Lavoro precario, ma l’auto nuova lo inchioda: mantenimento alla moglie

Respinta la richiesta presentata dall’uomo, finalizzata a una revisione delle condizioni di separazione. Egli dovrà continuare a versare 300 euro al mese all’ex consorte.

Perso il proprio impiego da lavoratore dipendente. Questo momento di crisi, però, non è sufficiente per consentire al marito di vedere azzerato l’obbligo di versare mensilmente un assegno da 300 euro all’ex moglie. A inchiodarlo la corposa spesa sostenuta per l’acquisto di un’automobile nuova Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 17862/17, depositata oggi . Lavoro. Sconfitto in modo netto sia in Tribunale che in Appello, l’uomo si gioca l’ultima carta, il ricorso in Cassazione, per provare a ottenere la revisione delle condizioni di separazione dalla moglie. Egli contesta l’assegno di 300 euro mensili che è obbligato a versare alla donna, ponendo in evidenza il fatto di avere perso l’impiego quale lavoratore dipendente e di essere tenuto a provvedere anche alle esigenze di due figlie nate da un precedente matrimonio . Il quadro tracciato però non è decisivo, secondo i giudici della Cassazione. A loro parere, difatti, l’uomo dovrà continuare a fornire il proprio contributo al mantenimento della moglie separata , che peraltro gode di redditi esigui e deve anche provvedere al mantenimento di un figlio nato da una precedente relazione . Spesa. A inchiodare il marito è soprattutto un acquisto. Egli ha contratto un prestito – per una cifra pari a quasi 23mila euro – per poter comprare un’autovettura nuova , e, osservano i giudici, ha compiuto questa operazione quando era a conoscenza della precarietà del proprio lavoro . Logico dedurne, sempre secondo i giudici, che avesse coscienza di poter contare su redditi ulteriori oltre quelli derivanti dal suo impiego precario quale dipendente . Per chiudere il cerchio, infine, viene anche rilevato che l’uomo provvede a mantenere agli studi due figlie, nate da un precedente matrimonio e non ha mai neanche fatto balenare l’ipotesi di contributi da estranei .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 aprile – 19 luglio 2017,n. 17862 Presidente/Relatore Dogliotti Fatto e Diritto Contesta il ricorrente, con il primo motivo d'impugnazione, la mancata attivazione da parte del giudice del proprio potere di disporre indagini tributarie nel corso del giudizio di separazione . Si tratta, come riferito dal ricorrente, di una separazione consensuale. La Suprema Corte ha comunque chiarito che in tema di determinazione dell'assegno di mantenimento, l'esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, che costituisce una deroga alle regole generali sull'onere della prova, rientra nella discrezionalità del giudice di merito l'eventuale omissione di motivazione sul diniego di esercizio del relativo potere, pertanto, non è censurabile in sede di legittimità, ove, sia pure per implicito, tale diniego sia logicamente correlabile ad una valutazione sulla superfluità dell'iniziativa per ritenuta sufficienza dei dati istruttori acquisiti Cass. 16575/08, cfr. anche Cass. 2098/11 . Le indagini di polizia tributaria, infatti, non sono l'unico strumento a disposizione del giudice per valutare le condizioni economiche delle parti, e la Corte d'Appello ha compiutamente motivato le ragioni della valutazione effettuata. Ha rilevato la Corte di merito, tra l'altro, che il Po. ha contratto nel 2009 - quando è documentalmente provato che conoscesse la precarietà del proprio impiego -un prestito per l'acquisto di un'autovettura nuova per complessivi Euro 22.919,16, ponendo in essere una condotta che non avrebbe tenuto se non avesse avuto la coscienza di poter contare su redditi ulteriori oltre quelli derivanti dal suo impiego precario quale dipendente. La Corte territoriale ha pure rilevato che il Po. provvede a mantenere agli studi due figlie nate da precedente matrimonio, e non ha neppure allegato di ricevere contributi da estranei. Inoltre, l'assegno mensile di Euro 300,00, concordato tra le parti in sede di separazione, quando il Po. già conosceva la precarietà del proprio impiego quale dipendente, appare quantificato in misura contenuta, e si risolve in un modesto contributo al mantenimento della moglie separata. Quest'ultima gode di redditi che lo stesso ricorrente indica come molto esigui, ed è gravata anche dall'esigenza di provvedere al mantenimento di un figlio nato da precedente relazione. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente critica l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ossia la titolarità di reddito per svolgimento di attività lavorativa da parte della moglie separata resistente. All'evidenza, la Corte di merito ha tenuto conto implicitamente del documento Inps che indica una attività limitata nel 2011 e per due settimane nel 2012, come chiarisce lo stesso ricorrente. Non si ravvisano violazioni di legge, in ordine alle quali le censure sono peraltro proposte in modo inadeguato. In sostanza il ricorrente, pur invocando anche la violazione di norme di diritto, propone essenzialmente contestazioni in ordine a profili e situazioni di fatto, per larga parte insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una decisione impugnata che appare invece caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. Il ricorso appare pertanto manifestamente infondato. Nulla sulle spese, non essendosi costituita la controparte. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Omettere dati anagrafici e identificativi.