Matrimonio al capolinea: se lei è economicamente autosufficiente, l’assegno va rideterminato

La Corte di Cassazione torna a ribadire il recente orientamento giurisprudenziale in tema di riconoscimento dell’assegno divorzile nella verifica dell’an debeatur il giudice deve accertare che la domanda dell’ex coniuge sia fondata sulla mancanza delle condizioni di indipendenza o autosufficienza economica e non sul mantenimento del precedente tenore di vita.

Così l’ordinanza n. 23602/17 depositata il 9 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello di Palermo, in accoglimento del gravame avverso la sentenza di prime cure, poneva a carico dell’ex marito l’obbligo di versare un assegno divorzile all’ex moglie che, pur svolgendo un’attività lavorativa dipendente ed essendo assegnataria della casa coniugale, non disponeva di redditi sufficienti a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. L’ex marito impugna la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Assegno divorzile an La doglianza trova accoglimento da parte del collegio che torna a sottolineare il recente orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità in tema di verifica delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno divorzile Cass. nn. 11504 e 15481/17 . Secondo l’orientamento avvallato dalla Corte, il giudice del divorzio richiesto dell’assegno divorzile deve in primo luogo valutare l’ an debeatur e dunque verificare se la domanda sia presentata dall’ex coniuge in condizione di mancanza di mezzi adeguati o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive non con riguardo al tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio ma con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica dello stesso. Indici rilevanti in tal senso sono costituiti dal possesso di redditi di qualsiasi specie e/o cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale con riferimento alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo , della disponibilità stabile della casa di abitazione, condizioni il cui onere probatorio grava sull’istante. e quantum. Nella successiva fase del quantum debeatur , il giudice deve dunque tenere in considerazione e valutare tutti i suddetti elementi, anche in rapporto alla durata del matrimonio. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che il divario tra le condizioni economiche delle parti al momento del divorzio ed il peggioramento di quelle dell’ex moglie rispetto alla vita matrimoniale potessero giustificare l’attribuzione dell’assegno, disattendendo così il recente orientamento interpretativo. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello palermitana.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 luglio – 9 ottobre 2017, n. 23602 Presidente Genovese – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d’appello di Palermo, con sentenza 27 agosto 2015, in accoglimento del gravame di L.P.V. , ha posto a carico di A.A. l’obbligo di versare all’ex coniuge un assegno divorzile di Euro 200,00 mensili, avendo ritenuto che la L.P. , benché svolgesse un’attività lavorativa dipendente e le fosse stata assegnata la casa coniugale, non avesse redditi adeguati a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, tenuto conto del divario tra le retribuzioni delle parti e della necessità di riequilibrare le situazioni economiche degli ex coniugi. Avverso questa sentenza A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi la L.P. ha resistito con controricorso e memoria. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, succ. mod., per avere giustificato l’attribuzione dell’assegno divorzile per la presunta necessità di consentire all’ex coniuge di conservare il tenore di vita matrimoniale, mentre la funzione dell’assegno è esclusivamente assistenziale la L.P. aveva mezzi e redditi che le consentivano di vivere un’esistenza autonoma e dignitosa, essendo stata assunta a tempo indeterminato, mentre egli aveva subito un peggioramento delle proprie condizioni economiche. Il motivo è fondato. La sentenza impugnata ha fatto applicazione di un orientamento interpretativo, in tema di verifica delle condizioni legali per l’attribuzione dell’assegno divorzile, che è stato recentemente superato da questa Corte Cass. n. 11504 e n. 15481 del 2017 , la quale ha enunciato il seguente principio il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di cui all’art. 5, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 10 della legge 6 marzo 1987, n. 74, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi a deve verificare, nella fase dell’an debeatur , se la domanda dell’ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge mancanza di mezzi adeguati o, comunque, impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive , non con riguardo ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio , ma con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, desunta dai principali indici - salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie - del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente , della capacità e possibilità effettive di lavoro personale in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo , della stabile disponibilità di una casa di abitazione ciò sulla base delle pertinenti allegazioni deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge b deve tener conto, nella fase del quantum debeatur , di tutti gli elementi indicati dalla norma condizioni dei coniugi , ragioni della decisione , contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune , reddito di entrambi e valutare tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno divorzile, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova. La Corte di merito ha accolto la domanda di assegno divorzile sulla base del mero divario tra le retribuzioni delle parti e della inadeguatezza dello stipendio percepito dalla L.P. se raffrontato alla situazione economica in costanza di matrimonio . Tuttavia, non è il divario tra le condizioni reddituali delle parti al momento del divorzio né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l’assegno rispetto alla situazione o al tenore di vita matrimoniale, che possono giustificare di per sé l’attribuzione dell’assegno, ma la mancanza della indipendenza o autosufficienza economica del coniuge richiedente l’assegno. Infatti, nella fase del giudizio concernente man debeatur con la quale in nessun modo può essere confusa la fase del quantum debeatur , il coniuge richiedente l’assegno, per il principio di autoresponsabilità economica, è tenuto quale persona singola a dimostrare la propria personale condizione di non indipendenza o autosufficienza economica, sulla base degli indici sopra indicati in via orientativa. Alle condizioni reddituali dell’altro coniuge unitamente agli altri elementi, di primario rilievo, indicati dalla norma può aversi riguardo soltanto nell’eventuale fase della quantificazione dell’assegno, alla quale è possibile accedere solo nel caso in cui la fase dell”an debeatur si sia conclusa positivamente per il coniuge richiedente l’assegno. Gli altri due motivi, riguardanti la valutazione del tenore di vita matrimoniale e del rilievo da attribuire all’assegnazione della casa coniugale, sono assorbiti. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, che dovrà fare applicazione dei principi sopra enunciati e provvedere sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.