. A tanto deve soltanto aggiungersi che i il procedimento in esame, benché introdotto con ricorso ex art. 148 c.c., è comunque proseguito con il rito ordinario disposto dal giudice istruttore benché con i vizi rilevati dalla corte distrettuale che, pertanto, ha provveduto al riesame del merito delle domande della G. ii il prospettato vizio motivazionale è radicalmente inammissibile, perché riferito ad una sua nozione non riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dal codice di rito, ed in particolare non sussumibile nel vizio contemplato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 9 aprile 2018 , atteso che tale mezzo di impugnazione può concernere esclusivamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti iii le argomentazioni oggi esposte dal ricorrente quanto all’entità del rimborso impostogli si risolvono, invece, sostanzialmente, in una critica al complessivo governo del materiale istruttorio operato dal giudice a quo ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative Dott. Cass. n. 21381 del 2006, nonché la più recente Cass. n. 8758 del 2017 . 3. Il quarto motivo, infine, è inammissibile. 3.1. La sentenza impugnata nulla contiene quanto all’eccezione di prescrizione come oggi invocata dal D.C. . 3.1.1. Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Invero, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, nè rilevabili d’ufficio Cfr., ex multis, Cass. n. 20694 del 2018 Cass. n. 15430 del 2018 Cass. n. 23675 del 2013 Cass. n. 7981 del 0707 Cass. n. 16632 del 2010 . In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo ed in secondo grado cfr. Cass. n. 9765 del 2005 Cass. n. 12025 del 2000 onere rimasto, nella specie, assolutamente inadempiuto. 4. Il ricorso va, dunque, respinto, senza necessità di alcuna pronuncia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo la G. rimasta solo intimata, altresì rilevandosi che, dagli atti, il processo risulta esente dal contributo unificato, sicché non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17. 5. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.