Dichiarazione di adottabilità del minore e termine per impugnare

Ai sensi dell’art. 17 l. n. 183/1984, la sentenza che dispone in merito all’adottabilità del minore può essere impugnata per cassazione dalle parti interessate entro il termine di 30 giorni decorrente dalla notificazione d’ufficio della sentenza stessa.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28151/17, depositata il 24 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado del Tribunale dei minorenni con cui era stato dichiarato lo stato di adottabilità di una minore per l’inadeguatezza di entrambi i genitori e per la dichiarazione dei nonni materni, a cui era già stata affidata la primogenita della coppia, di non essere in grado di occuparsi di entrambe le nipoti. I genitori hanno impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di legittimità. Tempestività del ricorso. Ai fini della decisione sul ricorso risulta dirimente la preliminare questione relativa all’ammissibilità dell’impugnazione in quanto proposta oltre il termine di 30 giorni dalla data di notificazione della sentenza ex art. 17 l. n. 183/1984 Diritto del minore ad una famiglia . Secondo i ricorrenti, la notifica effettuata dalla cancelleria al loro difensore via PEC doveva considerarsi come mera comunicazione di avvenuto deposito, invocando inoltre la nuova formulazione dell’art. 133 c.p.c. secondo cui tale comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 . Disciplina applicabile. La giurisprudenza di legittimità è ferma nell’affermare che, in tema di adottabilità del minore e, in particolare, di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notifica della sentenza effettuata dalla cancelleria è idonea al decorso del termine di 30 giorni ai fini della proposizione del ricorso per cassazione. Le Sezioni Unite sentenza n. 6985/05 hanno difatti escluso che tale termine possa creare un vulunus al diritto di difesa delle parti interessate. Infine, la sentenza sottolinea la specialità del termine di cui all’art. 17 l. n. 184/1983 rispetto all’art. 325 c.p.c. che dunque deve ritenersi inapplicabile in questo specifico contesto e l’irrilevanza della modalità telematica della notificazione. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 marzo – 24 novembre 2017, n. 28151 Presidente Dogliotti – Relatore Campanile Fatti di causa 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del tribunale per i minorenni di Firenze depositata in data 25 luglio 2014, con la quale era stata dichiarato lo stato di adottabilità della minore V.A. , nata il omissis dalla relazione fra V.G. e S.G. . Costoro erano i genitori anche di un’altra bambina, V.M. , nata il omissis , affidata ai nonni materni. 2. La decisione di primo grado si fondava sulla constatazione di una situazione di disinteresse per la cura delle minori, che erano esposte a gravi rischi a causa dell’inadeguatezza di entrambi i genitori, i quali, per altro, non avevano in alcun modo intrapreso i percorsi riabilitativi proposti dai Servizi sociali. I nonni materni, ai quali era già stata affidata la primogenita, avevano dichiarato di non essere in grado di occuparsi di entrambe le nipotine. 3. La Corte distrettuale, pronunciando sul gravame proposto da entrambi i genitori, ha in primo luogo rigettato l’eccezione del padre circa le ragioni della propria assenza all’udienza del 13 giugno 2014, ritenuta ingiustificata dal Tribunale. È stato poi rilevato che entrambi i genitori erano privi di adeguata capacità genitoriale, in quanto la madre era dedita all’abuso di sostanze alcoliche ed il padre non si era interessato della figlia, mentre non era ipotizzabile un recupero delle capacità genitoriali in un arco di tempo compatibile con l’esigenza di assicurare alla minore una crescita sana. D’altra parte i nonni materni, a prescindere dalla loro età avanzata, avevano dichiarato di non essere in grado di prendersi cura anche della piccola A. . 4. La Corte di appello ha poi ritenuto che non potesse tenersi conto di quanto emerso nell’ambito del procedimento concernente la sorella maggiore M. , nel senso, che, essendo quest’ultima affidata ai servizi sociale e collocata presso una famiglia di , con rapporti sia con i nonni materni che con il padre, era stata segnalata la disponibilità di altra famiglia ad accogliere in affidamento la piccola A. sotto tale profilo è stato rilevato che lo stato di adottabilità di costei era correlato all’impossibilità di formulare un giudizio di prognosi circa il recupero della capacità genitoriale, stenti le gravi carenze psichiche della madre e l’assenza di qualsiasi rapporto fra la stessa e il padre. 5. Si è quindi osservato che la differente storia familiare delle due bambine comportava l’insussistenza di ragioni che imponessero l’adozione di provvedimenti di identico contenuto. 6. Per la cassazione di tale decisione i genitori propongono ricorso, affidato a tre motivi. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 8 e 15 della l. n. 184 del 1983, per non essersi disposto un accertamento, anche mediante consulenza tecnica d’ufficio, in merito all’effettiva capacità genitoriale dei ricorrenti, ovvero ai tempi di recupero di detta funzione, anche alla luce di plurime circostanze emerse nel corso del giudizio di secondo grado. 2. Con il secondo mezzo la violazione delle norme sopra indicate, nonché dell’art. 8 Cedu, viene prospettata in riferimento al diverso trattamento previsto per le due sorelline, essendosi consentito soltanto ad una di esse di mantenere un legame con la propria famiglia, a fronte di uno stato di abbandono dell’altra che, quanto meno rispetto alla figura paterna, avrebbe dovuto essere escluso in relazione alle possibilità di recupero delle capacità genitoriali. 3. La successiva censura riguarda la violazione e la falsa applicazione dell’art. 15, lett. a, della I. n. 183 del 1984, nonché dell’art. 2700 cod. civ., per essersi erroneamente ritenuto che la mancata presenza del padre all’udienza di discussione del 13 giugno 2014 non fosse giustificata. 4. Assume rilievo decisivo e assorbente la questione - adombrata nello stesso ricorso, sia pure al fine di affermarne la tempestività - concernente l’ammissibilità o meno dell’impugnazione, in quanto proposta oltre il termine previsto dall’art. 17 della l. n. 183 del 1984 rispetto alla data di notificazione della sentenza tramite posta elettronica certificata. Sostengono i ricorrenti che la notifica effettuata in data 17 febbraio 2015 all’indirizzo p.e.c. del loro difensore andava considerata come comunicazione di avvenuto deposito della sentenza, come emergeva dal riferimento testuale al deposito sentenza pubblicazione , mentre solo nelle note si specificava che si trattava di notificazione ai sensi dell’art. 17 della l. n. 13 del 1984 osservano ancora che, secondo il testo novellato dell’art. 133 cod. proc. civ., detta comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 . 5. Ritiene la Corte che il vaglio dei suddetti motivi è precluso, in quanto sussiste una questione pregiudiziale di rito, attinente all’inammissibilità del ricorso per tardività dello stesso. 6. Come emerge dall’esame degli atti, consentito dalla natura procedurale della questione, e come, del resto, ammettono gli stessi ricorrenti, il ricorso venne consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la spedizione in data 3 settembre 2015, ben oltre il termine previsto dalla I. 4 maggio 1983, n. 194, art. 17. Tale norma dispone, infatti, che avverso la sentenza emessa in materia di adottabilità del minore, le parti legittimate possono con ricorso proporre impugnazione, entro trenta giorni dalla notifica dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte d’Appello , e al comma 5 che avverso la sentenza della Corte d’Appello è ammesso ricorso per Cassazione per violazione di legge entro trenta giorni dalla notificazione . 7. Questo chiaro dettato normativo è stato interpretato da questa Corte nel senso che ai fini del ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello - sezione minorile - in tema di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notifica di ufficio di detta sentenza, effettuata alla stregua del disposto di cui all’art. 17, comma 3, della richiamata L. n. 184 del 1983, è idonea a far decorrere il termine dimidiato di trenta giorni di cui all’ultimo comma del medesimo art. 17, con la conseguente inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto oltre detto termine Cass., 22 giugno 2012, n. 10486 Cass., 28 febbraio 2006, n. 4396 Cass., 1 marzo 2005, n. 4292 Cass., 1 febbraio 2000, n. 1396 . Tale costante orientamento trova riscontro nella giurisprudenza delle Sezioni unite di questa Corte, le quali, nel confermare che la notifica d’ufficio di detta sentenza effettuata alla stregua del disposto della I. 4 maggio 1983, n. 194, art. 17, comma 3, è idonea a far decorrere il termine dimidiato di trenta giorni di cui all’ultimo comma di detta norma, hanno escluso che tale limitazione temporale al giudizio di legittimità, quali che siano i motivi del ricorso, arrechi alcun apprezzabile vulnus al diritto di difesa delle parti interessate, che sono perciò comunque tenute al suo rispetto Cfr. Cass., Sez. U, 5 aprile 2005, n. 6985 . 8. Il termine per l’impugnazione della sentenza in materia di adottabilità stabilito dall’art. 17 della citata I. n. 184 del 1983, decorrente dalla notificazione d’ufficio prevista dal comma 3 dell’art. 15 della stessa legge, di certo costituisce lex specialis rispetto all’art. 325 cod. proc. civ., ragion per cui deve ritenersi inapplicabile, nel caso di specie, il disposto secondo cui la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ. , di cui all’art. 133 cod. proc. civ., sia nell’originaria formulazione, sia in quella introdotta dall’art. 45, comma 1, lett. b , del di. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, con I. 11 agosto 2014, n. 114. 9. In tal senso, per altro, si è già pronunciata questa Corte in relazione a fattispecie del tutto analoghe. L’art. 348 ter cod. proc. civ., comma 3, dispone quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell’art. 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’art. 327, in quanto compatibile . Al lume del chiaro tenore letterale, tale disposizione è stata interpretata nel senso che la pronuncia della speciale ordinanza di declaratoria di inammissibilità per carenza di ragionevole probabilità di accoglimento comporta l’eccezionale facoltà di proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado, fissando la decorrenza del relativo termine perentorio cd. breve dalla comunicazione dell’ordinanza del giudice di appello, ovvero, ma solo se anteriore, dalla notificazione di essa Cass., 2 luglio 2015, n. 13622 . La sufficienza della comunicazione dell’ordinanza, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare la sentenza di primo grado - nel sistema delineato dall’art. 348 ter cod. proc. civ. - è stata affermata sia con riguardo alla comunicazione in via ordinaria, sia con riferimento a quella a mezzo di p.e.c. Cass., 14 maggio 2014, n. 10723 . Per quanto in questa sede maggiormente rileva, tale decorrenza è stata confermata con ordinanza 11 novembre 2014, n. 23526 anche dopo la citata modifica dell’art. 133 cod. proc. civ. ad opera della novella introdotta dal d.l. n. 90 del 2014, art. 45, affermandosi che la nuova formulazione di detta norma non ha inciso, lasciandole in vigore, sulle norme processuali, derogatorie e speciali che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria Cass. 11 settembre 2015, n. 18024 Cass., Sez. U, 15 dicembre 2015, n. 25208 . 10. A non diverse conclusioni è pervenuta la Sezione Lavoro di questa Corte, in relazione al termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, di cui all’art. 1, comma 62, della L. n. 92 del 2012, il quale decorre dalla semplice comunicazione del provvedimento anche in tal caso si è affermato che, trattandosi di previsione speciale, su tale termine non incide la modifica dell’art. 133, comma 2, cod. proc. civ., nella parte in cui stabilisce che la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ. . 11. Deve per altro rilevarsi che nella specie a differenza di quanto verificatosi nel procedimento conclusosi con sentenza di questa Corte n. 25662 del 4 dicembre 2014, che afferma l’inidoneità della notifica tramite p.e.c. , la notificazione riguarda il testo integrale della decisione della Corte di appello, essendosi per altro in essa precisato, come riconoscono gli stessi ricorrenti, che trattavisi di notificazione ai sensi dell’art. 17 della l. n. 184 del 1983 . 12. Giova da ultimo precisare che nessun rilievo assume la circostanza dell’esecuzione delle notificazione tramite posta elettronica certificata, atteso il chiaro tenore letterale dell’art. 16, comma 4, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella I. 17 dicembre 2012, n. 221. 13. Deve, pertanto, procedersi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza alcuna statuizione in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.