Assegno divorzile per l’ex moglie con sclerosi multipla: redditi e patrimonio non coprono le spese

Il Tribunale di Milano conferma l’assegno divorzile per l’ex moglie del ricorrente, affetta da sclerosi multipla in stato avanzato, nonostante sia dotata di redditi e di patrimonio.

Sul tema il Tribunale di Milano con decreto del 31 maggio 2018. Il caso. Parte ricorrente ha chiesto al Tribunale di Milano la revoca, o in subordine la riduzione a una cifra simbolica, dell’assegno divorzile posto a suo carico in favore dell’ex moglie, affetta da sclerosi multipla in stato avanzato, lamentando un peggioramento delle proprie condizioni economiche successivamente alla sentenza di divorzio e il raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte della resistente. Redditi e patrimonio non coprono del tutto le spese per vivere . Premesso che il criterio dell’autosufficienza economica del coniuge richiedente l’assegno, introdotto con Cass. n. 11504/2017, si può applicare anche nei procedimenti di modifica delle condizioni di divorzio purché vi siano giustificati motivi che innovino il quadro patrimoniale degli ex coniugi, il Collegio afferma che le condizioni oggettive di vita età e di salute grave patologia degenerativa della resistente non permettono di considerarla economicamente autosufficiente. I beni e i redditi di cui dispone, infatti, non le consentono in via autonoma di condurre un’esistenza libera e dignitosa non essendo sufficienti a far fronte, in considerazione dell’entità significativa degli esborsi da sostenere per il fatto stesso di poter vivere , a quanto necessario per poter affrontare con dignità la propria vita come persona singola e non più parte di una coppia. Nel caso in esame, non si tratta di tenore di vita ma di necessarietà dei costi essenziali e incomprimibili del vivere dai quali non può prescindere il curarsi e il doversi occupare, in autonomia, di sè . Per questi motivi, il Tribunale di Milano rigetta il ricorso. Fonte ilfamiliarista.it

Tribunale di Milano, sez. IX Civile, decreto 8 31 maggio 2018, n. 11830 Presidente/Relatore Cosmai Rilevato che con ricorso ex art. 9 L. 898 del 1/12/1970 depositato in data 22/12/2017 da omissis nei confronti di omissis , iscritto al numero di ruolo di cui sopra il medesimo, premesso in fatto che il Tribunale di Milano, con sentenza di divorzio n. 7210/2004 aveva disposto, tra l'altro, il concorso del marito al mantenimento della moglie in Euro 620,00 mensili chiedeva la revoca del predetto assegno o, in via subordinata, la sua riduzione ad una cifra simbolica. A fondamento di tale richiesta il ricorrente, narrate le pregresse vicende personali ed economiche, ha posto la circostanza di trovarsi in una situazione economica modificata in peius rispetto al tempo del divorzio di aver costituito una nuova famiglia, diventando padre di due figli ancora minorenni e bisognosi di crescenti esborsi ed, infine, di avere spese fisse per il mutuo della casa di abitazione. Riferiva di aver sempre adempiuto all'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile - nonostante le difficoltà - per obbligo anche morale verso l'ex moglie, affetta da sclerosi multipla e di aver appreso che la stessa svolge regolare attività lavorativa, seppure parziale, ed è intestataria di vari immobili siti in Milano, tra cui anche la casa di abitazione. Chiedeva quindi la revoca dell'assegno divorzile. Rilevato, altresì, che parte resistente si è costituita con memoria difensiva nella quale, contestando le affermazioni dell'ex marito, preliminarmente evidenziava di essere affetta da sclerosi multipla in stato avanzato, con notevole incidenza di tale situazione sulla propria autonomia, sia fisica che economica. Sottolineava come il proprio reddito fosse rimasto immutato dall'epoca del divorzio, ma di dover incorrere pur contenendole al massimo in notevoli ed esorbitanti spese necessarie per il soddisfacimento delle proprie esigenze quotidiane e di essere stata costretta a cambiare casa dovendo trovare un alloggio idoneo alla mobilità in carrozzina cui è attualmente obbligata utilizzando per l'acquisto tutti i propri risparmi compresi i soldi ricevuti a titolo di corrispettivo della cessione al marito della quota di proprietà della casa coniugale e la piccola eredità materna . All'udienza del 4/4/2018 precisava di percepire Euro 765 mensili a titolo di retribuzione di percepire una pensione di invalidità con assegno di accompagnamento pari a complessivi Euro 865 mensili e di godere di redditi provenienti dalla locazione di un immobile di proprietà pari ad Euro 670 mensili. Infine, di aver goduto per l'anno 2017 di un buono sociale di Euro 350 mensili. Di contro, faceva rilevare come il marito mai le aveva riconosciuto la rivalutazione ISTAT per effetto della quale l'assegno oggi ammonterebbe ad Euro 751,44 mensili e per la quale avrebbe maturato arretrati per circa Euro 12.000 , mentre i redditi del sig. omissis non avrebbero subito diminuzione alcuna dal momento che il medesimo, che precedentemente era lavoratore autonomo, ora svolgerebbe la propria attività attraverso la società omissis srl dallo stesso partecipata al 90% la restante quota fa capo all'attuale moglie della quale ricoprirebbe anche la carica di amministratore unico. Inoltre, che i figli erano già nati al momento del divorzio e che pertanto questa circostanza era già stata tenuta presente nella determinazione delle condizioni di divorzio nonché di poter contare, l'ex marito, sull'aiuto e sull'appoggio, anche economico, della moglie. Chiedeva quindi il rigetto del ricorso. Rilevato che le parti sono state sentite personalmente dinanzi al GOT delegato dott.ssa Angelamaria Serpico alle udienze del 4/4/2018 e dell'8/5/2018 anche ai fini di un tentativo di conciliazione e che questo rimaneva infruttuoso, non avendo accettato il sig. omissis la proposta del giudice e la sig.a omissis la controproposta del ricorrente. La causa veniva quindi rimessa alla decisione del Collegio. Rilevato che il sig. omissis ha documentato in causa i seguenti redditi netti percepiti l'anno del divorzio PF 2004 Euro omissis imponibile Euro omissis imposta netta Euro omissis addizionali a Euro omissis pari ad Euro omissis circa netti mensili. Per l'anno di imposta 2016 ha documentato i seguenti redditi CU 2017 Euro omissis imponibile Euro omissis imposta netta Euro omissis addizionali a Euro omissis pari ad Euro omissis circa netti mensili. Non vi è altra produzione fiscale per tale anno di imposta. Il finanziamento per il riferito acquisto della casa di proprietà mutuo ipotecario non fondiario è stato stipulato il omissis per l'importo di Euro 200.000, ed è cointestato al ricorrente ed all'attuale moglie. Rilevato che quanto alla situazione reddituale della sig.a omissis all'epoca del divorzio, risultano comprovati in giudizio i seguenti redditi netti relativi all'anno di imposta 2002 730/2003 Euro imponibile Euro omissis imposta netta Euro omissis addizionali Euro omissis pari ad Euro omissis circa netti mensili. Per l'anno di imposta 2016 PF 2017 risultano i seguenti redditi netti Euro omissis imponibile Euro imposta netta omissis , addizionali omissis .L'assegno del coniuge dichiarato ammonta ad Euro omissis pari ad Euro omissis circa netti mensili comprensivo quindi dell'assegno rimessole dal coniuge. La sig.a omissis risulta altresì proprietaria di quattro fabbricati, di cui uno locato con canone di locazione pari ad Euro 3.420 osservato che non è contestazione la condizione di patologia specifica da cui la resistente è affetta non essendo questa circostanza contestata neppure dal ricorrente il quale, nelle dichiarazioni rese davanti al GOT delegato, ha confermato di aver sempre prestato assistenza alla ex coniugeaffetta da sclerosi multiplaper 18 anni e di esserle stato vicino da 38 anni sono documentati i rilevanti costi necessariamente connessi alle terapie - con rilevante costonecessarie per la resistete oltre che ai costi connessi al suo mantenimento tra cui quelli per il personale di servizio per la necessaria assistenza osservato che il ricorrente, fonda la propria richiesta sui criteri interpretativi dettati dalla sentenza della Suprema Corte n. 11.504/17 e, applicando la chiave di lettura innovativamente fornita dalla nuova e recente pronunzia , ritiene che la resistente debba essere considerata economicamente autosufficiente per effetto dei propri beni e dalle sostanze di cui la medesima dispone che a dire del ricorrentegarantirebbero alla medesima di provvedere in via autonoma al proprio mantenimento in condizione di piena indipendenza economica rilevato che la recente statuizione della Cassazione richiamata dal ricorrente - al momento della presente decisione sottoposta, peraltro, al vaglio delle sezioni unite che sul punto sono stato chiamate a pronunziarsiha ribadito la natura assistenziale dell'assegno divorzile osservato che, sempre la suprema Corte di Cassazione con la pronunzia n. 15481/2017 ha ribadito che la nuova valutazione della sussistenza dell'autosufficienza economica necessaria per escludere il diritto alla percezione dell'assegno divorzile è applicabile anche ai procedimenti per modifica delle condizioni di divorzio sempre che si sia in presenza di giustificati motivi che innovino il quadro economico patrimoniale di riferimento in altri termini è ben possibile che il Tribunale sia chiamato a rivalutare la sussistenza di una condizione di autosufficienza/indipendenza economica di un ex coniuge già beneficiario di un assegno divorzile , purché tale giudizio si innesti sulla prova oggettiva del presupposto per ottenere una modifica delle statuizioni in essere. In altri termini, la sola prenunzia seppur autorevole della Cassazione che impone di prescindere, ai fini della valutazione della indipendenza/autosufficienza economica dei coniugi dal tenore di vita, potrà essere utilizzato nei giudizi di modifica solo e sempre sé via sia in concreto una modificazione che giustifichi il ricorso all'autorità giudiziaria ossia allorché sia data la prova di un deterioramento significativo della posizione economica dell'onerato ovvero di un significato miglioramento della posizione economica dell'ex coniuge già titolare di assegno divorzile. Orbene, alla luce di tutti gli elementi disponibili, ritiene il Collegio che la vicenda sottoposta al vaglio del Tribunale non possa in alcun modo giustificare e fondare la richiesta del ricorrente di revoca dell'obbligo di corrispondere alla resistente un assegno divorzile, né giustifichi una riduzione dell'ammontare dell'assegno come stabilito in sede di divorzio e oggi rivalutato . Ed invero la puntuale ricostruzione della posizione reddituale e patrimoniale dell'obbligato consente di affermare che vi sia stato un minimo e non significativo scollamento nella posizione reddituale di cui il ricorrente dispone il medesimo peraltro, è socio al 90% con l'attuale moglie della omissis srl e proprio per la qualifica e il ruolo ricoperto può pressoché integralmente determinare l'ammontare dei proprio emolumenti. Ad oggi è impegnato nell'attività lavorativa nella predetta società - che per sua stessa ammissioneproduce utili che il ricorrente ripartisce . La quota societario, in ogni caso, rappresenta ad oggi un valore. Non sono comprovati maggiori esborsi ed oneri di mantenimento per carichi familiari potendo peraltro il ricorrente contare, anche per la suddivisione degli oneri medesimi, sulla propria moglie, in possesso di integra capacità lavorativa e in salute. Se nessuna variazione può quindi ravvisarsi nella posizione dell'obbligato, deve al contrario rilevarsi che la resistente ha mutato successivamente al divorzio la propria coesistenza patrimoniale grazie alle somme percepire in sede di separazione, e con gli introiti derivati dall'eredità materna ha potuto acquistare un immobile adatto alla propria attuale condizione patologica l'acquisto dell'immobile, lungi dal rappresentare un lusso è una necessità connessa alla invalidante patologia da cui la medesima è affetta. L'acquisto del nuovo immobile, peraltro, ha determinato la possibilità di locare la vecchia abitazione come pacificamente dichiarato in atti. Ora ritiene il Collegio che la posizione della resistente non sia affatto migliorata rispetto all'epoca del divorzio dal momento che il descritto incremento patrimoniale e il flusso di cassa connesso alla messa a reddito dell'immobile in precedenza adibito a propria residenza è stato solo parzialmente compensato dai maggiori costi e oneri che la resistente deve necessariamente sostenere per la propria patologia. Ora non può tacersi che le condizioni di salute della resistente, proprio per la tipologia di patologia da cui è affetta neppure lontanamente paragonabile ai problemi di salutediabetededotti dal ricorrente , non consentano di formulare una prognosi evolutiva positiva né dell'evoluzione della malattia - si tratta notoriamente di patologia degenerativané di riduzione dei costi di cura e di vita che, invero, è poco verosimile affermare possano in futuro ridursi rispetto agli attuali. Proprio le condizioni oggettive - di vita età e di salute grave patologia degenerativa - della resistente inducono il Collegio ad affermare che la Sig.ra omissis - pur dotata di redditi e di un patrimonionon è oggi economicamente auto sufficiente, dal momento che i beni e i redditi di cui dispone non le consentono, in via autonoma, di condurre una esistenza libera e dignitosa Cass. n. 11538/2017 in altri termini, non le consentono di far fronte, - proprio in ragione della significativa entità degli esborsi che la stessa deve sostenere per il fatto stesso di poter viverea quanto necessario per poter affrontare con dignità la proprio vita come singola e non più come parte di quella coppia che, cessato il vincolo coniugale, non c'è più. Non si tratta di tenore di vita, si tratta di necessarietà dei costi essenziali ed incomprimibili del vivere dai quali non può prescindere il curarsi e il doversi occupare, in autonomia, di sé. Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, la domanda del ricorrente, infondata in fatto e in diritto, deve essere rigetta. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente alla rifusione in favore della resistente delle spese di lite che, in assenza di note specifiche, si liquidano in Euro 2.700,00 oltre 15% rimborso forfettario, cpa e iva come per legge. P.Q.M. 1. Rigetta il ricorso ex art. 9 l. 898 del 1/12/1970 depositato in data 22/12/2017 da omissis , nei confronti di omissis 2. Condanna omissis al pagamento in favore di omissis delle spese processuali che, liquida in Euro 2.700,00 oltre 15% rimborso forfettario, cpa e iva come per legge.