È lui il padre, e ora paga con gli arretrati

La Cassazione, in tema di accertamento della filiazione, ribadisce il principio per cui con la sentenza di accertamento della filiazione naturale si dichiara ed attribuisce in capo al figlio uno status che ha efficacia retroattiva con l’obbligo di rimborsare, pro quota, l’altro genitore che abbia provveduto integralmente al mantenimento del figlio.

Cosi ha deciso la Corte con l’ordinanza n. 17140/17, depositata l’11 luglio. Il caso. La Corte d’Appello confermava la sentenza definitiva con la quale si stabiliva la paternità del padre nei confronti della figlia, il contestuale contributo in denaro dovuto dal padre per il mantenimento della stessa e l’importo da restituire alla madre per il periodo antecedente alla data di presentazione della domanda. Avverso tale pronuncia il padre ricorreva in Cassazione lamentando la violazione delle norme sulla competenza, in relazione agli artt. 269, 273, 277 e 38 disp. att. c.c. e violazione e falsa applicazione artt. 148 e 2697 c.c. Accertamento della filiazione. La Corte dopo aver escluso l’ammissibilità del primo motivo di doglianza, si sofferma sul secondo. La Cassazione afferma, infatti, l’inammissibilità e l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, ricordando che con la sentenza di accertamento della filiazione naturale si dichiara ed attribuisce in capo al figlio uno status che ha efficacia retroattiva. La paternità, quindi, si attribuisce fin dal momento della nascita con la conseguenza che dalla stessa data decorre anche l’obbligo di rimborsare pro quota l’altro genitore che abbia provveduto integralmente al mantenimento del figlio. In relazione, poi, alla determinazione delle somme dovute a tale titolo, la Corte autorizza il Giudice di merito ad utilizzare il criterio equitativo. Nel caso di specie, i Giudici rilevano che la determinazione delle somme sia stata effettuata anche in riferimento all’assegno di mantenimento dovuto in caso di separazione, in rispetto del principio secondo cui le potenzialità economiche del genitore convivente col figlio concorrono a garantire il soddisfacimento delle sue esigenze di vita ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell’altro genitore . Per questo motivo la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 20 giugno – 11 luglio 2017, numero 17140 Presidente Genovese – Relatore Sambito Fatti di causa Con sentenza in data 10.11.2016, la Corte d’Appello di Torino, Sezione per i minorenni, ha confermato la sentenza definitiva con la quale, a seguito della statuita paternità di B.G. nei confronti di M.C. , è stato stabilito il contributo dovuto dal padre al mantenimento della figlia e l’importo da restituire alla madre G.M. , per il periodo antecedente la data della domanda. Per la cassazione della sentenza, che ha rilevato come la questione della competenza a provvedere sulla domanda di mantenimento era preclusa, per esser già stata decisa con la sentenza pronunciata a seguito dell’appello avverso la sentenza non definitiva, ha proposto ricorso il B. , sulla base di due motivi, con cui denuncia la violazione delle norme sulla competenza, in relazione agli artt. 269, 273, 277 e 38 disp. att. c.c. nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 2697 c.c. La G. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma sintetica. 2. Il primo motivo, con cui il ricorrente afferma che la domanda volta ad ottenere il rimborso delle spese sostenute dalla nascita del figlio fino alla domanda giudiziale esula dalla competenza del giudice minorile, trattandosi di credito per regresso tra condebitori, e che del pari rimessa al Tribunale ordinario è la competenza a statuire sull’assegno di mantenimento, è inammissibile perché, sotto il primo dei profili dedotti, la questione è nuova, non constando che il ricorrente l’abbia sollevata in sede di appello la sentenza dà atto che la censura è riferita alla competenza a stabilire l’assegno di mantenimento , e, sotto il secondo profilo, perché non incide sulla ratio decidendi della sentenza, che la ha ritenuta inammissibile, per esser stata la questione già decisa con la precedente sentenza. 3. Il secondo motivo, con cui si deduce l’errore nella prova della quantità della spesa oggetto di rimborso è in parte inammissibile, perché addebita in modo generico il mancato svolgimento di attività istruttoria, che neppure individua, ed, in parte, infondato, poiché non tiene conto che la sentenza di accertamento della filiazione naturale dichiara ed attribuisce uno status che ha efficacia retroattiva, sin dal momento della nascita, secondo la previsione degli artt. 147 e 148 c.c., con la conseguenza che dalla stessa data decorre anche l’obbligo di rimborsare pro quota l’altro genitore che abbia integralmente provveduto al mantenimento del figlio. Questa Corte cfr. Cass. numero 12640 del 2015 e giurisprudenza ivi richiamata ha, anche, precisato che tale rimborso, per la sua natura lato sensu indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il suo mantenimento, autorizza il giudice di merito ad utilizzare il criterio equitativo per la determinazione delle somme dovute a tale titolo poiché è principio generale desumibile da varie norme, quali ad esempio art. 379 c.c., co 2, artt. 2054 e 2047 c.c. che l’equità costituisca criterio di valutazione del pregiudizio non solo in ipotesi di responsabilità extracontrattuale ma anche con riguardo ad indennizzi o indennità previste in genere dalla legge, 4. Non può sottacersi, peraltro, che la determinazione del quantum è stata effettuata in riferimento, anche, all’ammontare dell’assegno di mantenimento dovuto in ipotesi di separazione, è riferita ai redditi dell’obbligato specificamente individuati, in base agli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza e rispetta il principio secondo cui le potenzialità economiche del genitore convivente col figlio in concreto non conosciute concorrono a garantirgli un soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell’altro genitore cfr. Cass. numero 18538 del 2016 , sicché la censura tende, in definitiva, ad un’inammissibile rivisitazione delle valutazioni di merito compiute dalla Corte territoriale. 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Non va applicato l’art. 13, co 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, trattandosi di processo esente. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano in complessivi Euro 8.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre a spese generali ed accessori come per legge. Dispone che, ai sensi dell’art. 52 D. Lgs. numero 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.