I limiti del retratto successorio in caso di alienazione al coniuge del coerede

In materia di successione ereditaria, lo scopo dell’art. 732 c.c., ossia quello di evitare l’ingresso di estranei nella comunione tra più coeredi, deve contemperarsi con il regime della comunione legale previsto dall’art. 177 c.c., dal quale si evince che tutti i beni acquistati dai coniugi, unitamente o separatamente, sono destinati a cadere in comunione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 15271/18 depositata il 12 giugno, nell’ambito di un’ipotesi di successione ereditaria tra tre coeredi, avente ad oggetto tra i beni anche un appartamento, del quale un’erede aveva alienato i propri diritti successori a persona diversa, estranea alla successione, ossia il marito della sorella, altra erede. Il retratto successorio e la comunione legale. La Corte d’Appello, con sentenza di secondo grado, era giunta alla conclusione di non poter estendere il retratto successorio al caso di specie in quanto il coerede, solo perché coniugato in regime di comunione legale, era impossibilitato a rendersi acquirente delle quote ereditarie senza il pericolo dell’esercizio del retratto stesso da parte degli altri partecipanti alla comunione. Si evince, dunque, una lettura restrittiva dell’ambito di applicazione del retratto successorio in caso di comunione legale. E poiché nella fattispecie, la quota acquistata rientra in comunione legale, si deve ribadire che l’automaticità dell’acquisto di cui all’art. 177 c.c. comporta l’insorgere della medesima situazione giuridica di contitolarità del bene tra i coniugi che, come ribadito dalla Suprema Corte, non può costituire fattore di discriminazione in danno dei coeredi che abbiano optato per il regime di comunione legale. Pertanto, fermo restando che ai sensi dell’art. 179 c.c. gli acquisti mortis causa effettuati da un coniuge esulano da quelli destinati a cadere in comunione legale , la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 27 aprile – 12 giugno 2018, n. 15271 Presidente Orilia – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione G.A. , deducendo di essere coerede, unitamente alle sorelle R. ed A. , della madre D.C. , deceduta in data , assumeva che nell’asse relitto vi era anche un appartamento in omissis , riportato in NCEU al foglio 4, part. 77, del quale la germana A. , con atto per notaio G. del 9 agosto 2005, aveva alienato i propri diritti successori a C.V. , coniuge dell’altra sorella R. . Pertanto, poiché tale alienazione era avvenuta in violazione della previsione di cui all’art. 732 c.c., chiedeva accertarsi il legittimo esercizio del diritto di riscatto, con il conseguente acquisto della proprietà della quota alienata, previo versamento del prezzo indicato in contratto. All’esito della costituzione del convenuto, il quale eccepiva l’infondatezza della domanda, rilevando che l’acquisto era avvenuto anche a beneficio della moglie, atteso il regime di comunione legale, il che escludeva che si fosse consumata la violazione dell’art. 732 c.c., disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di G.R. , il Tribunale di Ariano Irpino, con sentenza del 16/7/2010 accoglieva la domanda ritenendo che il C. era da reputarsi un estraneo rispetto all’eredità. La Corte d’Appello di Napoli con la sentenza n. 1713 del 28/4/2016 accoglieva il grame proposto dai coniugi C. e G. e per effetto rigettava la domanda attorea. A tal fine rilevava che doveva aderire alla conclusione alla quale era già pervenuta la Corte distrettuale in relazione ad analoga domanda proposta dall’attore per una diversa vendita di quota effettuata in favore del C. . Ed, infatti, se lo scopo della prelazione di cui alla norma citata è quello di evitare l’ingresso di estranei nella comunione ereditaria, occorre contemperare tale finalità con il peculiare regime della comunione legale ed in particolare con la previsione di cui all’art. 177 c.c. che appunto prevede che tutti gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente, sono destinati a cadere in comunione. Una volta escluso che l’alienazione di una quota ereditaria con atto inter vivos possa dare vita all’acquisto di un bene personale, nel caso di specie, l’acquisto della quota, anche se fosse avvenuto solo da parte della G. , avrebbe determinato l’acquisto anche in favore del C. . Non è possibile quindi estendere il retratto anche al caso in esame, in quanto ad opinare diversamente, si perverrebbe alla conclusione che il coerede, sol perché coniugato in regime di comunione legale, sarebbe impossibilitato a rendersi acquirente delle quote ereditarie, senza il pericolo dell’esercizio del retratto da parte degli altri comunisti. La conclusione sposata dai giudici di appello peraltro aveva trovato conforto anche nella giurisprudenza di legittimità, e precisamente nella sentenza n. 9531/2005, che ha ritenuto, in caso di comunione legale, di offrire una lettura restrittiva dell’ambito di applicazione del retratto successorio. G.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza sulla base di un motivo. G.R. e C.V. hanno resistito con controricorso. Preliminarmente si rileva che con istanza depositata in data 3 aprile 2018, la difesa del ricorrente ha avanzato richiesta di rinvio della causa con individuazione di un diverso Collegio e di un diverso Relatore, in quanto il Cons. Criscuolo, al quale è stato affidata la relazione del presente procedimento, era stato autore, presso la Corte d’Appello di Napoli di altra sentenza emessa tra le stesse parti ed avente ad oggetto analoga questione di diritto, ancorché relativa ad un diverso bene immobile ereditario. La richiesta non può trovare accoglimento. Ed, infatti, questa Corte ha costantemente ribadito che cfr. Cass. n. 2593/2015 l’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione conf. Cass. n. 4024/2006 . L’unico motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 732, 177 e 179 c.c Si ribadisce alla luce della ratio della previsione in materia di retratto successorio, che il C. deve reputarsi essere un estraneo alla comunione ereditaria, così che l’acquisto della relativa quota implica le conseguenze dettate dalla norma in esame. La diversa previsione di cui all’art. 179 c.c. conforta la conclusione per la quale gli acquisti mortis causa effettuati da un coniuge esulano da quelli destinati a cadere in comunione legale. Inoltre, quanto affermato dal precedente di questa Corte citato dai giudici di appello, varrebbe solo nel caso in cui l’acquisto della quota fosse avvenuto da parte di entrambi i coniugi congiuntamente, ovvero da parte della sola G.R. , laddove nella vicenda in esame, l’acquisto era avvenuto da ad opera del solo C. . Il motivo è del tutto destituito di fondamento. I giudici di appello hanno infatti fatto corretta e puntuale applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte nella sentenza n. 9231/2005, che reputa il Collegio debbano essere confermati, in quanto frutto di un’equilibrata ponderazione tra le esigenze poste alla base dell’istituto del retratto successorio e quelle contrapposte del regime patrimoniale della famiglia, sub specie di comunione legale. L’automaticità dell’acquisto in favore di entrambi i coniugi, con l’ingresso del bene acquistato in una comunione di diritto singolare, in quanto priva di quote, come affermato anche dalla giurisprudenza costituzionale Corte Cost. n. 311/1988 , implica poi che sotto il profilo effettuale la vicenda non si differenzi a seconda che l’acquisto avvenga da parte di entrambi i coniugi, ovvero se nell’atto figuri come parte formalmente acquirente l’uno o l’altro dei coniugi, sicché non può avere seguito la tesi del ricorrente secondo cui la presente vicenda non potrebbe essere ricondotta nell’ambito applicativo dei richiamati principi per il fatto che il soggetto che risulta acquirente della quota non è il coniuge coerede, ma il coniuge estraneo. Ciò che rileva è che anche in tale ipotesi la quota acquistata rientra in comunione legale, e che quindi il regime proprietario scaturente dall’atto è affatto identico a quello che deriverebbe dall’acquisto effettuato dal solo coerede, dovendosi quindi ribadire che l’automaticità dell’acquisto di cui all’art. 177 c.c. determina l’insorgere di quella medesima situazione giuridica di contitolarità del bene tra i coniugi che secondo quanto affermato da questa Corte non può costituire un fattore di discriminazione in danno dei coeredi che abbiano optato per il regime della comunione legale. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, L. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.