Immobili all’ex moglie. Confermato e a tempo l’assegno divorzile a carico dell’uomo

Lo scontro sul fronte economico si chiude grazie a un accordo tra i coniugi. Lui cederà alcuni immobili a lei, a titolo di contribuzione una tantum. Fino alla concretizzazione della cessione, però, l’uomo dovrà comunque versare l’assegno all’ex moglie.

Strascichi economici caratterizzano il divorzio. Alla fine, però, moglie e marito trovano un’intesa niente assegno periodico, compensato, però, da corposi trasferimenti immobiliari a favore della donna. L’accordo, però, viene riveduto e corretto dai giudici fino alla ufficializzazione delle previste cessioni di immobili, l’uomo dovrà comunque versare 1.000 euro al mese all’ex consorte. Cassazione, ordinanza n. 23566, sezione Sesta Civile, depositata il 18 novembre 2016 Assegno. Una volta ufficializzata la rottura definitiva della coppia, i giudici del Tribunale sanciscono che il marito dovrà versare un assegno di 1.500 euro a favore dei due figli e un assegno divorzile di 1.000 euro a favore della moglie . A cambiare le carte in tavola, però, provvedono proprio i due oramai ex coniugi. Essi hanno programmato a favore della donna un trasferimento di diritti reali su immobili . Tale operazione è, a loro avviso, da catalogare come assegno divorzile una tantum , e utile quindi a chiudere definitivamente lo scontro sul fronte economico. A sorpresa, però, i giudici d’appello aggiungono un particolare non secondario all’accordo tra moglie e marito. In sostanza, viene stabilito che solo a decorrere dai trasferimenti immobiliari previsti verrà meno l’obbligo del marito di corrispondere alla moglie l’assegno divorzile periodico . Ciò significa che l’uomo dovrà comunque versare all’ex coniuge 1.000 euro al mese, fino a quando l’accordo non si sarà concretizzato con la cessione degli immobili. Accordo. Inevitabili le proteste dell’uomo. Consequenziale la sua scelta di proporre ricorso in Cassazione, contestando la decisione assunta in appello e chiedendo di vedere recepito integralmente l’accordo raggiunto con l’ex moglie. Ogni sua obiezione si rivela però inutile. Per i magistrati del ‘Palazzaccio’, difatti, in appello non è stato commesso alcun abuso. I giudici hanno semplicemente riconosciuto l’intesa tra i due coniugi, ma, allo stesso tempo, hanno legittimamente ritenuto comunque sussistente l’obbligo dell’uomo all’assegno di mantenimento dell’ex moglie, dalla domanda e sino al momento del trasferimento immobiliare, avente l’efficacia ex nunc di sostituire l’obbligo di mantenimento . E questa decisione, improntata a un criterio di equità, è corretta anche alla luce del fatto che le parti si sono limitate a prevedere il trasferimento immobiliare e a qualificarlo come contribuzione una tantum, senza prevedere l’esenzione dall’obbligo contributivo per il periodo precedente alla cessione degli immobili .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 settembre – 18 novembre 2016, n. 23566 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 16 maggio 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta Rilevato che 1. Con sentenza n. 472/2013 il Tribunale di Frosinone pronunciava il divorzio tra i coniugi S.S. e M.C.V La sentenza prevedeva che il S. dovesse versare un assegno di €. 1500,00 a favore dei figli D. ed E. e un assegno divorzile di €. 1000,00 a favore della moglie. 2. Avverso tale sentenza, proponeva appello il signor S. chiedendo l'esclusione dell'assegno divorzile. Le parti, durante il giudizio d'appello, raggiungevano un accordo. Tale accordo veniva recepito dalla sentenza della Corte d'appello di Roma che determinava in € 750,00 mensili il contributo paterno per ciascun figlio oltre al 50% delle spese straordinarie e disponeva che a decorrere dai trasferimenti immobiliari previsti nell'accordo venisse meno l'obbligo del S. di corrispondere alla V. l'assegno divorzio periodico. 3. Il signor S. ricorre per Cassazione affidandosi a tre motivi di impugnazione a Nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell'art. 112 c.p.c. essendo la stessa affetta da vizio di ultrapetizione per avere la Corte d'Appello statuito oltre i limiti delle conclusioni rese congiuntamente dalle parti. b Nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell'art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di motivare la propria decisione di non confermare le conclusioni congiunte rese dalle parti. c Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell'art. 5 comma 8 della L. 898/70 e degli art. 1321, 1322 e 1965 c.c. 4. M.C.V. si difende con controricorso. Ritenuto che 5. Con il primo motivo di ricorso, il S. ritiene che, nonostante la Corte d'appello abbia dichiarato di aver deciso in conformità dell'accordo tra le parti, in realtà la sentenza di secondo grado ha stravolto la transazione prevedendo, oltre il trasferimento di diritti reali su immobili, a titolo di assegno divorzio una tantum, anche l'obbligo di corrispondere un assegno divorzile periodico fino alle dette cessioni immobiliari. 6. il motivo appare palesemente infondato in quanto spetta comunque al giudice di merito, secondo la giurisprudenza invocata dal ricorrente, il potere di delibare l'accordo se ritenuto equo e nella specie la Corte di appello di Roma ha ritenuto di poter delibare tale accordo nel senso di ritenere comunque sussistente l'obbligo del S. all'assegno di mantenimento della moglie dalla domanda e sino al momento del trasferimento Immobiliare avente l'efficacia ex nunc di sostituire l'obbligo al mantenimento. Né può ritenersi comunque che le parti avessero espresso una volontà contraria essendosi limitate a prevedere il trasferimento immobiliare e a qualificarlo come contribuzione una tantum ex art. 5 comma 8 della legge n. 898/1970 senza prevedere l'esenzione dall'obbligo contributivo per il periodo precedente il trasferimento stesso. 7. Per le stesse ragioni è da ritenersi palesemente infondato il secondo motivo di ricorso che deduce un difetto di motivazione riguardo le ragioni che hanno spinto la Corte a modificare l'accordo raggiunto dalle parti. Si tratta infatti di una decisione che trova la sua ragion d'essere nella predetta interpretazione dell'accordo e nella sua valutazione di equità con la decorrenza dal trasferimento dell'efficacia sostitutiva dell'obbligo contributivo. 8. Infine è palesemente infondato anche il terzo motivo di ricorso basato sull'erronea affermazione che la Corte di appello abbia imposto al S. non solo i trasferimenti immobiliari concordati a titolo di assegno una tantum, ma anche un assegno divorzile periodico. La Corte di appello ha infatti previsto la corresponsione di un assegno sino al trasferimento immobiliare previsto dalle parti e tale statuizione appare corretta e idonea a garantire la esecuzione della comune volontà delle parti e il diritto della beneficiaria del mantenimento sino al trasferimento immobiliare. 9. Sussistono pertanto i presupposti per la discussione del ricorso In camera di consiglio e se la Corte condividerà la presente relazione per il rigetto del ricorso. La Corte, letta la memoria difensiva dei ricorrente, condivide la relazione sopra riportata in quanto la Corte di appello non ha integrato l'accordo delle parti ai fini di ricondurlo ad equità ma ne ha fornito un'interpretazione, cui era tenuta a fronte della divergente lettura prospettata dalle parti nelle loro conclusioni, coerente ai principi in materia di effetti della separazione La Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 5.100, di cui 100 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 qoater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.