L’atto di riassunzione del processo va notificato all’erede della parte deceduta

Nell’ipotesi in cui il giudizio venga interrotto per il decesso di una parte in causa, poiché la legitimatio ad causam è trasmessa all’erede, l’atto di riassunzione del processo deve essere notificato a quest'ultimo.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 116/19, depositata il 7 gennaio. La vicenda. Il Tribunale decideva sulla controversia avete ad oggetto il terrazzo realizzato dai convenuti. I Giudici di primo grado dichiaravano che la struttura in oggetto violava il diritto di veduta degli attori e, condannando i convenuti al risarcimento del danno in favore della parte attrice, ordinava la demolizione del terrazzo sino al ripristino della situazione preesistente . I soccombenti proponevano appello e l’appellato si costituiva chiedendo, in via incidentale, la condanna degli appellanti alla demolizione. In corso del giudizio la causa veniva interrotta per la morte dell’appellato. In seguito, il giudizio veniva riassunto nei confronti del fratello erede del defunto. La Corte d’appello, riformulava la pronuncia di primo grado, con assorbimento dell’appello incidentale. Il figlio erede dell’appellato defunto ricorre in Cassazione denunciando che il ricorso in riassunzione avrebbe dovuto essergli notificato nel termine concesso in ragione del suo status di filiazione. La necessaria notifica al figlio, legittimato passivo. Gli Ermellini rilevando che nel giudizio d’appello non era stato contestato lo status del figlio quale unico erede universale del defunto, sottolineano che l’atto di riassunzione del processo avrebbe dovuto essergli notificato ex art. 110 c.p.c. Successione nel processo . La medesima S.C. precisa che nell’ipotesi di morte di una delle parti in corso di giudizio , la legitimatio ad causam non è trasmessa al semplice chiamato all’eredità – nel caso di specie al fratello dell’appellato - bensì all’erede per effetto di accettazione, espressa o tacita, del compendio ereditario, non essendo la semplice delazione conseguente alla successione presupposto sufficiente per l’acquisto di tale qualità, nemmeno nella ipotesi in cui il destinatario della riassunzione del procedimento rivesta la qualifica di erede necessario del de cuius , occorrendone, pur sempre, la materiale accettazione . Per tali ragioni, in difetto della riassunzione del processo interrotto ex art. 303 c.p.c. nei confronti del soggetto legittimato passivo la S.C. dichiara nulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 marzo 2018 – 7 gennaio 2019, n. 116 Presidente Oricchio – Relatore Casadonte Fatti di causa 1. Con sentenza in data 21 gennaio 2005 il Tribunale di Barcellona P.G. decideva sulla domanda proposta da M.G. e Bo.Pa. nei confronti di P.E. e B.G. avente ad oggetto il terrazzo come ricostruito ed il corpo di fabbrica realizzati dai convenuti sulla loro proprietà, sita nel Comune di , asseritamente in violazione delle norme codicistiche a tutela della veduta diretta ed obliqua esercitata da oltre sessant’anni dall’immobile M. sia verso l’immobile dei convenuti che verso il mare. Il tribunale adito dopo avere ravvisato il difetto di legittimazione attiva del Bo. in quanto mero conduttore, dichiarava che il terrazzo dei convenuti violava il diritto di veduta esistente ordinandone la demolizione sino al ripristino della situazione preesistente con condanna dei convenuti al risarcimento in via equitativa del danno a favore di parte attrice. 2. Avverso tale pronuncia proponevano appello P.E. e le figlie B.R.A. e R.M. , la prima anche in proprio e tutte quali coeredi di B.G. . Si costituiva il sig. M. contestando le ragioni dell’appello e in via incidentale chiedendo la condanna degli appellanti alla demolizione del corpo di fabbrica sito sulla terrazza nonché all’abbassamento del piano di calpestio ed alla determinazione in misura più congrua del risarcimento del danno. 3. Nel corso del giudizio la causa era interrotta per la morte dell’appellato e il giudizio è stato riassunto nei confronti di M.S. quale fratello ed erede del signor M.G. . 4. Con sentenza n. 404/2013 la Corte d’appello di Messina, in riforma della pronuncia impugnata, rigettava tutte le domande di M.G. con assorbimento dell’appello incidentale. In particolare, la corte escludeva che l’originario attore avesse esercitato una servitù di veduta sul terreno e sul rudere delle appellanti e che avesse, conseguentemente, titolo per lamentare una lesione al proprio diritto a causa della sopraelevazione di circa 70 cm della quota del terrazzo e della edificazione, ex novo, del corpo di fabbrica aderente al fabbricato M. . 5. Per la cassazione della pronuncia della corte distrettuale ha proposto ricorso M.L. , figlio ed erede di G. , affidato a cinque motivi, cui resistono con controricorso P.E. e B.R.A. e R.M. . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti del processo in grado d’appello compiuti a partire dalla data del 15 febbraio 2009, termine fissato per la notifica del ricorso in riassunzione, e della sentenza che ha definito il giudizio d’appello, per violazione delle norme di cui agli artt. 303 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nello specifico il ricorrente denuncia che il ricorso in riassunzione avrebbe dovuto essergli notificato nel termine concesso, in quanto unico erede di M.G. in ragione del suo status di figlio del defunto. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti processuali compiuti nel giudizio d’appello e nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti compiuti nel processo d’appello dopo la data dell’8 dicembre 2008, data della morte dell’appellato M.S. , per violazione dell’art. 299 c.p.c., sull’interruzione del processo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. 4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di cui artt. 900 e 917 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente ritenuto che il bisolo - muretto di pietra che delimita la terrazza e che funge da sedile, tipico elemento dell’architettura eoliana - per la sua conformazione escluderebbe l’esercizio della veduta dalla terrazza stessa. 5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2056 e 1226 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere valorizzato le circostanze concrete panoramicità verso il mare dell’immobile M. ed utilizzo come residence per turisti pervenendo così ad una somma inadeguata rispetto al danno effettivamente patito. 6. Esposti i motivi di doglianza, si procede dall’esame del primo che è fondato e va accolto poiché non è contestato che il ricorrente sia il figlio ed unico erede universale di M.G. e, pertanto, legittimato passivo al quale, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., avrebbe dovuto essere necessariamente notificato l’atto di riassunzione del processo. Tale qualità soggettiva risultava dall’allegata dichiarazione di apertura della successione presentata avanti all’Ufficio del registro di Lipari Messina e resa il 22/11/2007 va, peraltro, precisato che nell’ipotesi di morte di una delle parti in corso di giudizio, la relativa legitimatio ad causam si trasmette salvo i casi di cui agli artt. 460 e 486 c.c. non al semplice chiamato all’eredità bensì in via esclusiva all’ erede, tale per effetto di accettazione, espressa o tacita, del compendio ereditario, non essendo la semplice delazione conseguente alla successione presupposto sufficiente per l’acquisto di tale qualità, nemmeno nella ipotesi in cui il destinatario della riassunzione del procedimento rivesta la qualifica di erede necessario del de cuius , occorrendone, pur sempre, la materiale accettazione cfr. Cass. 13571/2006 . 6.1. Perciò la sentenza pronunciata dalla corte d’appello, in difetto della riassunzione del processo interrotto ai sensi dell’art. 303 c.p.c., nei confronti del soggetto legittimato passivo, va dichiarata nulla e tale decisione assorbe l’esame degli altri motivi di ricorso. 7. La causa deve essere quindi rimessa alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri dichiara la nullità della sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, anche per le spese del giudizio di cassazione.