Casa coniugale occupata dall’ex moglie: è danno in re ipsa

Nell’ipotesi di occupazione sine titulo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene.

Così ha deciso la Suprema Corte con ordinanza n. 20856/17 depositata il 6 settembre. Il caso. La Corte d’Appello confermava la sentenza resa dal Giudice di prime cure con cui il marito veniva condannato a pagare una somma in favore dell’ex moglie a fronte di quanto da lei erogato per la costruzione della casa coniugale. Veniva, per contro, riformata la parte in cui era stata rigettata la domanda di indennizzo proposta dal marito per l’illegittima occupazione dalla casa coniugale da parte della moglie. Per tale motivo l’interessata decide di ricorrere per cassazione. Occupazione casa coniugale. Relativamente al danno da occupazione illegittima di un immobile gli Ermellini affermano che, secondo il più recente e condivisibile orientamento di legittimità, nell’ipotesi di occupazione sine titulo ” di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa ”, purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene . In tal senso, non viene meno l’onere per il marito di allegare, e di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il pregiudizio. Nella fattispecie, essendo la doglianza infondata, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 18 maggio – 6 settembre 2017, n. 20856 Presidente Amendola – Relatore Sestini Rilevato in fatto che la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado nella parte in cui aveva condannato il M. a pagare alla V. la somma di 60.000 franchi svizzeri oltre interessi a fronte dell’importo erogato dalla seconda al primo per la costruzione - su un terreno di proprietà del M. e del fratello - del fabbricato successivamente adibito a casa coniugale , mentre l’ha riformata nella parte in cui aveva rigettato la domanda di indennizzo avanzata dal M. per l’occupazione della ex casa coniugale da parte della medesima V. su questo secondo punto, la Corte ha ritenuto che il danno fosse in re ipsa con decorrenza dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione, che aveva definitivamente escluso il diritto della moglie all’assegnazione della casa coniugale , fatta salva la necessità di liquidare il risarcimento dovuto in separato giudizio ha proposto ricorso per cassazione la V. , affidandosi a due motivi che denunciano – rispettivamente - la violazione e/o falsa applicazione egli artt. 1277 e 1813 cod. civ. e la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1591, 1223 e 2056 cod. civ. ha resistito, con controricorso, F.B.M.C. , in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale sulla minore M.M.A. , entrambe eredi di M.G. . Considerato in diritto che il primo motivo è inammissibile, in quanto non individua specifiche violazioni in iure relative alle norme richiamate, ma contesta la ricostruzione della vicenda della dazione della somma di 60.000 franchi svizzeri in termini di mutuo, sulla base di considerazioni che - senza denunciare violazioni di canoni ermeneutici o l’omesso esame di fatti decisivi - mirano a sostituire all’apprezzamento compiuto dalla Corte quello diverso proposto dalla ricorrente, così sollecitando la Corte ad una non consentita rivalutazione del fatto il secondo motivo - che censura la sentenza nella parte in cui ha affermato che il danno da occupazione illegittima di un immobile è in re ipsa e che richiama la giurisprudenza di legittimità di segno contrario - è infondato se si considera che l’affermazione della Corte si sostanzia nel richiamo a Cass. n. 20823/2015 e che tale pronuncia precisa come l’esistenza del danno sia comunque oggetto di una presunzione iuris tantum, superabile con prova contraria ciò è conforme al più recente e condivisibile orientamento di legittimità secondo cui nella ipotesi di occupazione sine titulo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa , purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene, senza comunque far venir meno l’onere per l’attore quanto meno di allegare, e anche di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione Cass. n. 25898/2016 il ricorso va pertanto rigettato le spese di lite seguono la soccombenza atteso che la ricorrente è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 cfr. Cass. n. 18523/2014 . P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Motivazione semplificata.