Matrimonio impostole dal padre, scappa in Italia: protezione possibile

Messa in discussione la visione adottata dalla Commissione territoriale e dai giudici in Tribunale e in appello. La costrizione alle nozze è un trattamento degradante per la donna. Riprende vigore, quindi, la richiesta di protezione avanzata da una cittadina nigeriana.

Fuga dalla Nigeria e approdo in Italia per evitare il matrimonio impostole dal padre. Solida la domanda presentata dalla giovane donna e finalizzata all’ottenimento della protezione internazionale . Cassazione, ordinanza n. 25463, sezione Sesta Civile, depositata il 12 dicembre 2016 Dignità . Negative, a sorpresa, le risposte da parte della ‘Commissione territoriale’ prima e dai giudici poi in Tribunale e in Corte d’appello niente protezione internazionale per la straniera, originaria della Nigeria. Irrilevante, in sostanza, il fatto che ella abbia spiegato di essere stata costretta a lasciare il proprio Paese, dopo essersi rifiutata dai subire il matrimonio forzato impostole dal padre , per sfuggire alle conseguenti violenze fisiche e morali che sarebbero toccate non solo a lei ma anche alla madre. Molto più umana, invece, la visione adottata dai magistrati della Cassazione, che ritengono plausibile la richiesta di protezione avanzata dalla donna. Ciò soprattutto perché la costrizione ad un matrimonio non voluto costituisce una grave violazione della dignità e rappresenta, quindi, un trattamento degradante che integra un danno grave per la donna. Riprende vigore, quindi, la richiesta avanzata dalla cittadina nigeriana. Anche se, ora, dovranno esprimersi nuovamente i giudici d’appello sull’ipotesi della protezione internazionale .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 ottobre – 12 dicembre 2016, n. 25463 Presidente Dogliotti – Relatore Bisogni Rilevato che 1. La Corte d'Appello di Catanzaro, con sentenza n. 1142/2015 ha respinto l'appello proposto da C.O. avverso l'ordinanza in data 22 ottobre 2014 del Tribunale di Catanzaro con la quale era stato respinto il ricorso della O. contro la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone. 2. C.O. che afferma di essere stata costretta a lasciare la Nigeria per essersi rifiutata di subire un matrimonio forzato impostole dal padre e per sfuggire alle conseguenti violenze fisiche e morali subite da lei e da sua madre propone ricorso per cassazione fondato su quattro motivi di impugnazione. 3. Non svolge difese il Ministero dell'Interno. Ritenuto che 4. Con il primo motivo di ricorso si deduce error in iudicando - violazione e falsa applicazione degli artt. 2, lett. e , 3 commi 2-7 e 8 lett. d , del d.lgs. n. 251/2007, dell'art. 8 comma 3 del d.lgs. n. 25/2008 nonché degli artt. 35 d.lgs. n. 25/2008, 19 d.lgs. 150/2011 e 702 bis c.p.c., in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. Secondo la ricorrente la Corte di appello, oltre ad aver confuso i presupposti richiesti per il riconoscimento dello status di rifugiato con quelli rilevanti al fini della concessione della protezione sussidiaria, ha ristretto ingiustificatamente il campo dei motivi di persecuzione rilevanti ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato escludendo così la rilevanza dei comportamenti persecutori ascrivibili all'appartenenza a un particolare gruppo sociale e nella specie escludendo la rilevanza dei comportamenti persecutori ascrivibili all'identità di genere. 5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce error in procedendo - violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria avanzata ai sensi degli artt. 2 lett. g e 14 lett. b del d.lgs. n. 251/2007. Secondo la ricorrente la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di protezione sussidiaria da lei proposta. 6. Con il terzo motivo di ricorso si deduce error in iudicando, - violazione e falsa applicazione degli 8 della direttiva n. 2004/83/CE, degli artt. 2, lett. g , 3-6 e 14 lett. c , del d.lgs. n. 251/2007, dell'art. 8 comma 1 del d.lgs. n. 25/2008 nonché degli artt. 35 d.lgs. n. 25/2008, 19 d.lgs. 150/2011 e 702 bis c.p.c., in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. La ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 14 lett. c del d.lgs. n. 251/2007 in relazione alle condizioni di instabilità e di violenza generalizzata presente in Nigeria. 7. Con il quarto motivo di ricorso si deduce error in procedendo, violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. La ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria in relazione alle circostanze di cui ai precedenti motivi di ricorso. 8. Il ricorso è fondato in quanto la decisione della Corte di appello non ha valutato se la pratica del matrimonio forzato costituisca una realtà sociale accettata nel paese di provenienza della ricorrente né ha valutato comunque che, in tema di protezione sussidiaria, la costrizione ad un matrimonio non voluto costituisce grave violazione della dignità e, dunque, trattamento degradante che integra un danno grave, la cui minaccia, ai fini del riconoscimento di tale misura, può provenire anche da soggetti diversi dallo Stato, allorché le autorità pubbliche o le organizzazioni che controllano lo Stato o una sua parte consistente non possano o non vogliano fornire protezione adeguata Cass. Civ. sez. VI-1 n. 25873 del 18 novembre 2103 . Né infine ha tenuto in considerazione la giurisprudenza di legittimità secondo cui il diritto alla protezione sussidiaria non può essere escluso dalla circostanza che agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel Paese d'origine non vi sia un'autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica offici osa sull'attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull'eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali Cass. civ. n. 15192 del 20 luglio 2015 . 9. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l'accoglimento del ricorso. La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere accolto con conseguente cassazione e rinvio alla Corte di appello dì Catanzaro che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.