La grave carenza di attenzioni al figlio equivale ad abbandono di minore

Ai sensi della l. n. 184/1983 Diritto del minore ad una famiglia. Adozione e affidamento l’abbandono di minore ricorre nelle ipotesi di mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e tale circostanza diviene un elemento centrale ai fini dell’adottabilità del minore stesso.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 2857/18, depositata il 6 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia, sezione minorenni, in conferma della sentenza del Tribunale per minorenni, dichiarava l’adottabilità di un minore. Avverso la sentenza della Corte distrettuale la madre del minore ricorre per cassazione denunciando la lesione del proprio diritto di difesa in quanto non sarebbe riuscita ad esaminare le relazioni redatte dal servizio sociale, le quali, a suo dire, contenevano valutazioni relative allo stato di abbandono del minore nonché alle condizioni della ricorrente rilevanti ai fini dell’adottabilità. Il diritto di difesa. Il Supremo Collegio rileva che il diritto di difesa della ricorrente non sia stato leso poiché, nonostante alla stessa fosse stato assegnato un difensore di fiducia, il quale aveva dichiarato di non riuscire a mettersi in contatto con l’assistita, dopo diversi mesi la ricorrente si costituiva con un difensore di fiducia. Inoltre, le relazioni menzionate dalla stessa e redatte dal servizio sociale risultavano in realtà inerenti al mero inserimento del minore nella famiglia affidataria e dunque non presentavano rilevanza al fine della valutazione dell’abbandono e della posizione e condizione della madre . L’abbandono ed il recupero genitoriale. La Suprema Corte, passando al profilo inerente l’adottabilità, ribadisce che lo stato di abbandono del minore, ai sensi della l. n. 184/1983 Diritto del minore ad una famiglia. Adozione e affidamento , sussiste in caso di mancanza di assistenza morale e materiale dei genitori, dovendosi altresì considerare quale grave e irreversibile violazione degli obblighi genitoriali di educazione, mantenimento e istruzione. Ad ogni modo, tale irreversibilità va correlata alle esigenze di armonico sviluppo dei minori, e dunque l’eventuale recupero della inadeguatezza genitoriale dovrebbe essere determinato, certo e ragionevolmente non lungo, dovendosi pertanto verificare la concreta possibilità di pregiudizio per il minore, dovuto all’incertezza e alla durata del percorso di eventuale recupero genitoriale . Tuttavia, nel caso di specie, gli operatori del servizio sociale avevano accertato gravi carenze nelle cure ed attenzioni prestate al minore da parte della madre, in considerazione del rifiuto della stessa di effettuare un percorso volto a risolvere le sue problematiche personali, che non riguardavano disturbi di natura psichiatrica o elementi patologici, ma difficoltà e malesseri di natura psicologica, individuate anche a mezzo di appositi test psicologici dei servizi sociali . Pertanto la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 ottobre 2017 – 6 febbraio 2018, n. 2857 Presidente/Relatore Dogliotti Fatto e diritto Con sentenza in data l maggio 2016, la Corte d’Appello di Venezia, Sezione Minorenni, confermava la sentenza del locale Tribunale per Minorenni, che aveva dichiarato l’adottabilità della minore B.C.J. , nata nel . Ricorre per cassazione la madre della minore, B.L. . Resiste con controricorso la tutrice. Vanno innanzitutto considerate le sollevate questioni di carattere processuale. Va precisato che la ricorrente propone questioni già esaminate dal giudice d’appello e rigettate con argomentazioni approfondite e convincenti e nulla in sostanza aggiunge di nuovo al riguardo. Non si ravvisa alcun pregiudizio al diritto di difesa come chiarito dal giudice a quo ed emergente dagli atti, fin dall’apertura del procedimento, la B. fu avvertita della facoltà di nominare un difensore di fiducia e le venne nominato uno d’ufficio. Questi, dopo alcuni mesi, comunicava di non riuscire a mettersi in contatto con l’odierna ricorrente, ma in quel periodo nessun atto o incombente processuale era stato svolto. Successivamente la B. si costituì con proprio difensore di fiducia. Quanto alle relazioni inviate dal Servizio Sociale che la ricorrente non avrebbe potuto esaminare, va osservato che esse riguardavano l’inserimento del minore nella famiglia affidataria, e dunque non presentavano rilevanza al fine della valutazione dell’abbandono e della posizione e condizione della madre. Quanto alla situazione di abbandono, è bensì vero che l’art. 1 L. 184 del 1983 riconosce il diritto del minore a vivere nella propria famiglia,ma l’art. 8 precisa che sussiste abbandono in caso di mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori. L’abbandono si configura come grave e irreversibile violazione degli obblighi dei genitori di educazione, mantenimento ed istruzione dei figli, ai sensi dell’art. 30 Cost. e 147, 315 vis c.c Ma tale irreversibilità va correlata alle esigenze di armonico sviluppo dei minori, e dunque l’eventuale recupero della inadeguatezza genitoriale dovrebbe essere determinato, certo e ragionevolmente non lungo, dovendosi pertanto verificare la concreta possibilità di pregiudizio per il minore dovuto all’incertezza e alla durata del percorso di eventuale recupero genitoriale così la giurisprudenza ampiamente consolidata di questa Corte tra le altre Cass. n. 1837 del 2011 19609 del 2011 . Sostanzialmente in tal senso si configurano i vari documenti internazionali che spesso si richiamano, dalla Convenzione di New York a quella di Strasburgo, alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europe. Va altresì precisato che non contrasta con tale impostazione la decisione della CEDU del 3/10/2015 S.H. - Italia che sottolinea, del tutto condivisibilmente, la necessità che sia stata predisposta un’azione di aiuto e sostegno alla famiglia, di cui essa eventualmente non abbia saputo o potuto approfittare. Nella specie, come precisa il giudice a quo, gli operatori del servizio sociale avevano riscontrato gravi carenze nelle attenzioni e cure prestate dalla B. alla bambina, anche quando erano state ospitate entrambe prima in una, poi in un'altra struttura. La madre rifiutava di effettuare un percorso volto a risolvere le sue problematiche personali, che non riguardavano disturbi di natura psichiatrica o elementi patologici, ma difficoltà e malesseri di natura psicologica, individuate, anche a mezzo di appositi test dagli psicologi dei servizi sociali. È stata giustificata pertanto l’esclusione di una C.T.U.,apparendo la causa completamente istruita sulla base delle relazioni dei Servizi. È appena il caso di precisare che la durata del procedimento, talora riprovevole ma nella specie non vi sono elementi per valutarla , non è idonea comunque a incidere sul contenuto della pronuncia. Va pertanto rigettato il ricorso confermandosi la sentenza della Corte d’Appello. La natura della causa e la posizione delle parti richiedono la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese tra le parti. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.