Lo stato di adottabilità di un minore va dimostrato con gravi fatti concreti

Lo stato di adottabilità del minore sussiste solo in presenza di fatti gravi, indicativi dello stato di abbandono, morale e materiale, concretamente dimostrati, senza possibilità di dar voce a sommari giudizi di incapacità genitoriale.

È quanto affermato dalla S.C. con la sentenza n. 23635/16 del 21 novembre. Il caso. La Corte d’appello, Sezione per i minorenni, rigettava il gravame proposto dai genitori di una minore avverso la sentenza che dichiarava lo stato di adottabilità di quest’ultima. Dalla ricostruzione operata dalla Corte, emerge che, dopo una tormentata convivenza, finita con un episodio di violenza, il padre si allontanava dal nucleo familiare, abbandonando la compagna, incapace di provvedere ai figli dopo una violenta lite, il figlio più grande cercava il padre con cui andava poi a convivere, e la minore veniva collocata presso una casa famiglia. Il padre mostrava dunque l’interesse a recuperare i contatti con ella, ma tale disponibilità risultava tardiva e non idonea ad evitare la dichiarazione di adottabilità, dato che il padre, a parere del c.t.u., non aveva le capacità genitoriali che, però, avrebbe potuto recuperare con un affiancamento e se coadiuvato dalla ex compagna con cui però non vi era una condivisione di un progetto genitoriale comune , avendo anche abbandonato in passato i figli in tenera età. Avverso tali statuizioni ricorre il padre, lamentando che la corte aveva dichiarato lo stato di adottabilità della figli recidendo ogni legame con il padre biologico, senza valutare la dimostrata determinazione di prendersi cura di lei e la sua adeguatezza a svolgere la funzione genitoriale. Inoltre si censura la mancata audizione della figlia giustificato dal giudice dal fatto che la minore non aveva ricordi del padre , che egli riteneva capace di discernimento. La mancata audizione della minore. Il motivo è fondato. La mancata audizione della minore si risolve in falsa applicazione dell’art. 15, coma 2, l. n. 184/83 il quale esclude la necessità dell’audizione solo in considerazione della capacità di discernimento del minore che non abbia compiuto 12 anni. La Corte territoriale non ha operato alcuna valutazione, limitandosi a evidenziare in modo tautologico la tenera età della bambina e il fatto che non aveva ricordi del padre, senza invece esprimersi sulla capacità di discernimento. Lo stato di adottabilità. Inoltre, la Corte non ha applicato correttamente il principio secondo il quale lo stato di adottabilità del minore sussiste solo in presenza di fatti gravi, indicativi dello stato di abbandono, morale e materiale, concretamente dimostrati, senza possibilità di dar voce a sommari giudizi di incapacità genitoriale, non basati su elementi fattuali idonei a dimostrare un reale pregiudizio per il minore. Il ricorso è accolto e la sentenza cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 settembre – 21 novembre 2016, n. 23635 Presidente Giancola – Relatore Lamorgese Fatti di causa La Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, con sentenza 28 dicembre 2015, ha rigettato il gravame di B.C. e di B.A.A. avverso la sentenza impugnata del Tribunale per i minorenni di Roma in data 20 febbraio 2004, che aveva dichiarato lo stato di adattabilità di I. nata il omissis , figlia degli appellanti, mentre aveva dichiarato non luogo a provvedere sullo stato di adattabilità dell’altro figlio S. divenuto maggiorenne . Per quanto ancora interessa, la Corte ha evidenziato quanto segue dopo una tormentata convivenza, finita con un episodio di violenza nei confronti della compagna in data omissis , il B. si era allontanato per molti anni dal nucleo familiare, abbandonando la compagna che era incapace di prendersi cura dei figli, le cui condizioni di abbandono emersero in data omissis quando, dopo una violenta lite del figlio più grande S. con la madre, intervennero gli agenti di pubblica sicurezza che, avendo riscontrato le precarie condizione in cui viveva il nucleo familiare, collocarono i figli in una casa famiglia in data omissis , il figlio S. cercò il padre con il quale andò a vivere, avendo ripristinato un valido rapporto con lui il B. si era mostrato disponibile a recuperare i contatti anche con l’altra figlia, I. , ma la Corte ha ritenuto che questa disponibilità fosse tardiva e non idonea ad evitare la dichiarazione di adottabilità le condizioni di I. erano buone, era una bambina vivace, intelligente, capace di adattarsi ad ogni situazione, con buona volontà a scuola ed era migliorata nella socialità tuttavia il padre era in difficoltà nel comprendere le sue esigenze e non aveva capacità genitoriali che avrebbe potuto recuperare, secondo il parere del c.t.u., con un affiancamento e se coadiuvato dalla ex compagna con la quale, però, non v’era una condivisione di un progetto genitoriale comune tale giudizio è stato tratto dal fatto che in passato egli aveva abbandonato i figli, adducendo una giustificazione inadeguata cioè di essere stato estromesso nella cura dei figli dalla compagna , e aveva ripreso i contatti con loro in modo casuale infine, la Corte ha giustificato la mancata audizione della minore in considerazione della sua tenera età e del fatto che la bambina non aveva alcun ricordo del padre. Avverso questa sentenza il B. ha presentato ricorso, affidato a un motivo, cui si è opposta l’avv. G.R. , nella qualità di curatrice speciale della minore. Ragioni della decisione Il B. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 6, 8 e 14 della legge n. 184 del 1983, 3, 5, 7, 18 e 29 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176, nonché vizio di motivazione, per avere dichiarato lo stato di adottabilità della figlia I. , recidendo ogni legame con il padre biologico, senza valutare la propria dimostrata determinazione di prendersi cura di lei, senza un accertamento in concreto della sua adeguatezza a svolgere la funzione genitoriale contraddittoriamente valutata in modo positivo nei confronti dell’altro figlio, S. , senza verificare l’esistenza dello stato di abbandono e di pregiudizi gravi e non transitori allo sviluppo e all’equilibrio psicofisico della minore, con conseguente violazione del diritto della figlia a vivere nella famiglia di origine e del diritto del padre alla genitorialità inoltre, è censurato il mancato e doveroso ascolto della figlia che, sebbene di età inferiore a dodici anni, era capace di discernimento e avrebbe dovuto essere interpellata per esprimere il proprio punto di vista su decisioni fondamentali che la riguardavano. Il motivo è fondato in entrambi i profili. L’argomentazione espressa dalla Corte di merito circa la mancata audizione della minore si risolve in una falsa applicazione dell’art. 15, comma 2, della legge n. 184 del 1983 il quale esclude la necessità dell’audizione soltanto in considerazione della capacità di discernimento del minore che non abbia compiuto dodici anni. A tale riguardo nessuna valutazione è stata fatta dalla Corte di merito che si è limitata a evidenziare in modo tautologico la tenera età della bambina di quasi undici anni all’epoca della sentenza impugnata e il fatto che non aveva ricordi del padre, senza però esprimersi sulla sua capacità di discernimento e contraddicendo l’affermazione secondo la quale I. è una bambina adultizzata . Con riguardo all’ulteriore profilo dell’accertamento dello stato di adottabilità della figlia minore I. , la Corte non ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui tale stato sussiste solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, non basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale e attuale pregiudizio per il minore, del quale il giudice di merito deve dare adeguatamente conto in concreto Cass. n. 7391/2016 . Nella specie, la Corte romana si è soffermata sugli aspetti positivi attinenti alla crescita e al carattere di I. nonché al rapporto tra il padre e l’altro figlio maggiorenne S. , ma ha espresso un giudizio di incapacità genitoriale nei confronti del ricorrente stigmatizzando suoi comportamenti risalenti a molti anni prima e sue imprecisate difficoltà nel comprendere le esigenze della figlia, ma senza una valutazione specifica, concreta e attuale della sua idoneità genitoriale e senza tenere conto della sua positiva volontà già concretamente dimostrata con l’altro figlio di recuperare il rapporto con I. . In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, Sezione per minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.