Interpretazione delle condizioni di separazione: inammissibile richiedere in Cassazione la rinnovazione dell’attività ermeneutica del Giudice

L’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto di competenza del giudice di merito.

I fatti di causa. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda proposta dalla moglie di condanna del marito al pagamento di una somma a titolo di rimborso del 50% delle spese straordinarie dalla medesima anticipate per l’intero per la figlia minore nonché la condanna del marito al risarcimento dei danni per la mancata consegna degli arredi presenti nella casa coniugale. La Corte d’Appello adita dal marito, con riferimento al risarcimento per la mancata consegna dei mobili, confermava la sentenza di primo grado. Condizioni della separazione consensuale. L’uomo, condannato anche in secondo grado a risarcire la moglie per non aver restituito gli arredi dell’immobile coniugale, ricorreva in Cassazione lamentando la violazione da parte dei giudici di merito dell’art. 1362 c.c. per non aver correttamente interpretato le condizioni della separazione consensuale. In particolare, in sede di separazione, i coniugi avevano stabilito che si sarebbero impegnati ad individuare i mobili che sarebbero stati oggetto di restituzione alla moglie entro una data determinata. Secondo il ricorrente, oggetto dell’impegno era la mera individuazione dei beni da restituire con conseguente impegno alla collaborazione da parte di entrambe le parti. Secondo la Corte d’Appello, invece, oggetto dell’accordo era l’impegno alla restituzione e in assenza di quest’ultima da parte del marito, sussisteva l’inadempimento del medesimo ed il conseguente diritto della moglie a ricevere un risarcimento. L’accertamento della volontà delle parti. I Giudici di legittimità chiariscono che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto di competenza del giudice di merito. La censura in Cassazione è ammissibile per violazione dell’art. 1362 c.c. in ordine all’interpretazione della volontà dei contraenti. Ai sensi dell’art. 1362 c.c. il giudice non deve limitarsi al senso letterale delle parole ma considerare altre circostanze come ad esempio le stesse dichiarazioni delle parti. Ed in particolare era stato lo stesso marito ad ammettere che ai tempi della separazione vi fosse a suo carico l’obbligo di individuare i mobili di pertinenza della moglie, con accertamento della proprietà degli stessi e la loro conseguente restituzione. Sviluppato così il ricorso per cassazione, ritenuto sprovvisto della autosufficienza posto che il ricorrente non aveva provveduto a riprodurre il contenuto della documentazione già prodotta e non aveva indicato la loro localizzazione nei fascicoli di causa, la Suprema Corte rigettava il ricorso ritenendo che l’unico motivo di impugnazione si risolveva in una perorazione di un’opzione interpretativa difforme da quella adottata dal giudice di merito e in una richiesta di rinnovazione dell’attività ermeneutica dell’accordo separativo, inammissibile in Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 maggio – 13 luglio 2017, n. 17385 Presidente Genovese – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - In data 10 settembre 2010 Bi. Ka. conveniva in giudizio Ga. Pi. chiedendone la condanna al pagamento di Euro 5.189,31 al titolo di rimborso del 50% delle spese straordinarie per la figlia minore, nonché la condanna al risarcimento della somma di Euro 20.000,00 per la mancata consegna degli arredi della casa coniugale. Il Tribunale di Lodi accoglieva la domanda. 2. - La decisione veniva impugnata da Pi. Ga Nella resistenza di Ka. Bi. la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la sentenza impugnata, ma non nella parte relativa alla condanna risarcitoria, che qui ancora interessa. 3. - Infatti lo stesso Ga., con un unico motivo di impugnazione, illustrato da memoria e vertente sulla ritenuta sua responsabilità per la mancata restituzione degli arredi, ha impugnato per cassazione la pronuncia della Corte di Milano. Resiste con controricorso Ka. Bi Ragioni della decisione 1. - Le condizioni di separazione - ha osservato la Corte , territoriale - stabilivano che le parti si impegnassero a individuare i mobili che sarebbero stati oggetto di restituzione all'odierna controricorrente entro non oltre il 28 febbraio 2008. Il giudice dell'impugnazione ha rilevato, poi, che Ga. aveva ammesso che vi era a suo carico l'obbligo consistente nell'individuazione dei mobili di pertinenza della moglie, l'accertamento della proprietà sugli stessi e la loro restituzione . Ha poi evidenziato che in assenza della riconsegna non potevano sussistere dubbi sul suo inadempimento, e quindi sul diritto della controparte, e ha precisato che le tre lettere prodotte dall'odierno ricorrente confermavano solo l'avvenuto esperimento di una trattativa che non si era conclusa onde non poteva affermarsi che la mancata individuazione dei mobili fosse addebitabile alla mancata accettazione di Ka. Bi 2. - Con l'unico motivo di impugnazione il ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1321, 1375, 1175 e 1176 c.c La censura investe l'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni proposta dall'attrice. Osserva il ricorrente che l'oggetto dell'obbligo assunto dalle parti non era, come erroneamente ritenuto dal giudice distrettuale, la restituzione dei mobili, bensì un comportamento delle parti consistente nell'impegno all'individuazione dei predetti arredi i quali avrebbero dovuto costituire oggetto di restituzione. In tal modo, secondo il ricorrente, la Corte di merito non si era avveduta del fatto che l'obbligo assunto dalle parti nell'accordo di separazione aveva ad oggetto un dovere di cooperazione finalizzato alla individuazione dei mobili profilo, questo, su cui tra le parti vi era ancora dissenso. Rileva ancora il ricorrente che l'adempimento, da parte sua, a quanto convenuto era confermato dal contenuto della corrispondenza prodotta in giudizio. Infatti, la trattativa di cui faceva menzione la Corte di appello aveva proprio ad oggetto l'individuazione degli obblighi restitutori trattativa cui la controricorrente si era sottratta, venendo meno al dovere di cooperazione che le incombeva. 3. - Il motivo va disatteso, e così il ricorso. Come è noto l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito essa è bensì censurabile in sede di legittimità per la violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c. nondimeno, al fine di far valere una siffatta violazione, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168 Cass. 31 maggio 2010, n. 13242 Cass. 9 agosto 2004, n. 15381 . Infatti, la censura vertente sulla violazione dei canoni interpretativi non può risolversi in una critica del risultato interpretativo, raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione Cass. 16 febbraio 2007, n. 3644 Cass. 25 ottobre 2006, n. 22899 Cass. 13 dicembre 2006, n. 26690 Cass. 2 maggio 2006, n. 10131 il principio è del tutto pacifico ed è costantemente richiamato da questa S.C., pure in pronunce non massimate in tal senso cfr. da ultimo Cass. 20 marzo 2017, n. 7036 . Ora, il ricorrente menziona, nella rubrica del motivo, il solo art. 1362 c.c. e lamenta, nell'articolazione del mezzo, l'assenza di una interpretazione testuale della clausola, la quale avrebbe impegnato entrambe le parti a individuare i mobili oggetto della restituzione. Trascura però di considerare che proprio a norma dell'art. 1362 c.c. l'interprete non deve limitarsi al senso letterale delle parole . Omette inoltre di prendere in esame e di censurare l'affermazione della Corte distrettuale per cui fu lo stesso Ga. ad ammettere che vi era a suo carico l'obbligo consistente nell'individuazione dei mobili di pertinenza della moglie, l'accertamento della proprietà degli stessi e la loro restituzione . Sicché, in definitiva, il motivo si risolve nella perorazione di un'opzione interpretativa difforme da quella seguita dal giudice del merito e ad una istanza di rinnovazione dell'attività ermeneutica della disposizione pattizia attività che è evidentemente inammissibile in questa sede. Sfugge pure al sindacato della Corte di legittimità l'esame delle missive menzionate a pag. 6 della sentenza impugnata. La censura, è anzitutto carente di autosufficienza, visto che il ricorrente non riproduce il contenuto delle lettere in questione Cass. 3 gennaio 2014, n. 48 Cass. 31 luglio 2012, n. 13677 Cass. 30 luglio 2010, n. 17915 , né indica la loro localizzazione all'interno dei fascicoli di causa Cass. 12 dicembre 2014, n. 26174 Cass. 7 febbraio 2011, n. 2966 Cass. 3 luglio 2009, n. 15628 . Essa inoltre investe il giudice di legittimità di un'attività di apprezzamento della prova documentale, laddove, come è noto, l'esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito per tutte Cass. 21 luglio 2010, n. 17097 Cass. 2 agosto 2016, n. 16056 . 4. - La sorte delle spese del giudizio di legittimità è regolata dal criterio della soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto che parte ricorrente è tenuta al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso si dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, si ometta di indicare le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.