Il decesso del coniuge debitore, in corso di giudizio di separazione o divorzile, fa cessare la materia del contendere

E’ la vicenda di un personaggio famoso che permette agli Ermellini di affrontare la questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale, afferente alle sorti del giudizio in caso di decesso di una delle parti, anche se la sentenza dichiarativa del divorzio è passata in giudicato prima della morte del coniuge nei cui confronti era stato richiesto l'assegno.

Una sentenza di divorzio passata in giudicato, le domande accessorie rimaste da definire, un assegno di mantenimento annuale alla ex coniuge di € 75.000,00 e l’effetto sorpresa della pronuncia della Cassazione. Una controversia che rappresenta l’esempio tipico del fatto che ‘anche i ricchi piangono’ ma che ha dato modo agli Ermellini sentenza n. 4092/2018, depositata il 20 febbraio di affrontare una questione controversa, che è stato oggetto di contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte e che, nello specifico, riguarda le sorti del giudizio di separazione oppure di divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento, la morte di una parte e se, dunque, un intervento simile determini la cessazione della materia del contendere. Gli orientamenti contrapposti. Osserva la Suprema Corte che una prima linea giurisprudenziale, che pure riconosce come il diritto al mantenimento abbia una natura patrimoniale speciale, perché è indisponibile ed incedibile, nonché un carattere strettamente personale, tuttavia, ritiene che la morte del soggetto obbligato, avvenuta nelle more del giudizio, non determini la cessazione della materia del contendere. Tanto in quanto, permarrebbe l'interesse della parte richiedente l'assegno al credito avente ad oggetto le rate scadute anteriormente alla data del decesso stesso. Credito che, dunque, risulterebbe trasmissibile nei confronti degli eredi del de cuius . Pertanto, il requisito della intrasmissibilità dell'obbligo di corresponsione dell'assegno divorzile non troverebbe applicazione, una volta proposta la domanda giudiziale, per il periodo successivo all'inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell'ex coniuge obbligato, periodo nel quale permarrebbe l'interesse della parte richiedente l'assegno alla definitiva regolamentazione del proprio diritto. Ma - osserva la Suprema Corte - più di recente si è affermata una giurisprudenza di segno opposto che ha rinnovato un filone di pronunce risalenti e conformi. Secondo tale indirizzo si deve rilevare che l'art. 149 c.c. prevede che il matrimonio si scioglie in conseguenza della morte di uno dei coniugi e che tale evento non solo deve considerarsi preclusivo della dichiarazione di separazione e di divorzio ma ha anche l'effetto di travolgere ogni pronuncia accessoria alla separazione e al divorzio, emessi in precedenza e non ancora passata in giudicato. Come noto, la legge n. 898/1970 prevede che, nel caso in cui il Tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudizio può continuare per la decisione relativa all' an e al quantum dell’assegno. Nel caso de quo il Tribunale si è già pronunciato sullo status delle parti dichiarando lo scioglimento del matrimonio e tale pronuncia ormai è passata in giudicato. Pertanto, la questione controversa si pone con specifico riferimento, nel caso di specie, alla possibilità di applicare per estensione al giudizio relativo alla determinazione dell'assegno lo stesso principio riferibile al giudizio di separazione e divorzio in tema di dichiarazione sullo status e, dunque, dichiarare cessata la materia del contendere sulle domande accessorie al divorzio nonostante la sentenza dichiarativa del divorzio sia passata in giudicato prima della morte del coniuge nei cui confronti era stato richiesto l'assegno. Il decisus. Gli Ermellini ritengono di aderire proprio a quest'ultimo indirizzo perché appare più coerente al presupposto indiscusso secondo cui la morte del coniuge, in pendenza del giudizio di separazione o di divorzio, anche nella fase di legittimità davanti alla Suprema Corte, fa cessare il rapporto coniugale e la stessa materia del contendere sia sul giudizio relativo allo status che su quello relativo alle domande accessorie. Questo principio deve estendersi anche alle domande accessorie che sono ‘autonomamente’ sub judice al momento della morte del coniuge nei cui confronti viene richiesto l'assegno. Infatti, se è vero che la pronuncia del divorzio, con sentenza non definitiva, non è più tangibile per effetto del suo passato in giudicato, la pendenza del giudizio sulle domande accessorie, al momento della morte, non può costituire una causa di scissione del carattere unitario proprio del giudizio di divorzio. Se la pronuncia non definitiva sullo status si legittima nell'ottica di un’attribuzione non procrastinabile dello status di divorziato ai fini della riacquisizione della libera determinazione delle scelte personali degli ex coniugi connessa alla fine dello status derivante dal matrimonio , è nello stesso tempo indiscutibile che solo ragioni di complessità istruttoria giustificano la pronuncia differita sulle domande accessorie. A ciò si aggiunge che l'obbligo di contribuire al mantenimento dell'ex coniuge è personalissimo e non trasmissibile proprio perché si tratta di una posizione debitoria inscindibilmente legata ad uno status personale e che conserva questa connotazione personalissima perché può essere accertata solo in relazione all'esistenza della persona a cui lo status personale si riferisce. Ciò comporta che, per un verso, deve ritenersi improseguibile nei confronti degli eredi del coniuge l'azione intrapresa per il riconoscimento del diritto dell'assegno divorzile e, per altro verso, comporta che gli eredi del coniuge obbligato non possono subentrare nella sua stessa posizione processuale al fine di far accertare la insussistenza dell'obbligo del deceduto di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi. Per tutte queste ragioni, alla fine, dopo tanta guerra la Suprema Corte dichiara la cessazione della materia del contendere.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 febbraio 2017 – 20 febbraio 2018, n. 4092 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con ricorso depositato, presso il Tribunale di Latina, il omissis D.G. , detto P. , ha chiesto lo scioglimento del matrimonio, contratto nel , con G.A. . 2. Il Tribunale di Latina, con sentenza non definitiva del 30 agosto 1999, ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio. La decisione è stata impugnata dalla G. e il giudizio sulle altre domande è rimasto sospeso sino al passaggio in giudicato della dichiarazione di scioglimento del matrimonio conseguente alla decisione della Corte di Cassazione del 5 agosto 2003. 3. Con sentenza definitiva, depositata in data 18 luglio 2011, il Tribunale di Latina ha stabilito la corresponsione di un assegno annuo, a favore della G. , di 75.000 Euro, ritenendo invece cessato l’obbligo di mantenimento nei confronti dei figli. 4. Ha proposto appello il D. il quale si è lamentato del fatto che il Giudice di prime cure, nella determinazione dell’importo dell’assegno divorzile, non avesse preso in considerazione circostanze quali l’esistenza di un nuovo nucleo familiare, composto anche da tre figli minorenni, il decremento della redditività della sua attività artistica di musicista e i suoi problemi di salute. 5. La G. ha proposto appello incidentale chiedendo la rideterminazione in aumento dell’assegno divorzile e il ripristino del mantenimento a favore dei figli facendo rilevare che solo il figlio Alessandro aveva raggiunto l’indipendenza economica nel gennaio 2002 mentre era rimasta la condizione di dipendenza della figlia. 6. Con sentenza depositata in data 3 marzo 2014 la Corte d’Appello di Roma ha respinto entrambi gli appelli, ha confermato l’importo dell’assegno divorzile annuo in 75.000 Euro e la sua decorrenza a far data dalla decisione di primo grado 18 luglio 2011 , rilevando che, pur avendo il D. provato una riduzione dei proventi della sua attività artistica, aveva nello stesso tempo intrapreso una nuova attività imprenditoriale, consistente nell’apertura di un resort turistico, e dato vita, nel 2010, alla società omissis , destinata allo svolgimento di tale attività, oltre ad aver goduto ed essere titolare di un consistente patrimonio immobiliare. 7. Ha proposto ricorso per cassazione il D. affidandosi a tre motivi di ricorso. 8. Con il primo motivo e il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma 6 della legge 898/1970 e dell’art. 2697 c.c. In particolare con il primo motivo il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello abbia riconosciuto il diritto della G. all’assegno divorzile in mancanza di un esame relativo al tenore di vita in costanza di matrimonio, limitandosi a fare riferimento ad una situazione di sicuro benessere ma omettendo la comparazione tra la condizione economica dei coniugi in corso di matrimonio e quella attuale della richiedente, non considerando infine le capacità lavorative della G. tenuto conto dell’omessa prova da parte della ex coniuge e dell’oggettiva impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio. 9. Con il secondo motivo il ricorrente contesta la determinazione in concreto dell’assegno divorzile, rilevando che, in sede di quantificazione, la Corte d’Appello non ha correttamente applicato i criteri indicati dall’art. 5 della legge sul divorzio che, secondo giurisprudenza di questa Corte Cass. Civ S.U. 11492/1990 Cass. civ. sez. I, Sent. n. 7990/1996 , possono agire come fattori di moderazione o diminuzione della somma considerabile in astratto. Il ricorrente si duole in particolare del fatto che il Giudice di seconda istanza abbia omesso di considerare la riduzione dei suoi redditi, specificamente quelli relativi all’attività artistica e ai diritti d’autore, non abbia preso atto del peggioramento delle sue condizioni di salute e abbia ignorato le spese derivanti dal mantenimento del nuovo nucleo familiare, costituito dalla sua nuova compagna e dai tre figli nati dalla loro unione. 10. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., in quanto è stata omessa dalla Corte di appello qualsiasi motivazione sulla determinazione in concreto dell’assegno divorzile. La Corte d’Appello si è infatti limitata, secondo il ricorrente, a condividere la valutazione effettuata dal giudice di prime cure, senza specificare le ragioni dell’aumento del 240% dell’assegno di mantenimento stabilito e corrisposto in adempimento delle condizioni previste dalla separazione consensuale. Il ricorrente rileva che, seppure l’ammontare dell’assegno di mantenimento determinato in sede di separazione ha diversa natura e carattere rispetto all’assegno di divorzio Cass. Civ., I sez. n. 18433/2010 , tuttavia, esso può essere considerato indice rivelatore del tenore di vita dei coniugi Cass. Civ. sez. I n. 1758/2008 Cass. Civ. sez. I 22500/2006 Cass. Civ. sez. I 3905/2011 . 11. La G. contesta con controricorso le difese del ricorrente e propone ricorso incidentale affidandosi a tre motivi di ricorso cui il D. si oppone con controricorso. 12. Le parti hanno depositato memorie difensive e la controricorrente, all’udienza di discussione, ha presentato note di replica alle conclusioni del P.G., che devono essere dichiarate irricevibili perché predisposte per iscritto prima della stessa udienza e quindi dirette a replicare irritualmente alla memoria difensiva della controparte. 13. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 6 della legge 898/1970 e dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui la sentenza d’appello ha fissato la determinazione concreta dell’assegno in 75.000.00 Euro annui, non tenendo conto in maniera adeguata delle condizioni economiche di entrambe le parti. Rileva la ricorrente incidentale che il D. ha ampliato negli ultimi 18 anni la sua attività anche in altri campi attività manageriale e di produzione musicale, sua e di altri autori , e ha omesso di fare riferimento, nelle dichiarazioni fiscali, ai proventi derivanti dalle sue partecipazioni societarie. 14. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 41 della legge 898/1970, nella parte in cui la Corte d’Appello ha fatto decorrere il versamento dell’assegno divorzile dal deposito della sentenza definitiva sulle statuizioni economiche 18 luglio 2011 e non dal passaggio in giudicato, in data 5 agosto 2003, della sentenza non definitiva sullo scioglimento del vincolo matrimoniale. 15. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 del codice civile e 6 della legge 898/1970, lamentando l’erronea determinazione dell’importo dell’assegno a favore dei figli. 16. Il ricorrente D.G. è deceduto in data omissis , come documentato dal certificato di morte prodotto in uno con la memoria difensiva con la quale si chiede la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, richiesta quest’ultima cui si oppone la G. . Ritenuto che 17. La circostanza da ultimo fatta presente implica l’esame della questione controversa, che è stata oggetto di contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte e che riguarda le sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento, la morte di una parte e se, dunque, un evento simile determini la cessazione della materia del contendere. 18. Una prima linea giurisprudenziale Cass. Civ. I sez. civ. n. 17041 del 3 agosto 2007 n. 9238 del 23 ottobre 1996 , che pure riconosce come il diritto al mantenimento abbia una natura patrimoniale speciale poiché, come previsto dall’art. 447 c.c., è indisponibile e incedibile e ha un carattere strettamente personale, ritiene, tuttavia, che la morte del soggetto obbligato, avvenuta nelle more del giudizio, non determina la cessazione della materia del contendere, permanendo l’interesse della parte richiedente l’assegno al credito avente ad oggetto le rate scadute anteriormente alla data del decesso, credito che risulterebbe trasmissibile nei confronti degli eredi. Pertanto il requisito della intrasmissibilità dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile non troverebbe applicazione, una volta proposta la domanda giudiziale, per il periodo successivo all’inizio del procedimento e fino alla data del decesso dell’ex coniuge obbligato, periodo nel quale permarrebbe l’interesse della parte richiedente l’assegno alla definitiva regolamentazione del suo diritto. 19. Più di recente si è affermata una giurisprudenza di segno opposto che ha rinnovato un filone di pronunce risalenti e conformi. Secondo tale indirizzo va rilevato che l’art. 149 c.c. prevede che il matrimonio si scioglie in conseguenza della morte di uno dei coniugi e che tale evento non solo deve considerarsi preclusivo della dichiarazione di separazione e di divorzio ma ha anche l’effetto di travolgere ogni pronuncia accessoria alla separazione e al divorzio emessa in precedenza e non ancora passata in giudicato Cass. Civ. I sez. n. 18130 del 26 luglio 2013, n. 9689 del 27 aprile 2006 n. 27556 del 20 novembre 2008 cfr. anche Cass. civ. sez. I n. 661 del 29 gennaio 1980 n. 1757 del 18 marzo 1982, n. 740 del 3 febbraio 1990, n. 2944 del 4 aprile 1997 . 20. Come è noto l’art. 4, comma 12 della legge 898/1970 prevede che, nel caso in cui il tribunale emetta sentenza non definitiva relativa alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, il giudizio può continuare per la decisione relativa all’an e al quantum dell’assegno. Nel presente giudizio il Tribunale si è già pronunciato sullo status dichiarando lo scioglimento del matrimonio e tale pronuncia, come si è visto, è ormai passata in giudicato. La questione controversa si pone pertanto, nella specie, con specifico riferimento alla possibilità di applicare, per estensione, al giudizio relativo alla determinazione dell’assegno lo stesso principio riferibile al giudizio di separazione e divorzio in tema di dichiarazione sullo status e dunque dichiarare cessata la materia del contendere sulle domande accessorie al divorzio nonostante la sentenza dichiarativa del divorzio sia passata in giudicato prima della morte del coniuge nei cui confronti era stato richiesto l’assegno. 21. Il Collegio, pur valutando le ragioni sottese al primo indirizzo giurisprudenziale menzionato, ritiene di aderire all’indirizzo contrario e prevalente, cui intende dare continuità, perché esso appare più coerente al presupposto indiscusso secondo cui la morte del coniuge, in pendenza di giudizio di separazione o divorzio, anche nella fase di legittimità davanti a questa Corte, fa cessare il rapporto coniugale e la stessa materia del contendere sia sul giudizio relativo allo status che su quello relativo alle domande accessorie. Tale principio legale deve estendersi anche alle domande accessorie che sono autonomamente sub judice al momento della morte del coniuge nei cui confronti era stato richiesto l’assegno. Infatti se è vero che la pronuncia del divorzio, con sentenza non definitiva, non è più tangibile, per effetto del suo passaggio in giudicato, la pendenza del giudizio sulle domande accessorie al momento della morte non può costituire una causa di scissione del carattere unitario proprio del giudizio di divorzio. Se la pronuncia non definitiva sullo status si legittima nell’ottica di una attribuzione non procrastinabile dello status di divorziato ai fini della riacquisizione della libera determinazione delle scelte personali degli ex coniugi, connessa alla fine dello status derivante dal matrimonio, e in quanto tale status non ha più ragione di perdurare, è nello stesso tempo indiscutibile che solo ragioni di complessità istruttoria giustificano la pronuncia differita sulle domande accessorie. Tali ragioni se non possono costituire il presupposto per una dilazione ingiustificata sulla pronuncia relativa allo status non possono altresì costituire una fonte di deroga al principio per cui l’obbligo di contribuire al mantenimento dell’ex coniuge è personalissimo e non trasmissibile proprio perché si tratta di una posizione debitoria inscindibilmente legata a uno status personale e che conserva questa connotazione personalissima perché può essere accertata solo in relazione all’esistenza della persona cui lo status personale si riferisce. Ciò comporta che, per un verso, deve ritenersi improseguibile, nei confronti degli eredi del coniuge, l’azione intrapresa per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile, e, per altro verso, comporta che gli eredi del coniuge obbligato non possono subentrare nella sua posizione processuale al fine di far accertare la insussistenza del suo obbligo di contribuire al mantenimento e di ottenere la restituzione delle somme versate sulla base di provvedimenti interinali o non definitivi. 22. Va pertanto dichiarata la cessazione della materia del contendere. Il dibattito giurisprudenziale cui si è fatto cenno giustifica la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. La Corte, riconvocatasi in data 3 ottobre 2017, dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese del giudizio di cassazione.