Dottorato di ricerca: il figlio rischia di dire addio al sostegno economico dal padre

Ridotto in appello l’assegno in favore del ragazzo. Necessario però un approfondimento sulla possibilità per lui di fare una brillante carriera universitaria e di rendersi autonomo dai genitori.

Assegno corposo per il dottorato di ricerca, con la prospettiva di una luminosa carriera universitaria. Vacilla, di conseguenza, l’obbligo del padre di versare per il figlio maggiorenne l’assegno mensile di mantenimento fissato a chiusura della separazione giudiziale dalla moglie Corte di Cassazione, ordinanza n. 11467/17, sez. VI Civile - 1, depositata il 10 maggio . Ateneo. Già in appello il genitore ha visto condivise, seppur solo in parte, le proprie contestazioni all’ obbligo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne. Per i Giudici, difatti, non si può trascurare il fatto che il ragazzo ha conseguito un dottorato di ricerca presso un’Università straniera, percependo un assegno compreso fra 1.600 euro e 2.000 euro mensili . Detto in parole povere, ci si trova di fronte a una brillante carriera universitaria che prelude a un prossimo affrancamento dall’aiuto dei genitori. Ecco spiegata la decisione di ridurre a 450 euro mensili il contributo del padre al mantenimento del figlio. Prospettiva. Per il genitore, però, la decisione presa non è sufficiente. E questa considerazione è condivisa anche dalla Cassazione, che evidenzia le importanti lacune presenti nel ragionamento dei giudici di secondo grado. Più precisamente, i magistrati del ‘Palazzaccio’ ritengono necessario un approfondimento in appello per stabilire se l’assegno che il figlio riceve dall’Università è tale da consentirgli di mantenersi senza il sostegno dei genitori . E, sempre ragionando nella stessa ottica, viene anche evidenziato come sia utile un giudizio prognostico sulle future prospettive occupazionali del ragazzo. Va fatta chiarezza, in sostanza, sul peso da riconoscere all’assegno percepito dal figlio per il dottorato di ricerca , così da poter capire, concludono i magistrati, se la cifra sia sufficiente ad assicurargli l’indipendenza economica o se, piuttosto, vada integrata col contributo proveniente dal genitore .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 10 maggio 2017, n. 11467 Presidente Di Virgilio – Relatore Cristiano Fatto e diritto 1 La Corte d’appello di Messina, con decreto del 10.11.2014, ha parzialmente accolto il reclamo proposto da P.M. contro il provvedimento del tribunale che aveva respinto la sua domanda di riduzione dell’assegno di Euro 1200 mensili versato alla moglie, D.P.M.R. , quale contributo al mantenimento dei due figli secondo quanto stabilito nella sentenza 4.7.08 che aveva pronunciato la separazione giudiziale dei coniugi , fondata sul rilievo della raggiunta indipendenza economica del figlio maggiore Marco, che aveva conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Strasburgo, per il quale, con decorrenza dal luglio del 2010, percepiva un assegno compreso fra Euro 1600 ed Euro 2000 mensili. La corte territoriale, rilevato che M. sta svolgendo una carriera universitaria brillante, tanto da beneficiare di un assegno di dottorato di importo superiore a quello considerato da Cass. n. 2171/012 e da dimostrare una capacità reddituale che, benché non stabile, certamente prelude ad un suo prossimo affrancamento dall’aiuto dei genitori, ha ridotto ad Euro 450 mensili l’assegno dovuto dal reclamante per il mantenimento del primogenito, fermo restando il contributo di Euro 600 stabilito in favore del secondogenito. 2 Il decreto è stato impugnato da P.M. con ricorso per cassazione sorretto da tre motivi, cui D.P.M.R. ha resistito con controricorso con il quale ha proposto ricorso incidentale per un motivo. Il consigliere relatore ha depositato proposta di definizione ex art. 380 bis c.p.c. che, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale, è stata tempestivamente notificata alle parti, che hanno entrambe depositato memoria. 3 Il primo motivo del ricorso principale denuncia il difetto assoluto di motivazione del provvedimento impugnato che, dopo aver dato atto dell’attuale capacità reddituale di P.M. ed averla ritenuta, benché non stabile, indicativa del prossimo raggiungimento della autonomia patrimoniale del giovane, ha contraddittoriamente ed apoditticamente ridotto l’assegno ad Euro 450 mensili. 4 11 motivo appare manifestamente fondato. La corte del merito ha assunto una decisione non sorretta da un adeguato impianto motivazionale e sostanzialmente elusiva dell’accertamento che le era stato demandato, che le imponeva in primo luogo di stabilire se l’assegno che il figlio del ricorrente riceve dall’università è tale consentirgli di mantenersi senza il sostegno dei genitori ed, inoltre, di effettuare un giudizio prognostico in ordine alle sue future prospettive occupazionali. Il giudice a allo si è invece limitato a rilevare che l’assegno percepito da P.M. è superiore a quello di cui si discuteva in un caso analogo, deciso da questa Corte con la sentenza n. 2171/012, ma non ha chiarito perché l’importo mensilmente corrisposto al giovane non fosse sufficiente ad assicurargli l’indipendenza economica e dovesse comunque essere integrato con un contributo proveniente dai genitori ha dunque, in buona sostanza presumibilmente fraintendendo il principio, enunciato nel precedente citato, secondo cui il conseguimento di una borsa di studio non costituisce, di per sé, prova della capacità del figlio di mantenersi autonomamente , dato per scontato che detto contributo sia dovuto ogni qualvolta non via sia certezza della stabilità dell’attuale lavoro del figlio ancorché congruamente retribuito e, sulla scorta di tale errato presupposto di fatto, ha svolto un ragionamento privo di concludenza, escludendo di poter accogliere integralmente la domanda del ricorrente, pur dopo aver accertato che il ragazzo sta svolgendo una carriera universitaria brillante , dalla quale deriva la sua attuale capacità reddituale, e dopo aver sottolineato che, nell’ipotesi in cui la sua attività dovesse cessare, potrebbe comunque rivolgersi al padre per ottenere il ripristino dell’assegno. La Corte messinese, infine, ha totalmente omesso di dar conto dei criteri equitativi in base ai quali ha determinato la riduzione dell’assegno. All’accoglimento del primo motivo, comportante la cassazione del provvedimento impugnato ed il rinvio della controversia alla Corte d’appello di Messina per un completo riesame del merito, consegue l’assorbimento del ricorso incidentale e degli ulteriori due motivi del ricorso principale. Il giudice del rinvio regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri motivi nonché il ricorso incidentale cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi i nomi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.