Dichiarazione dello stato di adottabilità del minore: quale condizione può evitarla?

Al fine di impedire la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, occorre una situazione idonea, anche in termini di durata nel tempo, a non pregiudicarne il corretto sviluppo psico-fisico.

Tale valutazione, implicando un accertamento di fatto, deve essere necessariamente rimessa in via esclusiva al giudice di merito. Lo chiarisce il Supremo Consesso con ordinanza n. 14462/18 depositata il 5 giugno. Il caso. Dichiarato lo stato di adottabilità del minore dai Giudici di prime cure, decisione ulteriormente confermata dalla Corte territoriale, il padre decide di rivolgersi alla Corte di Cassazione censurando la sentenza impugnata laddove ha ritenuto sussistente lo stato di abbandono. In particolare, il ricorrente lamenta che i Giudici di merito non hanno tenuto conto della causa di forza maggiore rappresentata dai problemi psicologici che lo affliggevano e delle ripetute richieste d’intervento dei servizi sociali avanzate a seguito dell’insuccesso degli interventi di recupero della genitorialità, causato dalla condotta della madre. Stato di adottabilità. Al fine di ottenere la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, gli Ermellini affermano che occorre una situazione idonea, per la sua durata, a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, implicando un accertamento di fatto, è rimessa in via esclusiva al giudice di merito . Nella fattispecie, alla stregua dell’accertamento che ha condotto a rilevare la psicosi maniaco-depressiva con tossicofilia del padre, oltre l’irreperibilità della madre, il Tribunale ha correttamente escluso la sussistenza di una causa di forza maggiore di carattere transitorio che potesse in qualche modo impedire la dichiarazione di adottabilità, avuto riguardo anche dell’avversione manifestata dal minore nei confronti del padre naturale. Pertanto, data la manifesta infondatezza della questione sollevata dal ricorrente, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 15 maggio – 5 giugno 2018, n. 14462 Presidente Scaldaferri – Relatore Mercolino Fatto e diritto Rilevato che R.M. , padre del minore R.G.J.P. , ha proposto ricorso per cassazione, per cinque motivi, avverso la sentenza del 13 luglio 2017, con cui la Corte d’appello di Salerno ha rigettato il gravame da lui interposto avverso la sentenza emessa il 16 gennaio 2017, con cui il Tribunale di Salerno aveva dichiarato lo stato di adottabilità del figlio che gl’intimati non hanno svolto attività difensiva che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell’ordinanza sia redatta in forma semplificata. Considerato che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8, primo e terzo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente lo stato di abbandono, senza tener conto della causa di forza maggiore rappresentata dai problemi psicologici che lo affliggevano e delle richieste d’intervento dei servizi sociali da lui ripetutamente avanzate a seguito dell’insuccesso degl’interventi di recupero della genitorialità, determinato dalla condotta di sua moglie che il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata escluso che il gravissimo quadro patologico dal quale risultava affetto il minore al momento del collocamento presso una casa famiglia, così come lo stato di abbandono morale e materiale che lo aveva determinato, fossero riconducibili in via esclusiva alla condotta della madre, resasi irreperibile fin dal mese di marzo 2014, in quanto il padre, affetto da psicosi maniaco-depressiva con tossicofilia, si era anch’egli sottratto all’adempimento dei doveri genitoriali, nonostante i tentativi di recupero intrapresi fin dal 2011 e protrattisi anche in epoca successiva all’allontanamento dell’altro genitore che, pur dando atto della volontà di riacquistare il pieno equilibrio psicofisico e ricostruire il proprio ruolo genitoriale, manifestata dal ricorrente a seguito dell’avvio di un percorso di recupero presso una comunità terapeutica, la sentenza impugnata ne ha negato la rilevanza, ai fini dell’esclusione dello stato di abbandono, osservando che l’incertezza in ordine all’efficacia di tale percorso ed ai tempi necessari per il suo completamento, posti anche in relazione con il tempo trascorso, l’avvenuto affidamento del minore ad altra famiglia e l’avversione da lui manifestata nei confronti del padre naturale, risultavano incompatibili con l’interesse del minore al definitivo inserimento in uno stabile e consolidato contesto familiare che, alla stregua del predetto accertamento, non merita censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso la sussistenza di una causa di forza maggiore di carattere transitorio, tale da impedire la dichiarazione di adottabilità, nonostante l’incapacità dei genitori di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità, risultando tale conclusione conforme all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, al predetto fine, occorre una situazione inidonea, per la sua durata, a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, implicando un accertamento di fatto, è rimessa in via esclusiva al giudice di merito cfr. Cass., Sez. I, 28/04/2008, n. 10809 28/03/2002, n. 4503 4/05/2000, n. 5580 che con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza o del procedimento, per violazione dell’art. 13 della legge n. 184 del 1983, non essendosi provveduto, nel giudizio di primo grado, alla convocazione dei genitori e dei parenti, previe ricerche a mezzo degli organi di pubblica sicurezza che il motivo è inammissibile, riflettendo una questione di carattere processuale, avente ad oggetto una violazione verificatasi nel corso del giudizio di primo grado, che non risulta esaminata nella sentenza impugnata, e non può quindi essere sollevata in questa sede, non essendo stato dedotto che il predetto vizio sia stato fatto valere con il ricorso in appello che infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte, nel giudizio per la dichiarazione dello stato di adottabilità la deducibilità o la rilevabilità d’ufficio, in sede d’impugnazione, della nullità del procedimento per inosservanza dell’art. 12 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui fa obbligo di convocare i parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, non si sottrae alle regole generali sulle impugnazioni ed alla preclusione derivante dal giudicato interno, con la conseguenza che, quando sia intervenuta nel corso del giudizio una sentenza che abbia negato espressamente o implicitamente quell’obbligo, la successiva declaratoria dell’indicata nullità trova ostacolo nella mancata proposizione dell’impugnazione avverso l’accertamento negativo contenuto nella pronuncia medesima cfr. Cass., Sez. I, 4/04/2008, n. 8714 2/08/2002, n. 11572 che con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 14 della legge n. 184 del 1983, anche in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare la relazione predisposta dalla psicologa della Comunità presso la quale egli era ricoverato, della quale era stato autorizzato il deposito, nonché di disporre una c.t.u. per l’accertamento della capacità genitoriale di esso ricorrente e delle attuali condizioni del minore, anche al fine di valutare la genuinità delle dichiarazioni da quest’ultimo rese nel corso dell’audizione che nella parte riguardante l’omessa valutazione della relazione depositata, il motivo è infondato, avendo la Corte distrettuale richiamato espressamente il predetto elaborato, ma avendo escluso l’idoneità delle relative risultanze a giustificare l’affermazione dell’insussistenza dello stato di abbandono del minore, in considerazione della già menzionata incertezza in ordine alla durata ed all’efficacia del percorso di recupero della capacità genitoriale intrapreso dal ricorrente che nella parte riguardante il mancato espletamento della c.t.u. il motivo è inammissibile, trattandosi di un mezzo istruttorio la cui necessità ed utilità sono rimesse ad una valutazione discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità, purché il giudice dimostri di essere in grado di risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione cfr. Cass., Sez. I, 23/03/2017, n. 7472 1/09/2015, n. 17399 Cass., Sez. II, 3/01/2011, n. 72 che l’omesso esame di elementi istruttori non può d’altronde essere fatto valere in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, quando, come nella specie, il fatto storico risultante dagli elementi asseritamente trascurati sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie cfr. Cass., Sez. lav., 9/07/2015, n. 14324 Cass., Sez. VI, 1/07/ 2015, n. 13448 10/02/2015, n. 2498 che con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 15, lett. b e c , della legge n. 184 del 1983, anche in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare i verbali del giudizio di primo grado, da cui emergeva il consenso da lui prestato in via subordinata all’adozione di cui all’art. 44, lett. d , della legge n. 184 cit., al fine di non perdere la possibilità di riavvicinarsi al figlio, dopo aver intrapreso un serio percorso di sostegno alla genitorialità che il motivo è infondato, avendo la Corte distrettuale espressamente dato atto del consenso prestato dal ricorrente alla c.d. adozione mite, ma avendo escluso la sussistenza dei relativi presupposti costituiti, secondo un orientamento diffuso nella giurisprudenza di merito, dall’inidoneità parziale ma permanente della famiglia di origine a garantire il pieno ed adeguato sviluppo della personalità del minore, cui facciano riscontro la capacità della stessa di svolgere comunque un ruolo attivo e positivo, tale da escludere lo stato di abbandono, ed il prolungato affidamento del minore ad altro nucleo familiare , in virtù dell’accertata situazione di grave disagio psico-fisico del minore e della perdurante incapacità genitoriale del ricorrente che con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 429 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di motivare in ordine alle conclusioni dal Procuratore generale, che aveva chiesto la concessione di un ragionevole periodo di tempo per ulteriori valutazioni in ordine alla capacità genitoriale che il motivo è infondato, in quanto, pur senza fare specifico riferimento alla richiesta del Pubblico Ministero, la Corte distrettuale ha ampiamente illustrato le ragioni per cui ha ritenuto inopportuno qualsiasi ulteriore differimento della decisione, mediante la sottolineatura del lungo periodo di tempo trascorso dall’allontanamento del minore dalla famiglia naturale e dell’interesse dello stesso al definitivo inserimento in uno stabile e consolidato contesto familiare che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degl’intimati che, trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228. P.Q.M. rigetta il ricorso. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.