Il coniuge assegnatario dell’immobile è tenuto al pagamento delle spese relative all’abitazione

L’assegnazione della casa coniugale non esonera il coniuge assegnatario dal pagamento delle spese correlate all’abitazione, ivi comprese quelle che riguardano l’utilizzazione delle cose comuni poste a servizio dell’abitazione familiare .

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 10927/18, depositata il 7 maggio. Il caso. Il Giudice di Pace di Palermo dichiarava che il debito tributario relativo alla TARSU gravasse in via solidale tra i coniugi per il periodo precedente alla separazione e che per il periodo successivo gravasse invece sulla coniuge assegnataria ed utilizzatrice dell’abitazione. Parallelamente, il Giudice compensava il credito TARSU del coniuge con il maggior credito vantato dalla consorte derivante dalle spese sostenute per le utenze domestiche, condannando il primo al pagamento della differenza. Il Tribunale di Palermo rideterminava in diminuzione l’importo dovuto dal marito. Avverso la sentenza del Tribunale il consorte ricorre per cassazione denunciando come il Tribunale avesse errato nel disporre la compensazione tra quanto da questi corrisposto, a titolo di TARSU, nel periodo successivo all’assegnazione dell’abitazione coniugale ed il credito relativo alle somme impiegate dalla coniuge per spese e utenze domestiche. Assegnazione della casa e spese. Il Supremo Collegio precisa che l’assegnazione della casa coniugale esonera l’assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone, cui sarebbe tenuto nei confronti del proprietario esclusivo o, in parte qua , del comproprietario dell’immobile assegnato, sicché la gratuità dell’assegnazione dell’abitazione ad uno dei coniugi si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima , non estendendosi invece alle spese correlate a detto uso ivi comprese quelle che riguardano l’utilizzazione e la manutenzione delle cose comuni poste a servizio dell’abitazione familiare , le quali sono, di regola, a carico del coniuge assegnatario . Relativamente alle spese per le utenze domestiche, la Suprema Corte ribadisce che, nella fase precedente alla separazione, non sussiste il diritto al rimborso delle spese sostenute da un coniuge nei confronti dell’altro coniuge, in quanto effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c. . Ciò posto, i Giudici di legittimità evidenziano come il Giudice di merito si sia discostato dagli orientamenti espressi e, pertanto, in accoglimento del ricorso, cassano la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 22 marzo – 7 maggio 2018, n. 10927 Presidente Genovese – Relatore Lamorgese Fatti di causa Con atto di citazione notificato il 30 settembre 2013, P.C. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Palermo, la moglie separata, D.F.A. , verso la quale chiedeva di rivalersi per la Tarsu del 2012 che egli aveva corrisposto integralmente, mentre tenuta a corrisponderla era la D.F. per l’intera quota dell’imposta relativa a periodo successivo all’assegnazione della casa coniugale di cui era comproprietaria. La D.F. , costituitasi in giudizio, proponeva domanda riconvenzionale per far dichiarare il P. debitore delle somme da essa corrisposte per le utenze familiari relative all’abitazione coniugale, in relazione alle quali eccepiva la compensazione con il credito da lui azionato. Il Giudice di Pace riteneva che le parti fossero tenute a pagare il debito tributario in via solidale per il periodo precedente alla separazione e che la D.F. fosse unica obbligata per il periodo successivo, in quanto assegnataria ed unica utilizzatrice dell’abitazione tuttavia, dichiarava il credito Tarsu vantato dal P. compensato con il maggior credito vantato dalla D.F. a titolo restitutorio per le spese da lei sostenute per le utenze domestiche e lo condannava a pagare la differenza. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 19 ottobre 2016, ha rideterminato in diminuzione l’importo dovuto dal P. Euro 641,61 come differenza tra quanto dovuto alla D.F. per la metà delle spese relative alle utenze domestiche e quanto dovuto al P. a titolo restitutorio della Tarsu. Avverso la predetta sentenza, il P. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dalla D.F. con controricorso e memoria. Motivi della decisione Con un unico motivo ex art. 360 n. 3 c.p.c. il P. ha imputato al Tribunale di avere disposto la compensazione del suo credito restitutorio per le quote di Tarsu, da lui corrisposte nel periodo successivo all’assegnazione dell’abitazione coniugale, nel quale il debito gravava invece sul coniuge assegnatario, con un insussistente credito restitutorio della D.F. , in relazione alle somme da lei spese per le utenze domestiche dell’abitazione coniugale. Il motivo è fondato per le ragioni che si illustreranno di seguito, dopo avere precisato che l’assegnazione della casa coniugale esonera l’assegnatario esclusivamente dal pagamento del canone, cui altrimenti sarebbe tenuto nei confronti del proprietario esclusivo o, in parte qua, del comproprietario dell’immobile assegnato, sicché la gratuità dell’assegnazione dell’abitazione ad uno dei coniugi si riferisce solo all’uso dell’abitazione medesima per la quale, appunto, non deve versarsi corrispettivo , ma non si estende alle spese correlate a detto uso ivi comprese quelle che riguardano l’utilizzazione e la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare , le quali sono, di regola, a carico del coniuge assegnatario Cass. n. 18476/2005 . In tal senso la sentenza impugnata è condivisibile. Con riguardo invece alle spese per le utenze domestiche nella fase precedente alla separazione, non sussiste il diritto al rimborso delle spese sostenute da un coniuge nei confronti dell’altro coniuge, in quanto effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c. Cass. n. 10942/2015, n. 18749/2004 . Da questo principio di diritto la sentenza impugnata si è ingiustificatamente discostata, dovendosi ribadire che nel periodo di convivenza matrimoniale entrambi i coniugi contribuiscono alle esigenze della famiglia, ed anche dei figli, in una misura che verosimilmente corrisponde alle possibilità di ciascuno, coerentemente con quanto previsto dall’art. 316 bis, comma 1, c.c Le pronunce richiamate nella memoria D.F. , prevedendo che il coniuge che abbia integralmente adempiuto l’obbligo di mantenimento dei figli, pure per la quota facente carico all’altro coniuge, sia legittimato ad agire iure proprio nei confronti di quest’ultimo per il rimborso Cass. n. 6819/2017, n. 27653/2011 , non si riferisce al caso - come quello in esame - in cui le spese siano state sostenute da entrambi i coniugi per la famiglia e, quindi, anche per i figli, senza possibilità di distinguere tra quelle destinate all’una e agli altri. Il contenzioso postconiugale riguarda gli assetti patrimoniali successivi alla separazione e al divorzio, ma non è un’occasione per rimettere in discussione tutte le voci di spesa sostenute da ciascun coniuge, seppure per i figli, durante il rapporto matrimoniale. La censura riguardante il governo delle spese di entrambi i gradi di merito è assorbita. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio al Tribunale di Palermo, che dovrà fare applicazione dei predetti principi nella concreta fattispecie e provvedere sulle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.