L’assegno di mantenimento non è un credito certo, liquido ed esigibile: impossibile opporlo in compensazione

Il credito derivante dal contributo al mantenimento dovuto dall’ex marito, avendo carattere sostanzialmente alimentare , non è disponibile e di conseguenza non può neppure essere opposto in compensazione con un altro credito per il quale l’ex moglie risulta debitrice.

Così la Cassazione con ordinanza n. 11689/18, depositata il 14 maggio. Il caso. La vicenda oggetto di ricorso per cassazione traeva origine dalla decisione del Tribunale di Cassino il quale rigettava l’opposizione dell’odierna ricorrente contro un precetto, relativo al pagamento di spese di lite notificatogli. La ricorrente opponeva in controcredito alcuni ratei per il mantenimento suo e delle figlie. Secondo il Tribunale il credito dell’opponente era precedente alla formazione giudiziale del titolo vantato nel precetto e, pertanto, non poteva essere fatto valere. La Corte d’Appello confermava il rigetto dell’opposizione, ma con una motivazione differente. I Giudici di secondo grado ritenevano che il credito in compensazione non fosse né certo né liquido né esigibile , in quanto derivava dal mancato pagamento di assegni di mantenimento da parte dell’ex coniuge dovuto sia alla stessa ricorrente che alle figlie. Secondo la Corte territoriale la ricorrente avrebbe dovuto opporre in compensazione un credito esclusivamente proprio. Credito non compensabile. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce l’erronea decisione dei Giudici di merito per aver ritenuto non opponibile in compensazione il credito perché non certo, in quanto la somma dovuta dalla stessa in base al titolo di precetto sarebbe correttamente confluita nelle somme dovute dall’ex marito per lei e per le figlie. Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il motivo di ricorso. Infatti il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti , essendo un credito né disponibile né rinunciabile. Inoltre, osservano i Giudici di Cassazione, la Corte territoriale ha accertato, con una valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità che il credito che si voleva opporre non fosse né certo, né liquido né esigibile per il fatto che non fosse chiaro quanto mantenimento fosse correlato esclusivamente alla ricorrente e quanto fosse riservato ai figli. In conclusione la Corte ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 7 marzo – 14 maggio 2018, n. 11689 Presidente Amendola – Relatore Rubino Ragioni in fatto e in diritto della decisione C.M. propone due motivi di ricorso per cassazione illustrati da memoria avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 785 del 2017, depositata il 2.2.2017. L’intimato M.M. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Questa la vicenda, per quanto qui ancora interessa. il M. notificava alla ricorrente un precetto, relativo al pagamento di spese di lite la C. proponeva opposizione, opponendo in controcredito alcuni ratei per il mantenimento suo e delle figlie, non corrisposti dal M. . Il Tribunale di Cassino rigettava l’opposizione, ritenendo che il credito della C. fosse precedente alla formazione giudiziale del titolo vantato del M. , e che pertanto in quella sede dovesse essere fatto valere. La Corte d’Appello confermava il rigetto della opposizione, sebbene sulla base di una diversa motivazione. Riteneva che il credito opposto in compensazione dalla C. non fosse né certo né liquido né esigibile, in quanto la ricorrente opponeva in compensazione il credito derivante dal mancato pagamento, da parte dell’ex coniuge, di alcuni ratei dell’assegno di mantenimento cumulativamente dovuto sia per la C. che per le due figlie, mentre avrebbe potuto opporre in compensazione solo un credito proprio, e che non fosse neppure chiaro come imputare il pagamento parziale fatto dall’ex marito. Con il primo motivo, la ricorrente si limita ad asserire, senza neppure provare ad argomentare, che la decisione del giudice di merito sul punto sia priva di una logica motivazione. Ridotto ad una mera affermazione, il motivo è inammissibile. Con il secondo motivo indica la violazione degli artt. 156, 155 e 337 ter c.c. laddove la corte di merito ha affermato che il suo controcredito non fosse opponibile in compensazione al credito vantato dall’ex marito perché non certo, in quanto nella somma della quale ella si dichiarava debitrice sarebbero confluite somme dovute dal M. alla C. e somme da questi dovute alle figlie. Sostiene la ricorrente che avrebbe errato il giudice di merito nel ritenere incerto l’importo effettivamente dovuto, in quanto della somma complessiva sarebbero state creditrici, senza che la C. precisasse gli importi, sia la ricorrente che le figlie. Sostiene che sia che il credito relativo al contributo al mantenimento, fosse dovuto al mantenimento proprio sia che fosse dovuto a quello delle figlie, era comunque un credito proprio, e come tale compensabile, a prescindere dall’ammontare del contributo per le figlie. Il motivo è infondato. La ricorrente non tiene conto del fatto che il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti Cass. n. 23569 del 2016 . Il credito per il contributo al mantenimento, non essendo disponibile né rinunciabile, non era neppure compensabile. A ciò si aggiunga che la corte di appello ha escluso, con accertamento in fatto non in questa sede rinnovabile, che il credito che la C. intendeva opporre in compensazione fosse certo, liquido ed esigibile, atteso che non risultava chiaro né quanta parte dell’assegno fosse correlata al mantenimento della ricorrente e quanta al mantenimento delle figli, né a quali importi imputare gli acconti versati dall’ex marito. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.