Tribunale di Roma: affidamento condiviso per il cane della coppia non più convivente

Il Tribunale di Roma ha applicato la disciplina dell’affidamento condiviso prevista per i figli minori anche al cane conteso tra due ex conviventi.

Così si è espresso il Tribunale di Roma con la sentenza n. 5322 del 15 marzo 2016. Il caso. Con atto di citazione, parte attrice ha convenuto in giudizio l’ex-convivente chiedendo al Tribunale di Roma la restituzione in suo favore del cane della coppia, a suo dire, illegittimamente detenuto dall’uomo, nonché il risarcimento dei danni subiti a causa della sua sottrazione. L’attrice, durante la convivenza, aveva adottato l’animale e lo aveva registrato a suo nome, con regolare microchip, all’anagrafe canina. Al termine della relazione, il convenuto, però, lo aveva trattenuto presso di sé, impedendo alla donna di vederlo regolarmente. Vuoto normativo. Il Giudice, tenendo conto dell’assenza nell’ordinamento italiano di una norma che disciplini l’affidamento degli animali d’affezione in caso di separazione di coniugi o conviventi, aderisce a due precedenti giurisprudenziali in materia che, volendo tutelare l’interesse materialespiritualeaffettivo dell’animale , avevano applicato per analogia, in due casi di separazione, la disciplina dell’affidamento condiviso prevista per i figli minori Trib. Foggia Trib. Cremona 11 giugno 2008 . Tale orientamento, secondo il Tribunale, appare in linea con la proposta di legge, presentata in Parlamento, con cui si vorrebbe introdurre nel codice civile l’istituto dell’affidamento degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi. Affidamento condiviso. Nel caso di specie, il GOT ritiene che il regime giuridico in grado di tutelare l’interesse del cane e quello affettivo di entrambe le parti, sia l’affidamento condiviso che può essere disposto a prescindere dallo status delle parti dal momento che la proposta di legge citata estende la competenza del Tribunale a decidere sull’affido dell’animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio e considerata la tendenza della giurisprudenza ad equiparare la famiglia di fatto a quella fondata sul matrimonio. Per questi motivi il Tribunale di Roma, respingendo la richiesta risarcitoria dell’attrice, dispone l’affidamento condiviso del cane, che starà sei mesi all’anno con una parte e sei mesi con l’altra. Entrambi dovranno provvedere, inoltre, nella misura del 50% ciascuno, alle spese per il suo mantenimento. Fonte www.ilfamiliarista.it

Tribunale di Roma, sez. V, sentenza 12 15 marzo 2016, n. 5322 Ragioni in fatto e diritto della decisione Con atto di citazione notificato a mezzo posta il 7.08.2012, l’attrice, premesso che - ha adottato un cane di nome S., iscritto a suo nome all’anagrafe canina con regolare microchip, raccogliendolo dalla strada nel corso della propria relazione di convivenza con il sig. FP a seguito dell’interruzione della convivenza e della relazione sentimentale con il F., ha portato con sé il cane nella sua nuova residenza - il F. ha continuato a vedere il cane, su sua concessione, per alcune ore al giorno - il giorno 16 dicembre 2011, ha acconsentito alla richiesta del F. di tenere con sé il cane, nella propria casa di campagna, per il fine settimana - da quella data, però, il F. non le ha più riconsegnato il cane impedendole anche di vederlo ha convenuto in giudizio in convenuto per ivi sentir ordinare allo stesso la restituzione in suo favore del cane S. illegittimamente detenuto, nonché per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni da lei subiti dalla sottrazione del proprio cane, quantificati in euro 15.000,00 o nella maggiore o minore somma ritenuta in base alle emergenze processuali o anche in via equitativa dal giudicante. Con vittoria di spese. Si è costituito in giudizio ritualmente e tempestivamente il sig. FP, eccependo che - si è sempre occupato del cane, rinvenuto nei pressi della sua abitazione nel 2006, durante la sua convivenza con l’attrice, facendolo sottoporre alle necessarie cure e controlli sanitari il microchip fu posto a nome dell’attrice perché, a differenza di lui, aveva la residenza in Roma, e, comunque, l’intestazione del microchip, non attribuisce il diritto di proprietà dell’animale, tantomeno all’interno di una famiglia o nei rapporti tra coniugi - terminata la relazione e la convivenza, il cane, a differenza da quanto sostenuto dall’attrice, è, rimasto sempre presso di lui - il diritto in evoluzione ed alcune pronunce giurisprudenziali, in caso di separazione tra coniugi, relativamente all’assegnazione ad uno di essi di animali conviventi con la coppia, sono orientate per ritenere che l’unico principio da seguire nell’affidamento sia quello di tenere conto esclusivamente del rigetto della domanda in via riconvenzionale, per sentire accennare, dichiarare, oltre alla titolarità di fatto anche quella formale del cane, in via subordinata e riconvenzionale, per il rimborso delle spese sostenute per il cane nella misura di euro 5.000,00 od in quella maggiore o minore ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese. Nel corso dell’istruttoria, sono stati espletati interrogatorio formale dell’attrice e del convenuto, prova per testi, e C.T.U. su un documento prodotto da parte attrice. All’udienza del 25.05.2015, le parti hanno concluso come da verbale e la causa è stata trattenuta in decisione. Nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale domestico, in caso di separazione dei coniugi o dei conviventi. Come spesso accada il legislatore è in ritardo rispetto al mutamento del costume e delle problematiche sociali basti pensare che solo nel 2012 ha equiparato completamente lo status di figlio naturale a quello legittimo e che il riconoscimento giuridico dell’unione tra persone dello stesso sesso è annualmente causa di un’acerrima battaglia politica . Sempre più frequenti, infatti, i casi in cui coniugi o, comunque, persone che in regime di convivenza hanno posseduto un animale domestico, si rivolgono al giudice, costretto a creare un principio giuridico, per il suo affidamento. Due le pronunce più significative sul punto una, del Tribunale di Foggia che, in una causa di separazione, ha affidato il cane ad uno dei coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata l’altra, del Tribunale di Cremona che, sempre in una causa di separazione, ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento. I due Tribunali, in assenza di una norma di riferimento, hanno applicato, per analogia, la disciplina riservata ai figli minori. L’interesse privilegiato dalle due pronunce, a prescindere dalle differenti statuizioni, legate al caso specifico esaminato, è stato esclusivamente quello materiale-spirituale-affettivo dell’animale. Questo giudice ritiene di dover aderire a tale orientamento che, del resto, non fa che anticipare l’auspicabile approvazione ed entrata in vigore di una proposta di legge che giace in parlamento da molti anni, con cui si vorrebbe introdurre nel codice civile, l’art. 455-ter affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi che recita In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantire il maggior benessere. Il Tribunale è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio . E, nel caso di specie, considera che il regime giuridico in grado di tutelare l’interesse materiale-spirituale-affettivo dell’animale, contemperandolo, peraltro, con l’interesse affettivo sia di parte attrice che di parte convenuta, sia l’affido condiviso con divisione al 50% delle spese per il suo mantenimento cibo, cure, ecc. . Dall’istruttoria espletata è emerso, infatti, che - il cane ha convissuto per tre anni con le parti nello stesso appartamento, dopo la fine della relazione e la materiale separazione, dal punto di vista abitativo, delle stesse parti, il cane ha continuato a vedere e stare, alternativamente, sia con l’una che con l’altra, sino al 2012 testi escussi . E certamente, dal punto di vista del cane, non rileva assolutamente se sia stato l’uno a concedere all’altro questo favore o viceversa a secondo che si voglia prestar fede ai testi di parte attrice o a quelli di parte convenuta - entrambe le parti si sono occupate sia in regime di convivenza che successivamente, delle cure necessarie per l’animale documentazione prodotta . E’ indubbio, quindi, che il cane si sia affezionato ad entrambe, le abbia identificate entrambe come i suoi padroni , termine poco piacevole e si sia abituato, per circa tre anni, a vivere, a periodi alterni, con una solo di loro in abitazioni e luoghi diversi, condividendo abitudini di vita diverse. Ne a fronte di tutto ciò, può assumere rilevanza la circostanza che da circa tre anni non possono cancellare circa sei anni di cure elargite dall’attrice e di affetto reciproco che certamente li ha legati. Si ritiene, peraltro, che l’affidamento condiviso sia applicabile anche se le parti non erano sposate, a differenza delle fattispecie decise dalle pronunce giurisprudenziali richiamate. La proposta di legge indicata, infatti, estende la competenza del Tribunale a decidere dell’affido dell’animale anche alla cessazione della convivenza more uxorio e l’orientamento giurisprudenziale, anche se con il suo solito ritardo, finalmente tende sempre più ad equiparare la famiglia di fatto a quella fondata sul matrimonio. Ma, ciò che più rileva, è che, dal punto di vista del cane, che è l’unico che conta ai fini della tutela del suo interesse, non ha assolutamente alcuna importanza che le parti siano state sposate o meno il suo legame ed il suo affetto per entrambe prescinde assolutamente dal regime giuridico che le legava, neanche percepibile, così come, del resto, è anche per i bambini, che pure la differenza percepiscono, nei confronti dei genitori. Non appaiono accoglibili, per le determinazioni cui si è giunti, né la domanda di risarcimento danni avanzata dall’attrice rimasta peraltro non provata, né quella proposta dal convenuto, in via riconvenzionale. Si ritiene che il comportamento del convenuto, che ha impedito all’attrice di vedere il cane in questi ultimi anni, privandola di un affetto fortemente percepito, e privandone lo stesso cane, tanto da costringerla ad un’azione giudiziaria, comporti la condanna alle spese tutte del giudizio. P.Q.M. Il G.O.T., ogni altra richiesta respinta, dispone l’affido condiviso del cane S. ad entrambe le parti, che dovranno prendersi congiuntamente cura dell’animale, provvedendo nella misura del 50% ciascuno alle spese per il suo mantenimento cure mediche, cibo e quanto altro eventualmente necessario al suo benessere dispone che lo stesso stia sei mesi l’anno con l’una sei mesi con l’altra con facoltà per la parte che nei sei mesi non lo avrà con sé, di vederlo e tenerlo due giorni la settimana, anche continuativi, notte compresa stabilisce che,, per i primi sei mesi dalla pubblicazione della presente sentenza, il cane stia con la parte attrice condanna il convenuto alle spese tutte del giudizio, comprese quelle di assistenza e difesa da corrispondere alla parte attrice nella misura di euro 214,00 per spese in senso stretto ed euro 4.835,00, oltre rimborso forfettario del 15%, I.V.A. e c.p.a. come per legge, per onorari di avvocato.