Il consenso dei condividenti nella domanda di divisione della comunione ereditaria

Nell’ipotesi di divisioni di beni provenienti da titoli diversi, e perciò appartenenti a distinte comunioni, deve procedersi a tante divisioni per quante sono le masse, potendo invece procedersi ad una sola divisione solo se tutte le parti vi consentano mediante uno specifico negozio.

Sul punto la Corte di Cassazione con ordinanza n. 25756/18 depositata il 15 ottobre. Il caso. Nel 1996 due fratelli agivano, insieme alla madre, nei confronti delle altre due sorelle per l’annullamento del testamento del padre, per la riduzione delle disposizioni lesive e per lo scioglimento della comunione ereditaria. In particolare gli attori denunciavano che il de cuius aveva pretermesso la coniuge, loro madre, e disposto dei beni che erano di proprietà esclusiva di quest’ultima oltre che di quelli in comproprietà, andando a ledere la quota riservata ai legittimari. Una delle due sorelle deduceva che il testamento era valido e chiedeva di procedere alla divisione. Il Tribunale rigettava la domanda attorea e la Corte d’Appello anche confermava la validità del testamento e la sola nullità della divisione fatta dal testatore, con ripristino della comunione. Per la cassazione della sentenza, i fratelli propongono ricorso. La nullità del testamento. In linea di principio né la pretermissione del legittimario né la disposizione di beni altrui comportano la nullità del testamento. Il testamento con cui il de cuius abbia pretermesso un legittimario è valido ed efficace ma esposto alla riduzione nei confronti dello stesso pretermesso se questi esperisce l’azione di riduzione vittoriosamente. Mentre la Corte territoriale, nel caso di specie, ha fatto corretta applicazione del principio e ha applicato l’art. 735, comma 1, c.c. che sanziona con la nullità la divisione fatta dal testatore che abbia pretermesso un legittimario o abbia attribuito beni altrui. Alla declaratoria di nullità della divisione consegue il ripristino della comunione ereditaria. Per quanto riguarda lo scioglimento della predetta comunione dei beni relitti del defunto insieme a quelli lasciati dalla coniuge anch’essa defunta , è principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi, e perciò appartenenti a distinte comunioni, deve procedersi a tante divisioni per quante sono le masse, potendo invece procedersi ad una sola divisione solo se tutte le parti vi consentano mediante uno specifico negozio, cosicché il litisconsorzio necessario tra i condividenti sussiste soltanto all’interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna massa . Ma nel caso in esame la situazione è diversa essendo il progetto di divisione cumulativa opera della Corte territoriale e non risultando precisato se, dove e quando sarebbe stato ottenuto il consenso dei condividenti. Per questi motivi, la Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza relativamente al motivo accolto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 aprile – 15 ottobre 2018, n. 25756 Presidente Manna – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. Nel 1996 i germani F.F. e Ro. , unitamente alla madre Q.A. , agirono nei confronti delle germane O. , E. e R. per la declaratoria di nullità o per l’annullamento del testamento di F.T. , rispettivamente padre e coniuge degli attori, per la riduzione delle disposizioni lesive e per lo scioglimento della comunione ereditaria. Gli attori addussero che il de cuius aveva pretermesso la coniuge e disposto anche di beni che erano in proprietà esclusiva della predetta o in comproprietà tra i coniugi, e aveva leso la quota riservata ai legittimari. Le germane convenute si difesero assumendo posizioni differenti F.E. instò per la declaratoria di nullità parziale del testamento e aderì alla domanda di riduzione F.R. dedusse che il testamento era valido e chiese che si procedesse alla divisione F.O. chiese il rigetto delle domande, adducendo che l’immobile ricevuto in donazione dai genitori in data 13 marzo 1993 non eccedeva la quota disponibile e la quota di legittima. 1.1. Riassunto il giudizio a seguito di interruzione per il decesso di Q.A. , il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 374 del 2007, rigettò la domanda di nullità-annullamento del testamento, ritenendo che fosse nulla soltanto la divisione disposta dal testatore dichiarò improcedibili le domande di riduzione e di divisione per mancanza di esauriente prova sulla composizione dell’asse ereditario. 2. La Corte d’appello, adita da F.R. , ha confermato la validità del testamento e la nullità della sola divisione fatta dal testatore, con conseguente ripristino della comunione ereditaria. Diversamente dal Tribunale, secondo la Corte territoriale, era possibile procedere allo scioglimento della comunione ereditaria esistente sui beni relitti dal de cuius F.T. - essendo provata la consistenza dell’asse a mezzo delle indicazioni dagli eredi, integrate dagli accertamenti effettuati dal CTU - unitamente ai beni lasciati dalla coniuge anch’essa defunta. Pur consapevole della diversità dei lasciti ereditari e delle masse di beni conseguenti al decesso di entrambi i genitori dei germani F. , la Corte d’appello ha ritenuto di procedere ad un’unica operazione, essendo devolute allo stesso modo le due masse ereditarie tra identiche parti condividenti. 3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso F.O. , sulla base di due motivi e i germani F.F. e Ro. , sulla base di un motivo, anche illustrato da memoria. F.R. ed F.E. resistono, con separati atti di controricorso, ad entrambi i ricorsi. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente, attesa la proposizione di più ricorsi autonomi avverso la medesima sentenza, si deve fare applicazione del principio di unità dell’impugnazione, sancito dall’art. 333 cod. proc. civ., il quale implica che l’impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire, sotto pena di decadenza, per essere decise simultaneamente, tutte le eventuali impugnazioni successive proposte avverso la stessa sentenza, le quali, in conseguenza, possono assumere soltanto carattere incidentale, e in tale forma si convertono purché risultino proposte nel rispetto del termine di q. giorni dalla notificazione del primo ricorso ex plurimis, Cass. 07/11/2013, n. 25054 21/12/2011, n. 27898 20/12/2009, n. 27887 . Nel caso in esame, senza bisogno di formalizzare la riunione dei ricorsi, già registrati con il medesimo numero, la pendenza della lite va ancorata al ricorso proposto da F.O. , che risulta ricevuto per la notifica in data 11 novembre 2014 da F.R. , e il ricorso proposto da F.F. e Ro. si converte in ricorso incidentale, sussistendone i requisiti. 2. Il ricorso principale è infondato. 2.1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 735 cod. civ. e si contesta la mancata declaratoria della nullità del testamento di F.T. in ragione della pretermissione della coniuge e della disposizione di beni altrui. 2.2. Con il secondo motivo è denunciata violazione degli artt. 566 e 537 cod. civ., nonché vizio di motivazione per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, e si contesta che la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto la nullità delle disposizioni riguardanti i beni che non appartenevano al de cuius, di fatto, nel procedere alla divisione le riteneva valide . 3. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondate. 3.1. In linea generale, né la pretermissione del legittimario né la disposizione di beni altrui determinano la nullità del testamento, che non è espressamente prevista e non può essere ricavata dal sistema, imperniato sul principio generale di conservazione del testamento, in quanto atto non ripetibile. Il testamento con il quale il de cuius abbia pretermesso un legittimario è valido ed efficace, ma rimane esposto alla riduzione artt. 553 e 554 cod. civ. , potendo diventare inefficace nei confronti del pretermesso se questi esperisce vittoriosamente l’azione di riduzione ex plurimis, Cass. 14/10/2013, n. 23278 11/06/2003, n. 9424 . Nel caso di specie, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio sopra enunciato, applicando l’art. 735, primo comma, cod. civ., che sanziona con la nullità la divisione fatta dal testatore il quale abbia pretermesso un legittimario o uno degli eredi istituiti , ovvero abbia attribuito beni altrui ex plurimis e da ultimo Cass. 22/03/2018, n. 7178, con richiamo dei precedenti . 3.2. Alla declaratoria di nullità della divisione fatta dal de cuius consegue il ripristino della comunione ereditaria, che deve essere sciolta tenendo conto ove possibile delle quote stabilite dal de cuius, quindi sempre all’interno della successione testamentaria. In termini conformi si esprime anche la sentenza n. 20664 del 2004 delle Sezioni Unite di questa Corte, richiamata dalla ricorrente, che ha risolto il contrasto riguardo alla diversa, e qui irrilevante, questione della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di riduzione. 3.3. Priva di fondamento è anche la doglianza con la quale la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe erroneamente considerato, ai fini della divisione, i beni che non erano di proprietà esclusiva del de cuius, e ciò dopo avere dichiarato la nullità delle disposizioni del testatore che riguardavano i predetti beni. Ribadito quanto detto nell’esame del motivo che precede, e cioè che l’accertamento della nullità ex art. 735, primo comma, cod. civ. ha travolto soltanto la divisione operata dal testatore, la Corte d’appello ha proceduto alla divisione dei beni relitti da entrambi i coniugi, e quindi ha considerato - non di fatto ma di diritto - anche i beni di proprietà esclusiva della sig.ra Q.A. e quelli in comproprietà dei coniugi F. -Q. . Non v’è contraddittorietà nell’operato della Corte territoriale, e neppure si ravvisa violazione degli artt. 566 e 537 cod. civ., che disciplinano rispettivamente la successione dei figli ai genitori e la riserva a favore dei figli. A monte dell’applicazione delle norme richiamate sì colloca la questione riguardante la scelta della Corte d’appello di procedere alfa divisione dei beni relitti da entrambi i coniugi F. -Q. , questione che la ricorrente principale non ha prospettato e che è invece attinta, come si dirà tra breve, dal ricorso incidentale. 4. Con il primo motivo i ricorrenti incidentali denunciano violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e contestano che la Corte d’appello ha proceduto all’attribuzione della quota di eredità del de cuius che sarebbe spettata alla coniuge Q.A. , in assenza di domanda. 5. Con il secondo motivo è denunciata, in via conseguenziale, la violazione dell’art. 537 cod. civ. e si contesta l’assegnazione dei beni della madre Q.A. in misura paritaria a ciascuno dei germani, a fronte dell’esistenza di un testamento olografo, anche oggetto di contenzioso, e di un testamento pubblico che attribuisce la quota disponibile ai figli F. e Ro. . 6. La doglianza prospettata con il primo motivo è fondata e assorbe la rimanente. 6.1. La Corte territoriale ha proceduto allo scioglimento della comunione ereditaria dei beni relitti dal defunto F.T. , unitamente a quelli lasciati dalla defunta coniuge pag. 6 della sentenza , in assenza di domanda sul punto, e non giova il richiamo a Cassazione 09/01/2009, n. 314, con il quale la Corte d’appello ha giustificato la scelta di procedere alla divisione delle due masse ereditarie. La richiamata pronuncia ribadisce il principio generale secondo cui, nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi, e perciò appartenenti a distinte comunioni, deve procedersi a tante divisioni per quante sono le masse, potendo invece procedersi ad una sola divisione solo se tutte le parti vi consentano mediante uno specifico negozio Cass. 15.5.1992 n. 5798 , cosicché il litisconsorzio necessario tra i condividenti sussiste soltanto all’interno del giudizio di divisione relativo a ciascuna massa , e quindi si sofferma sulla autonoma ratio decidendi enucleata nel caso di specie dal giudice d’appello, della mancanza di contestazione da parte dei condividenti dell’unico progetto divisionale fatto dal giudice di primo grado. La situazione nel caso odierno è diversa, essendo il progetto divisionale cumulativo opera della Corte d’appello e non risultando precisato se, dove e quando sarebbe stato acquisito il consenso dei condividenti. 7. Il rilievo è sufficiente a cassare in parte qua la sentenza impugnata e a demandare al giudice di rinvio il riesame della domanda di divisione della comunione ereditaria di F.T. . Lo stesso giudice provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo, rigetta il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa sezione.