Litispendenza tra Stati membri e riconoscimento delle decisioni in materia di matrimonio

Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea la violazione da parte del giudice di uno Stato membro delle norme comunitarie sulla soluzione dei casi di litispendenza non è di per sé impeditiva del riconoscimento della sentenza in un altro Stato membro in ragione della contrarietà manifesta all’ordine pubblico.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 13412/19, depositata il 17 maggio. Il caso. La fattispecie riguarda una questione di litispendenza comunitaria e il riconoscimento delle decisioni giurisdizionali tra i gli stati membri relativamente alle sentenze in materia di famiglia. In particolare, la Corte d’Appello, in riforma della decisione resa dal Tribunale, aveva dichiarato inammissibile, per sopravvenuto giudicato, la domanda di affidamento esclusivo del figlio minore proposta dal padre con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio. La corte territoriale, infatti, aveva accolto l’eccezione sollevata dalla madre relativa il giudicato formatosi con riguardo alla sentenza di divorzio pronunciata dai giudici di altro Stato membro, che aveva ad oggetto anche l’affidamento e le pronunce consequenziale relativi al minore nel giudizio intrapreso dopo quello incardinato in Italia, quest’ultimo non concluso con giudicato anteriore. Avverso questa decisione il padre proponeva ricorso per cassazione, la quale con ordinanza interlocutoria aveva operato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale, con successiva sentenza, escludeva che la violazione, da parte del giudice di uno Stato membro, delle norme comunitarie sulla soluzione dei casi di litispendenza fosse impeditiva del riconoscimento della sentenza in un altro Stato membro in ragione della contrarietà manifesta all’ordine pubblico. La decisione. Conseguentemente al principio espresso dalla Corte di Giustizia, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato dal padre, evidenziando che, la Corte d’Appello aveva rilevato nella sua pronuncia, conformemente a quanto pronunciato dalla predetta Corte di giustizia dell’Unione Europea, che il quadro normativo dei motivi ostativi al riconoscimento di una sentenza di uno Stato membro nell’Unione Europea in un altro Stato membro, che riguardi lo status coniugale, la responsabilità genitoriale, l’obbligazione alimentare, porta ad escludere in ogni caso la rilevanza dell’incompatibilità con le decisioni assunte nello Stato membro richiesto. In particolare, la Corte d’Appello rilevava che, anzitutto, la sentenza di divorzio pronunciata nel paese membro successivamente adito era divenuta irrevocabile, mentre la sentenza di separazione pronunciata in Italia non era tale da determinare lo scioglimento del vincolo matrimoniale e, in secondo luogo, che in detta sentenza definitiva non sussistevano motivi ostativi al riconoscimento dei provvedimenti assunti sul divorzio, sugli obblighi alimentari verso il figlio sulla responsabilità genitoriale, per incompatibilità con i provvedimenti assunti in Italia, perché le decisioni italiane non hanno un grado di stabilità pari a quella cui si chiede riconoscimento. Tutto quanto premesso, ricordando che motivi di non riconoscimento sono la contrarietà della pronuncia all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto e l’incompatibilità della decisione di cui si chiede riconoscimento con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto, non essendo quindi sussistenti i predetti presupposti nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto l’infondatezza dei motivi di ricorso del padre, rigettandone il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 aprile – 17 maggio 2019, n. 13412 Presidente Giancola – Relatore Nazzicone Fatti di causa La Corte d’Appello dell’Aquila con sentenza n. 313/14 del 31 marzo 2014, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Teramo dell’8 luglio 2013, ha dichiarato inammissibile, per sopravvenuto giudicato, la domanda di affidamento esclusivo del figlio minore proposta dal padre con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio. La corte territoriale, riformando la detta sentenza in ordine alle statuizioni relative al figlio minore assunte dopo la pronuncia non definitiva di separazione personale tra le parti, ha accolto l’eccezione, sollevata dalla madre, relativa al giudicato formatosi con riguardo alla sentenza di divorzio pronunciata dai giudici romeni, ed avente ad oggetto anche l’affidamento e le pronunce consequenziali relative al minore, nel giudizio ivi intrapreso dopo quello incardinato in Italia, ma nondimeno concluso con giudicato anteriore. Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione il L. , affidato a tre motivi ed illustrato da memoria. Si è difesa con controricorso l’intimata. Con l’ordinanza interlocutoria del 20 giugno 2017, n. 15183, questa Corte ha operato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, cui è seguita la sentenza 16 gennaio 2019, C-386/17 della Corte di giustizia. Rimessa la causa a pubblica udienza, essa è pervenuta in decisione. Ragioni della decisione 1. - Il ricorrente, con argomenti esposti sotto la dizione di primo motivo , ha in realtà sollecitato il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, con riguardo alla nozione di litispendenza comunitaria ed al procedimento di riconoscimento delle decisioni giurisdizionali di altro Paese membro. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione o falsa applicazione degli artt. 17, 19, 21, 22 e 24 del reg. 2201/2003/CE e degli artt. 33, 34 del reg. 44/2001/CE, in quanto la corte d’appello rumena ha violato detti regolamenti, omettendo di sospendere il giudizio in favore di quello pendente innanzi al giudice preventivamente adito, e la Corte d’appello dell’Aquila non avrebbe potuto operarne il riconoscimento in via incidentale. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione o falsa applicazione dell’art. 22, lett. a e c , reg. 2201/2003/CE ed art. 34, n. 1 e n. 3, reg. 44/2001/CE, in quanto la sentenza straniera incidentalmente riconosciuta, passata in giudicato in seguito alla pronuncia della corte d’appello rumena del 12 giugno 2013, contrasta con la sentenza definitiva del Tribunale di Teramo del 19 gennaio 2012, passata in giudicato il 5 aprile 2012, con riguardo all’addebito della intollerabilità della comunione di vita, attribuito dalla prima al padre e dalla seconda alla madre. La decisione impugnata ha erroneamente escluso l’incompatibilità tra la sentenza rumena di divorzio e quella non definitiva di separazione con addebito la compatibilità dell’addebito della separazione ad entrambi i coniugi opera, infatti, soltanto se la valutazione viene svolta dallo stesso giudice e non invece quando provenga da autorità giudiziarie diverse. 2. - Le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità del ricorso, perché proposto oltre i termini di legge ed in quanto difetterebbe la procura speciale in favore del difensore del ricorrente, sono già state delibate dalla predetta ordinanza interlocutoria, ai fini della rilevanza della domanda di pronuncia pregiudiziale. Esse sono infondate. Quanto alla eccepita tardività del ricorso, perché proposto oltre il termine di sei mesi decorrente dalla pubblicazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 1, la norma è stata modificata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, entrata in vigore il 4 luglio 2009, e l’art. 58, comma 1, della stessa legge prescrive che la nuova regola processuale si applichi solo ai processi instaurati dopo la sua entrata in vigore. Nel caso di specie, il giudizio di separazione personale è stato promosso con ricorso depositato il 22 maggio 2007 cfr. Cass. 15741 del 2013, 19969 del 2015, 20102 del 2016 . Quanto alla eccepita nullità della procura ad litem per carenza della specialità, di cui all’art. 365 c.p.c., essa non sussiste, per il principio secondo cui il mandato apposto in calce al ricorso per cassazione - come nella specie - è speciale, come è deducibile dal fatto che la procura al difensore forma materialmente corpo con il ricorso fra le altre, Cass. 22 gennaio 2015, n. 1205 . 3. - L’ordinanza interlocutoria del 20 giugno 2017, n. 15183, ha operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ponendo alla medesima i seguenti quesiti a Se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei paragrafi 2 e 3 dell’art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell’art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, o, al contrario, possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell’ordine pubblico processuale, tenuto conto che l’art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003 richiama soltanto le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19 b se l’interpretazione dell’art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione eurounitaria della litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordine pubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all’interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni . 4. - Con la sentenza 16 gennaio 2019, C-386/17, la Corte di giustizia ha statuito quanto segue Le norme sulla litispendenza di cui all’art. 27 del regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e all’art. 19 del regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento CE n. 1347/2000, devono essere interpretate nel senso che, qualora, nell’ambito di una controversia in materia matrimoniale, di responsabilità genitoriale o di obbligazioni alimentari, l’autorità giurisdizionale successivamente adita abbia adottato, in violazione di tali norme, una decisione poi divenuta definitiva, esse ostano a che le autorità giurisdizionali dello Stato membro cui appartiene l’autorità giurisdizionale preventivamente adita neghino, per questo solo motivo, il riconoscimento di tale decisione. In particolare, tale violazione non può, di per sé, giustificare il mancato riconoscimento di detta decisione per sua contrarietà manifesta all’ordine pubblico di tale Stato membro . 5. - Ciò posto, il secondo motivo è infondato, sostenendo esso la tesi appunto disattesa dal giudice eurounitario. 6. - Infondato, del pari, è il terzo motivo. 6.1. - L’ordinanza interlocutoria n. 15183 del 2017 già individua in modo preciso i provvedimenti contenuti nella sentenza di divorzio romena della quale è stato richiesto, in via incidentale, il riconoscimento nel giudizio di appello che ha dato luogo alla sentenza impugnata con ricorso per cassazione invero, la pronuncia assunta in Romania ha deciso unitariamente sia sul vincolo matrimoniale, sia sulla responsabilità genitoriale, sia sull’obbligo e sull’entità del concorso al mantenimento del minore. Nel giudizio di separazione personale promosso in Italia sono state proposte le medesime domande salva la non identità della domanda relativa al vincolo matrimoniale, in conseguenza della necessità di far precedere al divorzio l’accertamento delle condizioni stabilite dalla legge per la separazione personale tra i coniugi nell’ordinamento italiano . Nel giudizio interno, vi è sentenza parziale sul vincolo matrimoniale con la quale è stata dichiarata la separazione personale tra i coniugi con addebito alla moglie passata in giudicato mentre il procedimento relativo alla responsabilità genitoriale ed agli obblighi di mantenimento del minore è stato separato da quello definito sul vincolo, e costituisce l’oggetto dell’odierno giudizio. 6.2. - A sostegno della sua decisione, la Corte d’appello dell’Aquila ha osservato, per quanto ancora rileva, che - la sentenza di divorzio pronunciata in Romania è divenuta irrevocabile - non sussistono motivi ostativi al riconoscimento dei provvedimenti romeni sul divorzio, sugli obblighi alimentari verso il figlio e sulla responsabilità genitoriale, per incompatibilità con i provvedimenti assunti in Italia anteriori o successivi , perché le decisioni italiane non hanno un grado di stabilità pari a quella di cui si chiede il riconoscimento per i provvedimenti riguardanti il divorzio e gli obblighi alimentari, la valutazione d’incompatibilità deve essere svolta sia con riferimento alle pronunce anteriori che a quelle successive, mentre per le decisioni relative alla responsabilità genitoriale, solo con riferimento alle pronunce successive in particolare, con riferimento alla pronuncia irrevocabile di separazione con addebito, assunta in Italia, non vi è incompatibilità perché l’addebito può essere dichiarato nei confronti di entrambi i coniugi. 6.3. - Va ricordato che motivi di non riconoscimento sono 1 per la decisione relativa allo scioglimento del vincolo art. 22 reg. 2201/2003/CE, di cui si applicano, in astratto, alla specie la lett. a , relativa alla manifesta contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto, e la lett. c , concernente l’incompatibilità della decisione di cui si chiede il riconoscimento con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto 2 per la decisione sulla responsabilità genitoriale nella specie, l’affidamento esclusivo alla madre, in contrasto con l’opposta decisione assunta in Italia nella pronuncia di primo grado art. 23 reg. 2201/2003/CE, lett. a , relativa alla manifesta contrarietà con l’ordine pubblico dello Stato membro richiesto, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, e nella lett. e , concernente la incompatibilità con una decisione successiva emessa nello Stato membro richiesto 3 per la decisione sull’obbligo di concorso al mantenimento del minore art. 34, nn. 1, 3 e 4 reg. 44/2001/CE, relativo alla manifesta contrarietà con l’ordine pubblico dello Stato membro richiesto ed all’incompatibilità con una pronuncia precedente intercorsa tra le stesse parti con medesimo oggetto e titolo. Orbene da un lato, la sentenza della Corte di giustizia del 16 gennaio 2019, C-386/17 ha escluso che la violazione, da parte del giudice di uno Stato membro, delle norme comunitarie sulla soluzione dei casi di litispendenza sia impeditiva del riconoscimento della sentenza in un altro Stato membro in ragione della contrarietà manifesta all’ordine pubblico. Dall’altro lato, come già rilevato nella menzionata ordinanza interlocutoria, il quadro normativo dei motivi ostativi al riconoscimento di una sentenza di uno Stato membro dell’Unione Europea in altro Stato membro, che riguardi lo status coniugale, la responsabilità genitoriale e le obbligazioni alimentari porta ad escludere in ogni caso la rilevanza dell’incompatibilità con le decisioni assunte nello Stato membro richiesto. Invero, richiamando detti argomenti - in ordine alla decisione sullo status, va esclusa la rilevanza del motivo ostativo indicato nell’art. 22, lett. c , reg. 2201/2003/CE, dal momento che, limitatamente allo status coniugale, la pronuncia passata in giudicato sulla separazione personale, producendo non il definitivo scioglimento del vincolo matrimoniale ma soltanto la condizione necessaria ma non sufficiente per proporre la domanda di divorzio, non può dirsi identica a quella di divorzio - in ordine alla decisione sulla responsabilità genitoriale, va esclusa la rilevanza del motivo ostativo indicato nell’art. 23, lett. e , reg. 2201/2003/CE, dal momento che le ragioni connesse all’incompatibilità con altra decisione dello Stato membro o di uno Stato terzo riguardano esclusivamente quelle successive a quella di cui si chiede il riconoscimento - infine, in ordine alla decisione sugli obblighi alimentari nei confronti del minore, l’incompatibilità con una pronuncia precedente intercorsa tra le stesse parti con medesimo oggetto e titolo deve escludersi per la mancanza di una pronuncia anteriore che abbia il carattere della definitività. Ne consegue l’infondatezza del motivo. 7. - In ragione della particolarità della vicenda processuale, si compensano per intero le spese di lite. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità e del procedimento incidentale. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.