Comunione legale fra i coniugi: l’onere della prova a carico del coniuge ricorrente

Spetta al coniuge ricorrente provare la provenienza delle somme prelevate dall’attività professionale e l’avvenuta destinazione di esse ad esigenze familiari.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 18869/18 depositata il 17 luglio. Il caso. Il Tribunale di Benevento, accogliendo la domanda attorea, disponeva lo scioglimento della comunione legale fra i coniugi mediante versamento in favore della moglie di una somma di denaro pari al 50% della somma prelevata dal marito dal conto corrente cointestato ad entrambi e versata sul conto corrente intestato esclusivamente al marito stesso, sei giorni prima della omologazione della separazione tra essi. I Giudici di prime cure ritenevano infondata la difesa del convenuto, il quale sosteneva che la somma in questione corrispondeva allo stipendio percepito per lo svolgimento della sua attività amatoriale di musicista ed era destinata al soddisfacimento delle esigenze familiari. La Corte d’Appello respingeva la domanda del marito per mancanza di prova della provenienza della somma oggetto di giudizio, pertanto questi ricorre in Cassazione. La mancanza di prova. Per gli Ermellini, nella fattispecie, le ragioni della Corte territoriale consistono nel ritenere fondato il diritto della coniuge sotto due aspetti sia sotto il profilo dell’appartenenza della somma a un conto corrente cointestato sulla base della comunione di beni ordinaria , sia sotto il profilo dell’appartenenza della somma alla comunione de residuo fra i coniugi. Grava, infatti, sul coniuge ricorrente l’onere di dimostrare la provenienza della somma prelevata dalla sua attività lavorativa amatoriale e la sua destinazione alle esigenze della famiglia e, dato che nessuna di queste circostanze è provata dal ricorrente, è dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 12 – 17 luglio 2018, n. 18869 Presidente Genovese – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. il tribunale di benevento, con sentenza n. 620/2015, in accoglimento della domanda proposta da b.r. , nei confronti di s.s. , ha disposto lo scioglimento della comunione legale fra i coniugi mediante versamento in favore della sig.ra b. della somma di euro 81.669,80, pari al 50% della somma prelevata dal sig. s. dal conto corrente cointestato con la b. e versata su un conto corrente intestato in via esclusiva al s. il 18 giugno 2004 e cioè sei giorni prima della omologazione della separazione del 22 giugno 2004. il tribunale ha ritenuto infondata la difesa del convenuto il quale ha dedotto che la somma in questione corrispondeva allo stipendio percepito dal suo datore di lavoro e alle entrate derivanti dalla sua attività amatoriale di musicista ed era stata destinata al soddisfacimento di esigenze della propria famiglia. 2. la corte di appello di napoli, con sentenza n. 106/2017, ha respinto l’appello di s.s. rilevando che non è stata offerta la prova della provenienza della somma oggetto del giudizio dai proventi dell’attività professionale e amatoriale del s. , che i titoli depositati sul conto corrente erano anch’essi cointestati ai coniugi s. -b. , che non vi era alcuna prova che le somme prelevate fossero state impiegate per il soddisfacimento di esigenze familiari e anzi dalla deposizione del figlio s.f. risultava il contrario. 3. ricorre per cassazione s.s. che deduce a violazione e falsa applicazione degli artt. 117 c.c. lett. b e c e dell’art. 178 c.c., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. b violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c , in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. 4. si difende con controricorso b.r. . Ritenuto che 5. Il ricorso è inammissibile. La ragione sottostante alla decisione della Corte di appello è consistita nel ritenere fondato il diritto della B. sia sotto il profilo della appartenenza della somma a un conto cointestato, e quindi sulla base della disciplina della comunione ordinaria, che sotto il profilo della appartenenza della somma alla comunione de residuo fra i coniugi. Sotto entrambi i profili la Corte di appello ha rilevato che, ai fini della esclusione del diritto della B. , gravava sull’odierno ricorrente l’onere di provare la provenienza delle somme prelevate dalla sua attività professionale e amatoriale e la avvenuta destinazione delle stesse ad esigenze familiari. Nessuna di queste circostanze è stata provata dal S. secondo la Corte di appello che ha pertanto ritenuto le somme comuni ab origine e comunque soggette al regime della comunione de residuo. 6. Il ricorrente non censura, se non genericamente, la motivazione della Corte di appello per ciò che concerne la applicazione delle norme in materia di comunione e di comunione legale fra i coniugi. Non specifica inoltre quali sono fatti i decisivi che la Corte di appello non avrebbe valutato. 7. Va pertanto dichiarata la inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 4.10.00 di cui 100 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Dispone omettersi nella pubblicazione della presente sentenza l’indicazione dei nominativi e dei dati identificativi delle parti. Ai sensi dell’art. 13 c.1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, ex art. 13 comma 1 bis.