Procedimenti de potestate: il PM garantisce il superiore interesse della prole, anche senza difesa tecnica per il minore

La Corte di Cassazione chiarisce che la partecipazione del PM nel procedimento ha assolto al compito di garantire il superiore interesse della prole e, pertanto, non sussiste alcuna violazione al diritto di difesa.

È quanto emerge dalla sentenza n. 9100/2019 della Corte di Cassazione, depositata il 2 aprile scorso. Il caso. Tanto il Tribunale per i Minorenni, su ricorso ex art. 330 e 333 c.c. proveniente dal PM, quanto la Corte d’Appello, su reclamo dei genitori, dichiaravano questi ultimi decaduti dalla responsabilità genitoriale sui due figli minori, nominando tutore provvisorio il Servizio Sociale affidatario dei minori, disponendo il collocamento della prole presso idonea famiglia. Avverso il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale, i due genitori ricorrevano in Cassazione eccependo la nullità del procedimento di primo grado stante la violazione dell’art. 336 ultimo comma c.c. che impone l’assistenza tecnica a favore dei genitori e dei minori. In particolare, davanti al Tribunale per i Minorenni né i genitori né il minore erano assistiti da un difensore mentre avanti la Corte d’Appello, in sede di reclamo, solo i genitori si erano costituiti a mezzo di un difensore, ma nessuno era intervenuto per i minori. Provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale. In via preliminare, la Suprema Corte ammette il ricorso in Cassazione avverso il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale avendo tale decreto forza di giudicato rebus sic stantibus . I Giudici di legittimità, per quel che riguarda il procedimento di primo grado, rilevano che in quell’epoca i genitori avevano anche la rappresentanza dei minori, non essendo segnalato o accertato un conflitto di interessi con la conseguenza che l’assenza di difesa tecnica per tutto il nucleo familiare rientra in una scelta dei genitori di non partecipare formalmente al giudizio mediante la costituzione a mezzo di difensore. Circa il secondo grado, invece, i genitori erano assistiti da un difensore e al minore, in assenza di conflitto di interessi, era stato nominato un tutore. La garanzia del Pubblico Ministero. La Corte di Cassazione chiarisce che la partecipazione del PM nel procedimento ha assolto al compito di garantire il superiore interesse della prole e, pertanto, non sussiste alcuna violazione al diritto di difesa. La differenza con la normativa sull’adozione. Se l’art. 10, comma 2, Legge n. 184/1983 prevede espressamente un invito ai genitori e ai parenti entro il quarto grado di nominare un difensore, con l’informativa che in mancanza si procederà alla nomina di un difensore d’ufficio, l’art. 336 c.c. in tema di provvedimenti de potestate non contempla alcuna di tali previsioni con l’effetto che la difesa tecnica, in queste seconde ipotesi, è solo eventuale e rimessa alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione della difesa d’ufficio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 18 dicembre 2018 – 2 aprile 2019, n. 9100 Presidente Genovese – Relatore Tricomi Rilevato CHE La Corte di appello di Bologna, con il decreto n. 40 del 17/02/2015, ha rigettato il reclamo proposto da C.D. e M.N. avverso il provvedimento definitivo del Tribunale per il Minorenni di Bologna che, facendo seguito al ricorso promosso dal P.M. ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., li ha dichiarati decaduti dalla potestà sui figli Y. nata il omissis e S. nata il omissis , nominando tutore provvisorio il Servizio sociale affidatario fino alla definitiva pronuncia del Giudice tutelare competente ha disposto il collocamento dei minori presso idonea famiglia o famiglie ha mandato al tutore per la regolamentazione dei rapporti con i familiari con ogni facoltà di non avvisarli e/o sospenderli se disturbanti . Secondo il giudice del gravame nessun elemento nuovo era intervenuto, idoneo a modificare il quadro che aveva portato all’adozione del provvedimento, unico idoneo a garantire una situazione di stabilità, affettiva e non solo, ai minori. Il provvedimento è stato impugnato congiuntamente dai genitori con due mezzi. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c Il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Con ordinanza interlocutoria depositata il 14/3/2018 è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo acquisita una relazione tematica a cura dell’Ufficio del Massimario il ricorso è stato nuovamente fissato per la trattazione camerale. Considerato CHE 1. Preliminarmente va ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale, emesso dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 336 c.c., che ha attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabile o modificabile salva la sopravvenienza di fatti nuovi Cass. n. 23633 del 21/11/2016, Cass. n. 4099 del 20/02/2018 . 2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 336 c.c., u.c., che impone la assistenza del difensore a favore dei genitori e dei minori, nei procedimenti contemplati dalla norma. I ricorrenti sostengono che il procedimento è da ritenersi nullo a tal fine affermano che nel corso del primo grado del procedimento nè i genitori, nè i minori risultavano assistiti da un difensore e che in sede di reclamo loro erano stati assistiti da un difensore, ma nessuno era intervenuto per i minori, nè un tutore provvisorio, nè un difensore all’uopo nominato. 2.2. Il primo motivo è in parte inammissibile per la genericità della doglianza ed in parte infondato. 2.3. Giova premettere che il procedimento per la decadenza dalla responsabilità genitoriale fa riferimento, rispettivamente in ordine alla causa petendi ed al petitum, ad una condotta di uno o di entrambi i genitori necessariamente pregiudizievole al figlio ed ha ad oggetto l’emanazione dei provvedimenti di cui agli artt. da 330 a 335 c.c. Detto procedimento contempla espressamente il pubblico ministero tra i legittimati al relativo promovimento e ne disciplina la partecipazione art. 336 c.c., comma 1 . Prevede infine che i genitori ed il minore siano assistiti da un difensore. 2.4. Ciò posto va osservato, innanzi tutto che i ricorrenti non hanno esplicitato se la questione afferente alla mancata difesa tecnica prospettata con riferimento al primo grado, sia stata posta al giudice del gravame ed in che termini, nè hanno illustrato le specifiche ragioni della censura. In proposito va osservato che in primo grado i ricorrenti avevano anche la rappresentanza dei minori - non risultando segnalata e/o accertata una situazione di conflitto di interessi in concreto, quanto meno alla stregua del motivo cfr. Cass. n. 8100 del 21/4/2015 Cass. n. 7478 del 31/3/2014 - di guisa che l’assenza del difensore tecnico per tutti i componenti del nucleo familiare appare come la conseguenza della personale scelta dei genitori di non partecipare formalmente al procedimento mediante la costituzione, atteso che solo in tal caso avrebbero dovuto munirsi del difensore, in applicazione dell’invocato art. 336 c.c., u.c., potendo avvalersi peraltro, in presenza dei presupposti di legge, anche del patrocinio a spese dello Stato. 2.5. Con riferimento al secondo grado, invece, quanto sostenuto dei ricorrenti non trova riscontro negli atti, atteso che i medesimi, costituitisi, erano assistiti da un legale inoltre non risulta accertata una situazione di conflitto di interessi in concreto con i minori, ai quali era stato già nominato un tutore in via provvisoria con il provvedimento di primo grado. Inoltre, va considerato che la partecipazione del Pubblico Ministero ha assolto al compito di tenere presente proprio il superiore interesse della prole, stante il preminente diritto dei minori ad una crescita sana ed equilibrata in tema, Cass. n. 3529 del 21/2/2004 . Va altresì osservato che il procedimento si è svolto nella ampia considerazione degli interessi dei minori anche nella iniziale prospettiva di concreti progetti che consentissero il ricongiungimento con la famiglia di origine. 2.6. Si può concludere, quindi, che in concreto nessuna menomazione del diritto di difesa vi sia stato, poiché il sistema, con la vigilanza istituzionale del Pubblico Ministero, ha garantito la cura di quell’interesse, salva la decisione di intervenire per rappresentare fatti e considerazioni autonome, riservata al tutore. 2.7. Tali conclusioni sono rafforzate, e non smentite, dal raffronto tra la disciplina che caratterizza il procedimento di cui all’art. 336 c.c., oggetto del presente giudizio, e quella prevista dalla L. 4 maggio 1983, n. 184 nel testo vigente ratione temporis, come riformata nel 2001 in tema di adozione. Invero, la differenza tra i due procedimenti risiede nel fatto che quello per l’adozione espressamente detta all’art. 10, comma 2, All’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice. , così prevedendo sia l’invito ai genitori o, in mancanza, ai parenti a nominare un difensore, sia l’informazione che, qualora non vi provvedano, si procederà alla nomina di un difensore d’ufficio, sia la puntualizzazione che la partecipazione agli accertamenti è consentita a tali soggetti con l’assistenza del difensore. Il dettato dell’art. 336 c.c., invece, non contempla alcuna di tali previsioni, di guisa che la difesa tecnica, in tale modello procedimentale uniforme, è solo eventuale ed è rimessa alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione di difesa d’ufficio. A conferma va osservato che non si può ritenere che le previsioni sulla difesa tecnica e d’ufficio siano implicitamente contenute nell’ultimo comma dell’art. 336 cit. va rimarcato infatti che questo procedimento si applica ad una pluralità molto articolata e sfumata di provvedimenti finali ad es. artt. 318, 320 e 334 c.c. ecc. che non condividono la gravità di quello tratteggiato dalla L. n. 184 del 1983 artt. 8 e 10 e sono assai distanti dal quel modello e dagli effetti che possono conseguire a quella procedura a ciò va aggiunto che la partecipazione del Pubblico ministero garantisce la funzione di vigilanza istituzionale infine va considerato che la nomina ufficiosa del difensore prevista dalla L. n. 184 del 1983 risulta del tutto eccentrica rispetto alla disciplina civilistica ordinaria. 3.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.c I ricorrenti sostengono che nel caso in esame non sussistevano le condizioni per la declaratoria di decadenza e che non ricorrevano ipotesi di violazione e trascuratezza di doveri ricompresi nel disposto delle norme ex art. 320 e 324 c.c., ovvero di abuso dei relativi poteri con grave pregiudizio dei minori. Si dolgono del mancato avvio di un percorso di sostegno alla genitorialità da parte dei Servizi sociali e, riferendo del giudizio non positivo formulato da questi ultimi - che avevano evidenziato la impossibilità a formulare un progetto di sostegno, in quanto i genitori si mostravano non collaboranti e fortemente ostacolanti - sostengono che erano stati i Servizi sociali ad avere un comportamento allontanante, non avendo provveduto a delineare un programma di interventi mirati al compiuto inserimento sociale dei genitori e lamentano l’assenza di aiuti e sostegni. 3.2. Il motivo è inammissibile perché assertivo e contraddittorio. Invero, da un lato, prospetta in modo aspecifico la mancanza dei presupposti per l’adozione del provvedimento ablativo e, dall’altro critica i comportamenti dei Servizi sociali, sostenendo che non avrebbero fatto nulla per supportare l’inserimento sociale dei genitori ed il recupero delle capacità genitoriali, riconoscendo così implicitamente l’esistenza delle carenze genitoriali che avevano condotto all’adozione del provvedimento impugnato a ciò va aggiunto che l’interesse dei minori è invocato in modo del tutto astratto e non circostanziato. 4.1. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese. P.Q.M. - Rigetta il ricorso.