Non è automatico il favor veritatis

Sebbene vi sia una affermazione del favor veritatis, rimane coessenziale all’ordinamento l’esigenza di un bilanciamento degli interessi in gioco, in quanto il superamento della finalità di preservare lo status di figlio legittimo non elide la necessità di garantire i valori inerenti alla certezza e alla stabilità degli status.

Quanto sopra è stato affermato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 8617 depositata il 3 aprile 2017 in materia di disconoscimento di paternità. Il caso. Il Tribunale e la Corte d’appello avevano accertato e dichiarato la non paternità biologica del marito rispetto al figlio infrasedicenne a seguito di procedimento instaurato da un curatore speciale su sollecitazione del padre biologico. I genitori ricorrono in Cassazione con 10 ordini di motivi. La Corte d’appello aveva fondato la propria decisione dando rilievo all’interesse del minore a conoscere le proprie radici biologiche valorizzando il principio di verità biologica della procreazione come componente essenziale dell’interesse del minore. I genitori innanzitutto lamentano che i giudici di merito avevano fondato il proprio convincimento su una serie di documentazione prodotta dalla curatrice speciale e dal pubblico ministero attraverso la quale si era realizzata un’indiretta partecipazione al processo di un soggetto, il presunto padre biologico, privo di legittimazione rispetto all’azione di disconoscimento. Ancora, i ricorrenti lamentano che la nomina del curatore speciale non era stata preceduta dall’assunzione di sommarie informazioni e dall’audizione delle persone interessate. Bilanciamento degli interessi. Secondo i giudici di legittimità, la pronuncia di appello deve essere annullata con rinvio, posto che nel caso di specie non è stato effettuato un bilanciamento degli interessi in gioco. Infatti, sebbene vi sia una progressiva affermazione del favor veritatis , rimane coessenziale all’ordinamento l’esigenza di un bilanciamento, in quanto il superamento della finalità, che permeava l’originaria impostazione legislativa, di preservare lo status di figlio legittimo non elide la necessità di garantire i valori inerenti alla certezza e alla stabilità degli status. Pertanto, non è possibile applicare automaticamente il principio del favor veritatis . Anche alla luce delle fonti sovrannazionali. La necessità di un bilanciamento deriva anche dalle fonti sovrannazionali, dall’art. 8 CEDU e dall’art. 24, par. 2 Carta dei diritti dell’Unione. L’ascolto del minore ed il di lui interesse. In tema di disconoscimento di paternità la relativa azione introdotta dal minore infrasedicenne postula l’apprezzamento in sede giudiziaria dell’interesse di quest’ultimo e tale apprezzamento deve essere condotto nel procedimento diretto alla nomina del curatore speciale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 settembre 2016 – 3 aprile 2017, n. 8617 Presidente Dogliotti – Relatore De Marzo Svolgimento del processo 1. Con sentenza depositata il 7 gennaio 2015 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da B.C. e da D.E.L. avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato accertato che quest’ultimo non era il padre di D.D. , nato ad omissis . 2. La Corte territoriale ha ritenuto a che la documentazione esaminata dal Tribunale, ancorché proveniente da Bi.Gi. , ossia da colui che assumeva di essere il padre naturale del minore, era stata prodotta dalle parti legittimate al processo b che, del resto, la madre del minore, nell’istanza di revoca del provvedimento di nomina del curatore speciale, aveva esplicitamente affermato che non intendeva negare la relazione con il Bi. né il suo convincimento che il marito non fosse il padre biologico del figlio c che il pubblico ministero, nel richiedere la nomina di un curatore speciale, aveva agito dopo avere valutato le sommarie informazioni risultanti dai documenti in suo possesso d che l’audizione del minore sarebbe stata inopportuna, in considerazione della sua giovane età, al momento della proposizione della domanda, mentre, successivamente, avrebbe potuto costituire fonte di pregiudizio, in considerazione della delicatezza della causa, non risultando chiaramente il grado di preparazione ad affrontare una vicenda tanto complessa che poteva scatenare conseguenze imprevedibili e che peraltro la questione che veniva in rilievo era quella dell’interesse del minore a conoscere le proprie radici biologiche f che il consulente tecnico per tre volte aveva inutilmente fissato un appuntamento con le parti per effettuare i prelievi necessari allo svolgimento delle indagini sul DNA, con la conseguenza che non poteva essere addebitato alla curatrice di non avere adottato misure coercitive per garantire la presenza del minore g che, pertanto, correttamente il tribunale aveva ritenuto rilevante tale comportamento, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., e lo aveva valutato unitamente alla non contestata relazione adulterina della madre con il Bi. e al materiale fotografico che ritraeva quest’ultimo con il bambino e la B. nei primi anni di vita h che il tribunale, in definitiva, aveva valorizzato il principio di verità biologica della procreazione, come componente essenziale dell’interesse del minore. 3. Avverso tale sentenza, la B. e il D. propongono ricorso per cassazione affidato a dieci motivi. Resiste con controricorso la curatrice speciale del minore, la quale ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 235 e 244 cod. civ., per avere i giudici di merito fondato il proprio convincimento su documentazione costruita ad hoc ad opera del Bi. e prodotta dalla curatrice e dal pubblico ministero, attraverso la quale si era realizzata una indiretta partecipazione al processo di un soggetto, il presunto padre naturale, privo di legittimazione rispetto all’azione di disconoscimento, il quale era giunto a fare pressioni sul curatore perché l’azione venisse promossa il prima possibile. 2. Con il secondo motivo si lamenta nullità della sentenza o del procedimento, in conseguenza della violazione dell’art. 244, comma sesto, cod. civ., dell’art. 80 cod. proc., nonché dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo, ratificata con la L. n. 77 del 2003, per avere la Corte territoriale attribuito al pubblico ministero il compito di ascoltare il minore, invece spettante al giudice, e avere contraddittoriamente ritenuto pregiudizievole l’audizione del minore e non anche l’attivazione della procedura di disconoscimento di paternità. I ricorrenti si dolgono del fatto che la nomina del curatore speciale non era stata preceduta dall’assunzione di sommarie informazioni e dall’audizione delle persone interessate e che il mancato ascolto del minore aveva assunto rilievo anche con riguardo all’accertamento del suo interesse rispetto all’azione di disconoscimento. 3. Con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ., rilevando a che le fotografie e la corrispondenza intercorsa tra il Bi. e la B. non dimostrano il fondamento dell’azione di disconoscimento b che il risultato dell’esame del DNA allegato dalla curatrice, oltre all’incertezza degli esiti, era fondato su un illegittimo trattamento di dati genetici. 4. Con il quarto motivo si lamenta omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per non avere i giudici di merito argomentato in ordine alla sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza degli indizi - peraltro neppure specificamente individuati - posti a fondamento della decisione. 5. Con il quinto motivo si lamenta omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale trascurato di valutare le critiche indirizzate al ruolo attivo e poco imparziale del pubblico ministero, il quale si era limitato a recepire la versione dei fatti del presunto padre naturale. 6. Con il sesto motivo si lamenta omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale trascurato di valutare il motivo di appello con il quale si censurava la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto implicita, nel decreto di nomina del curatore, la valutazione della sussistenza dell’interesse del minore alla proposizione dell’azione. 7. Con il settimo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 116 e 118 cod. proc. civ., precisando che i ricorrenti, in evidente conflitto di interessi con il minore, non potevano e non dovevano accompagnarlo dal consulente tecnico d’ufficio, in quanto tale compito spettava alla curatrice, la quale non si era mai offerta di provvedervi né aveva autorizzato i genitori a farlo. Si aggiunge che era stata ancora la curatrice a disertare colpevolmente l’udienza fissata per l’assunzione di una prova testimoniale, in tal modo pregiudicando l’accertamento dei fatti. 8. Con l’ottavo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 116 e 118 cod. proc. civ., nonché 2729 e 2697 cod. civ., sottolineando l’inidoneità degli elementi valorizzati dai giudici di merito a dimostrare l’insussistenza del rapporto di filiazione e ribadendo che la documentazione prodotta dalla curatrice era stata contestata, al punto che se ne era chiesta l’espunzione. 9. Con il nono motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 243-bis cod. proc. civ. e 2733, comma secondo, cod. civ., dal momento che le carenze probatorie esistenti non potevano essere colmate utilizzando le dichiarazione della B. , alle quali, attesa la natura indisponibile degli interessi in gioco, non poteva essere attribuita efficacia confessoria. 10. Con il decimo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 244 cod. proc. civ. e 78 cod. proc. civ., in relazione alla mancata considerazione dell’inosservanza, da parte della curatrice, delle disposizioni che avrebbe dovuto Seguire nello svolgimento dell’incarico, sia con riferimento alla valutazione dell’interesse del minore alla proposizione dell’azione di disconoscimento, sia con riguardo alla colpevole decadenza dalle prove orali. 11. Assume carattere preliminare l’esame del secondo e del sesto motivo di ricorso, i quali investono, sotto diversi profili, il tema della verifica dell’interesse del minore rispetto all’azione proposta, verifica nel quale assume aspetto centrale l’audizione del minore. In linea generale, deve, infatti, ribadirsi, come già affermato di recente da questa Corte Cass. 10 aprile 2012, n. 5653 che, sebbene il succedersi degli interventi della Corte costituzionale e di questa stessa Corte segnali una progressiva e lenta affermazione, anche alla luce dei progressi registrati sul piano tecnico e scientifico, nonché dei mutamenti intervenuti nel quadro normativo e nella stessa sensibilità sociale in tema di rapporti fra filiazione cd. legittima e naturale nel senso della tendenziale abolizione di ogni pregiudizievole disfavore nei confronti della seconda , del favor veritatis, rimane coessenziale all’ordinamento l’esigenza di un bilanciamento, in quanto il superamento della finalità, che permeava l’originaria impostazione legislativa, di preservare lo status di figlio legittimo non elide la necessità di garantire i valori inerenti alla certezza e alla stabilità degli status. Come questa Corte ha già affermato, pur a fronte di un accentuato favore per una conformità dello status alla realtà della procreazione - chiaramente espresso nel progressivo ampliamento in sede legislativa delle ipotesi di accertamento della verità biologica - il favor veritatis non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque, atteso che l’art. 30 Cost. non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma, nel disporre al comma 4 che la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità , ha demandato al legislatore ordinario il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella naturale, nonché di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest’ultima, così affidandogli anche la valutazione in via generale della soluzione più idonea per la realizzazione dell’interesse del figlio Cass. 30 maggio 2013, n. 13638 . L’esigenza di operare una razionale comparazione degli interessi in gioco, alla luce della concreta situazione dei soggetti coinvolti e, in particolare, del minore, nel caso di specie destinatario degli esiti di un’azione giudiziaria alla cui proposizione è rimasto completamente estraneo, dà conto dell’erroneità della soluzione divisata dalla Corte territoriale in termini astratti e senza alcuna considerazione della specifica vicenda sottoposta al suo esame, per effetto della prevalenza assegnata all’interesse alla conoscenza delle proprie radici. Le due sentenze della Corte costituzionale valorizzate dalla decisione impugnata per cogliere nel principio di verità biologica della procreazione una componente essenziale dell’interesse del minore non sono pertinenti. La sentenza 25 novembre 2011, n. 322 non si occupa in alcun modo della questione, perché ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 245 cod. civ., nella parte in cui non prevedeva che la decorrenza del termine indicato nell’art. 244 cod. civ. fosse sospesa anche nei confronti del soggetto che, sebbene non interdetto, versasse in condizione di abituale grave infermità di mente, con conseguente incapacità di provvedere ai propri interessi. La sentenza 3 luglio 1997, n. 216 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 274, primo e secondo comma, cod. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 30 e 31 Cost., sottolineando che il procedimento in esame era ispirato prima che la medesima Corte cost., con la sentenza 10 febbraio 2006, n. 50, dichiarasse l’illegittimità in radice dell’art. 274 cod. civ. a due finalità concorrenti e non in contrasto tra loro, essendo posto a tutela non solo del convenuto contro il pericolo di azioni temerarie e ricattatorie, ma anche e soprattutto del minore, il cui interesse sta nell’affermazione di un rapporto di filiazione veridico, che non pregiudichi la formazione e lo sviluppo della propria personalità. Va anzi aggiunto che la Corte costituzionale ha anche osservato che era quindi compito precipuo del tribunale per i minorenni, cui del resto è stata attribuita la relativa specifica competenza, verificare se la modifica dello status del minore risponda al suo interesse e non sia per lui di pregiudizio . L’ultima puntualizzazione appena riportata conferma l’assenza di ogni automatismo nel cogliere l’interesse del minore rispetto al principio di verità biologica della filiazione. La necessità di un attento bilanciamento degli interessi che vengono in rilievo è peraltro imposta non solo dalle fonti interne, ma anche da quelle sovranzionali. In generale, l’ingerenza della pubblica autorità nella vita privata e familiare degli individui presuppone, infatti, la verifica della sua necessarietà art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per un caso, nel quale la Corte Europea ha ritenuto che i ricorrenti si fossero comportati nei confronti del minore come dei genitori e ha concluso in favore dell’esistenza di una vita famigliare de facto tra i ricorrenti e il minore, v. sentenza 27 gennaio 2015, ric. n. 25358/12, Paradiso e Campanelli c. Italia . Tale centralità dell’interesse del minore e del conseguente giudizio di bilanciamento è, del resto, confermata dall’art. 24, par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Siffatta verifica di carattere sostanziale, peraltro, si alimenta di strumenti processuali, come conferma, non solo l’art. 24, par. 1 della citata Carta dei diritti fondamentali, ma anche l’art. 6 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 a proposito della quale si veda la L. 20 marzo 2003, n. 77, contenente l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione , il cui art. 6 impone all’autorità giudiziaria, prima di giungere a qualunque decisione, di a esaminare se dispone di informazioni sufficienti a tal fine, tenuto conto del superiore interesse del minore e, se necessario, ottenere informazioni supplementari, in particolare da parte dei detentori delle responsabilità genitoriali b quando il diritto interno ritiene che il minore abbia una capacità di discernimento sufficiente - assicurarsi che il minore abbia ricevuto tutte le informazioni pertinenti - nei casi che lo richiedono, consultare il minore personalmente, se necessario in privato, direttamente o tramite altre persone od organi, con una forma adeguata alla sua maturità, a meno che ciò non sia manifestamente contrario agli interessi superiori del minore, al fine di permettere a quest’ultimo di esprimere la propria opinione c tenere in debito conto l’opinione da lui espressa. E anche sotto tale strumentale profilo, la sentenza impugnata presenta una evidente frattura motivazionale, dal momento che, dopo avere sottolineato l’inopportunità di sentire il minore all’inizio della procedura, in ragione della giovane età, osserva, con riguardo ai successivi sviluppi processuali, che la mancata audizione dello stesso era giustificata dalla delicatezza della causa per cui appariva fonte di possibile pregiudizio l’ascolto del bambino, nel frattempo cresciuto d’età, del quale non risultava chiaro il grado di preparazione ad affrontare una vicenda tanto complessa che poteva scatenare dinamiche imprevedibili . Siffatto passaggio argomentativo si espone a varie critiche, sul piano logico e giuridico in primo luogo, perché giustifica la mancata audizione sulla base di un presupposto non verificato, ossia il grado di maturità del minore, laddove proprio l’accertamento delle capacità di discernimento e di espressione del minore, attraverso le opportune cautele, delle proprie esigenze rappresenta il prius di ogni conclusione sul tema in secondo luogo, perché correla alla delicatezza della causa e alla possibilità che il suo esito possa scatenare dinamiche imprevedibili non la conseguenza di una attenta verifica della situazione del minore, ma, al contrario, l’aprioristica decisione di prescindere da ogni accertamento concreto. D’altra parte, su un piano strettamente processuale, deve osservarsi che è certo esatto che, in tema di azione di disconoscimento di paternità, la relativa proposizione ad opera di minore infrasedicenne postula l’apprezzamento in sede giudiziaria dell’interesse di quest’ultimo, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l’ufficio del pubblico ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all’esercizio dell’azione stessa, fermo restando che siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina - essendo, nel corso di esso, possibile l’acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, col provvedimento conclusivo, che secondo l’art. 737 cod. proc. civ., ha la forma del decreto motivato, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell’interesse Cass. 5 gennaio 1994, n. 71 . Meno condivisibile è, invece, l’affermazione, che pure si coglie nella motivazione di quest’ultima sentenza, secondo cui il giudizio di merito non rappresenterebbe la sede per approfondire siffatta valutazione. L’esaltazione dell’interesse del minore e la necessità di una sua costante valutazione impone, infatti, anche una verifica condotta in termini di attualità, anche in sede di appello, soprattutto quando, a fronte di una iniziativa processuale non correlata ad alcuna esplicita volontà del minore stesso come appunto nel caso del minore infrasedicenne , quest’ultimo, ossia il reale protagonista della vicenda, acquisisca nel corso del procedimento una maturità di comprensione e di determinazione rispetto alla propria identità personale. Del resto, siffatta conclusione trova una sua ricaduta anche sul piano processuale, in quanto, in tema di azione di disconoscimento di paternità, il provvedimento di nomina o revoca del curatore speciale di cui all’art. 244 cod. civ. è privo sia del requisito della definitività poiché esso non si sottrae alla più generale disciplina della revocabilità dettata dall’art. 742 cod. proc. civ., da intendersi come previsione del più ampio ius poenitendi da parte del giudice del procedimento, legittimato in ogni tempo alla modifica o revoca del provvedimento stesso tanto in base ad un riesame ed a una diversa valutazione delle risultanze originarie, quanto in virtù della sopravvenienza di nuovi elementi di fatto - tra cui il venir meno delle condizioni di legittimità in epoca successiva all’emanazione del primo decreto , sia di quello della decisorietà attesa la sua innegabile natura di procedimento camerale cosiddetto unilaterale , la cui struttura, imperniata tutta sulla valutazione e sulla tutela dell’interesse del minore, vede, non a caso, come unico destinatario della comunicazione del provvedimento il P.M., e non anche i genitori legittimi ovvero il sedicente padre , con conseguente inammissibilità del relativo ricorso per Cassazione presentato ai sensi dell’art. 111 Cost. Cass. 25 novembre 1998, n. 11947 . Pertanto, è proprio nella sede di merito che il controllo va operato in termini sindacabili da questa Corte. 12. In relazione all’accoglimento delle indicate censure, restano assorbiti i restanti motivi di impugnazione. 13. In conseguenza delle superiori considerazioni, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione. P.Q.M. Accoglie il secondo e il sesto motivo di ricorso, assorbiti i restanti e, in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.