L’eredità con beneficio d’inventario e la delusione del creditore sconfitto dalla prescrizione

L’atto indirizzato al notaio incaricato della redazione dell’inventario, non notificato agli eredi, non costituisce atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 12950/17 depositata il 23 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Ancona dichiarava prescritto il credito del Consorzio in ordine al fatto che, nel procedimento di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, la dichiarazione di credito presentata al notaio incaricato della redazione dell’inventario non costituiva atto idoneo ad interrompere il decorso del termine prescrizionale. Il Consorzio ricorre per cassazione. Giurisdizione volontaria. Premesso che, ai sensi dell’art. 2943 c.c. e in virtù di una ormai consolidata giurisprudenza, le cause di sospensione ed interruzione della prescrizione sono tipiche e tassative, gli Ermellini affermano che il procedimento di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario ha natura di giurisdizione volontaria e non costituisce sede esclusiva di accertamento dei crediti nei confronti dall’eredità e, pertanto, non è neppure astrattamente riconducibile alla tassativa elencazione di atti processuali contenuta nell’articolo sopra citato. Notaio vs curatore. Inoltre, la posizione del notaio incaricato dell’inventario, ausiliario del giudice, è ben diversa a quella del curatore dell’eredità giacente, in quanto, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, solo quest’ultimo, a seguito del rilascio dei beni ereditari da parte dell’erede a favore dei creditori, assume l’incarico di procedere alla liquidazione e gestione del patrimonio ereditario nell’interesse di creditori, legati ed eredi . È dunque il curatore a disporre di poteri di amministrazione e di disposizione dei beni ereditari e, pertanto, soltanto lui è legittimato alla ricezione di un atto avente efficacia interruttiva della prescrizione . Per tutti questi motivi, essendo l’atto indirizzato al notaio non idoneo ad interrompere la prescrizione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 17 aprile – 23 maggio 2017, numero 12950 Presidente Mazzacane – Relatore Federico Fatto e diritto Il Consorzio Agrario Piceno S.c.r.l. in l.c.a. ricorre, con un unico motivo, nei confronti della Curatela della Eredità Beneficiata J.D. , che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Ancona numero 646/12, depositata il 5 novembre 2012, con la quale, in riforma della sentenza del Tribunale di Fermo è stata affermata l’intervenuta prescrizione del credito del Consorzio, sul rilievo che la dichiarazione di credito presentata al notaio incaricato della redazione dell’inventario, nel procedimento di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, non costituiva atto idoneo ad interrompere il decorso del termine prescrizionale. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, 2944 e 2945 comma 1 c.c. in relazione all’art. 360 numero 3 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 numero 5 c.p.c., avuto riguardo alla qualificazione del notaio, quale ausiliario del Giudice addetto al procedimento di volontaria giurisdizione e la continuità tra l’attività del notaio e quella del curatore e la conseguente opponibilità a quest’ultimo delle comunicazioni rivolte al primo. Il motivo è infondato. Conviene premettere che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, le cause di sospensione ed interruzione della prescrizione, ai sensi dell’articolo 2943 cod. civ., sono tassative e tipiche. Da ciò consegue che la domanda che il creditore proponga in una procedura di liquidazione di eredità beneficiata per ottenere la soddisfazione del suo credito non è riconducibile - stante la natura di procedimento di giurisdizione volontaria di quest’ultima - alla tassativa elencazione di atti processuali che, a norma dell’art. 2943, primo comma, cod. civ. sono idonei ad interrompere la prescrizione, salvo che la domanda suddetta venga notificata al debitore, rendendolo in tal modo edotto dell’intenzione del creditore di far valere la sua pretesa creditoria, costituendo così atto idoneo a costituire in mora il debitore e quindi, ex art. 2943, ultimo comma, cit., avendo l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione Cass.2198/1987 . Il suddetto procedimento, infatti, avente natura di procedimento di giurisdizione volontaria e non costituendo la sede esclusiva di accertamento dei crediti nei confronti dell’eredità, non è, come tale, neanche astrattamente riconducibile - a differenza della domanda di insinuazione nello stato passivo del fallimento - alla tassativa elencazione di atti processuali contenuta nell’art. 2943 cod. civ. Cass. 4704/2001 . Ed invero, perché un atto abbia efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato , con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. Cas. 25500/2006 . L’atto indirizzato ad un ausiliario del giudice, quale il notaio incaricato della redazione dell’inventario, e non notificato agli eredi non costituisce dunque atto idoneo ad interrompere la prescrizione. Ben diversa al riguardo appare la posizione del notaio incaricato dell’inventario, ed ausiliario del giudice, rispetto a quella del curatore dell’eredità giacente, in quanto, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, soltanto il secondo, a seguito del rilascio dei beni ereditari a favore dei creditori, da parte dell’erede, assume l’incarico di procedere alla liquidazione e gestione del patrimonio ereditario nell’interesse dei creditori, dei legatari e degli stessi eredi Cass.numero 123/1999 , quale soggetto incaricato dei poteri di amministrazione e di disposizione dei beni ereditari e dunque legittimato alla ricezione di atto avente efficacia interruttiva della prescrizione. Va invece rilevata l’inammissibilità delle ulteriori doglianze, sollevate nel medesimo motivo dal ricorrente, relative al fatto che la documentazione creditoria prodotta dal Consorzio sarebbe stata riferibile all’anno 1988 e non anche al 1975, nonché all’esistenza di un atto di riconoscimento del debito da parte dell’erede beneficiaria G.F. , quale amministratrice del fondo agricolo caduto in successione del padre. Tali doglianze, da un lato non vengono ricondotte ad uno specifico vizio della sentenza impugnata, tra quelli tassativamente indicati dall’art. 360 codice di rito, ed hanno inoltre ad oggetto questioni, fondate su documenti asseritamente prodotti nei giudizi di merito, che, in violazione del principio di autosufficienza, non risultano riportati nel ricorso, e sulle quali nessuna pronunzia risulta essere stata emessa dal giudice di appello. Ciò comporta che trattandosi di questioni nuove, il relativo scrutinio in sede di legittimità non è ammissibile. É infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel terna del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi terni di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio Cass. 4787/2012 .Come questa Corte ha già affermato, inoltre, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito Cass.2140/2006 . Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200,00 di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. sensi dell’art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.