L’onere della prova in caso di domanda di inefficacia degli atti di donazione

Ai fini della domanda di revoca di atti a titolo gratuito, il requisito della scientia fraudis prescinde dalla dimostrazione dell’intenzione del donante di nuocere al creditore, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore.

Così l’ordinanza della Cassazione n. 17336/18, depositata il 3 luglio. La vicenda. A seguito della donazione di tutte le azioni societarie della S.p.A. ai suoi 5 figli, un imprenditore veniva convenuto in giudizio da una società sua creditrice che invocava la natura fraudolenta di tali atti di donazione, chiedendone la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 c.c Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda ma la decisione veniva ribaltata in appello. La Corte territoriale affermava infatti che l’inconsapevolezza in capo ai figli del pregiudizio arrecato alla creditrice fosse irrilevanti ai fini dell’accoglimento della domanda e che l’onere della prova in capo alla società attrice era stato soddisfatto con la dimostrazione della diminuzione patrimoniale del donante, non dovendo essa dimostrare anche la consistenza del patrimonio residuo, la cui capienza doveva essere al contrario dimostrata dai convenuti per resistere alle pretese della creditrice. I soccombenti impugnano la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Onere della prova. I ricorrenti lamentano in primo luogo la violazione delle regole relative all’onere della prova. Il Collegio respinge la doglianza come manifestamente infondata posto che un atto di donazione impoverisce di per sé il donante perché lo priva della cosa donata in assenza di un corrispettivo. La prova dell’avvenuta stipula di una donazione implica dunque di per sé la dimostrazione dell’impoverimento del donante ex art. 2727 c.c La sentenza impugnata si sottrae anche alle censure relative alle carenze motivazionali. La S.C. afferma infatti che, secondo la consolidata giurisprudenza, quando sia chiesta la revoca di atti a titolo gratuito, ai fini del requisito della scientia fraudis non è necessaria la dimostrazione dell’intenzione del donante di nuocere al creditore, ma è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni . In conclusione, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 27 maggio – 3 luglio 2018, n. 17336 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. Nel 2005 la società Armi Perazzi s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Brescia T.A. , T.B. , T.C. , To.Da. , T.D. e T.M. , esponendo - di essere creditrice di T.A. - che T.A. aveva donato agli altri cinque convenuti, tutti suoi figli, il 100% delle azioni della società Baia di Gairo s.p.a. , ed una quota del 50% del capitale della società Nuova Mazzucchelli s.r.l. - che tali atti erano stati compiuti in frode delle ragioni creditorie della Armi Perazzi s.p.a Chiese pertanto che fosse dichiarata l’inefficacia nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., delle due suddette donazioni. Domandò, altresì, la condanna di T.B. , T.C. , To.Da. , T.D. e T.M. in solido al risarcimento del danno da lesione credito patito da essa attrice in conseguenza della loro condotta fraudolenta. 2. Con sentenza 23.2.2011 n. 603 il Tribunale di Brescia rigettò tutte le domande attorce. La sentenza venne appellata dalla Armi Perazzi. 3. Con sentenza 21.4.2016 n. 355 la Corte d’appello di Brescia accolse il gravame della Armi Perazzi nella parte in cui lamentava il rigetto dell’azione pauliana di cui all’art. 2901 c.c La Corte d’appello ritenne che - l’inconsapevolezza, in capo ai donatari, del pregiudizio arrecato dalla donazione alle ragioni del creditore Armi Perazzi fosse irrilevante ai fini dell’accoglimento della domanda - la Armi Perazzi aveva il solo onere di provare la diminuzione patrimoniale del donante, e non anche la consistenza del patrimonio residuo di questi - spettava, invece, ai convenuti dimostrare che il patrimonio di T.A. , al netto della donazione, restasse capiente rispetto alle pretese della Armi Perazzi, in tale prova non era stata fornita. 4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da T.A. , T.B. , T.C. , To.Da. , T.D. e T.M. , con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito la Armi Perazzi con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2697 e 2901 c.c Deducono che, nel giudizio sull’azione revocatoria ordinaria, è onere dell’attore provare che l’atto dispositivo gli ha nuociuto, e che il patrimonio del debitore abbia patito una diminuzione effettiva e rilevante . Tale prova non può - proseguono i ricorrenti - ritenersi in re ipsa, ovvero desumibile dal solo fatto dell’esistenza dell’atto dispositivo. 1.2. Il motivo è manifestamente infondato. Un atto di donazione impoverisce di per sé il donante, perché lo priva della cosa donata senza corrispettivo. Pertanto la dimostrazione dell’avvenuta stipula d’una donazione costituisce da sola dimostrazione dell’impoverimento del donante. Fornita dunque tale prova dall’attore nel giudizio di revocazione, spettava ai convenuti dimostrare che nonostante la donazione, il patrimonio del donante restava sufficiente a soddisfare il creditore. A tali principi, pacifici nella giurisprudenza di questa Corte ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 1902 del 03/02/2015, Rv. 634175 - 01 , la Corte d’appello si è puntualmente attenuta. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di nullità processuale, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c È denunciata, in particolare, la violazione dell’art. 115 c.p.c Sostengono che la Corte d’appello avrebbe accolto la domanda revocatoria nonostante la totale assenza della prova d’una deminutio patrimonii, e comunque dopo avere rigettato le loro istanze istruttorie volte a dimostrare la consistenza del patrimonio residuo del debitore. 2.2. Il motivo è inammissibile. Questa Corte, infatti, ha già stabilito che la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016 . 2.2. Non sarà superfluo soggiungere che nel caso di specie la Corte d’appello non ha affatto accolto la domanda attorea in assenza di prove. Per quanto già detto in precedenza, infatti, la donazione di un pacchetto azionario costituisce di per sé un impoverimento per il donante, ed esso fa presumere ai sensi dell’art. 2727 c.c. che il patrimonio di quest’ultimo si sia ridotto. Sarebbe stato, dunque, onere dei convenuti provare quanta e quale fosse la consistenza residua del suddetto patrimonio, prova ritenuta non fornita dalla Corte d’appello. 2.3. I ricorrenti, come accennato, hanno altresì dedotto di avere formulato varie istanze istruttorie volte a dimostrare la consistenza residua del patrimonio del debitore, che non sono state però esaminate. In merito a tale deduzione si impongono due rilievi. Il primo è che tale osservazione non si è concretata in uno specifico ed autonomo motivo di ricorso, e non può quindi essere qui rilevata d’ufficio. 11 secondo è che, in ogni caso, i ricorrenti non hanno indicato - in violazione del precetto di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c. - quali fossero le concrete istanze istruttorie da essi formulate e non accolte. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo i ricorrenti lamentano, formalmente invocando l’art. 360, n. 5, c.p.c., il vizio di omessa pronuncia, omessa od apparente motivazione circa la sussistenza dei requisiti dell’eventus damni e della scientia fraudis. Deducono che la Corte d’appello non avrebbe reso espliciti gli argomenti di prova e il ragionamento logico-giuridico seguito per concludere che vi fosse l’eventus damni avrebbe omesso del tutto di motivare in merito alla scientia damni ed avrebbe infine trascritto ad litteram nella sentenza un passo contenuto nelle difese della Armi Perazzi, con ciò adottando una motivazione solo apparente. 3.2. Nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di motivare in merito all’esistenza dell’elemento dell’eventus damni, il motivo è infondato per le ragioni già esposte nella confutazione dei primi due motivi di ricorso. 3.3. Nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello avrebbe omesso di motivare in merito all’esistenza dell’elemento della scientia damni, il motivo è parimenti infondato. La sentenza impugnata non può dirsi priva di motivazione, dal momento che tale vizio, dopo la riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., resta ancora censurabile solo nell’ipotesi estrema in cui la motivazione manchi sinanche come segno grafico , così come stabilito da Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830. Nemmeno può dirsi sussistente il vizio di motivazione illogica o contraddittoria anche tale vizio, infatti, dopo la riforma dell’art. 360, n. 5, c.p.c., è denunciabile in sede di legittimità solo quando vi sia un contrasto irriducibile tra a affermazioni inconciliabili oppure una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 . Ad abundantiam, va comunque rilevato come questa Corte, con orientamento costante, ha da tempo stabilito che quando sia chiesta la revoca di atti a titolo gratuito, ai fini del requisito della scientia fraudis non è necessaria la dimostrazione dell’intenzione del donante di nuocere al creditore, ma è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 29869 del 19/12/2008, Rv. 606243 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 17867 del 22/08/2007, Rv. 599601 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 15310 del 07/07/2007, Rv. 598607 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 14274 del 18/12/1999, Rv. 532348 - 01 . Pertanto nel caso di specie, una volta accertato dalla Corte d’appello che le due donazioni compiute da T.A. a favore dei figli avevano ridotto il suo patrimonio, e non essendo mai stato in discussione che T.A. fosse perfettamente capace di intendere e volere, la sussistenza della scientia fraudis è stata evidentemente ammessa dalla Corte per evidenza logica, sia pure implicita, dal momento che nessuna persona sensata, nel momento in cui si spogli di un bene patrimoniale senza corrispettivo, non può non sapere che il suo patrimonio si stia ipso facto riducendo. 4. Le spese. 4.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. 4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - condanna T.A. , T.B. , T.C. , To.Da. , T.D. e T.M. , in solido, alla rifusione in favore di Armi Perazzi s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 10.000, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55 - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di T.A. , T.B. , T.C. , To.Da. , T.D. e T.M. , in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.