Moglie priva di redditi: assegno dalla data della domanda di divorzio

Sancito in via definitiva l’obbligo dell’uomo nei confronti dell’ex consorte. Le dovrà versare 350 euro al mese. Evidente la posizione di debolezza economica della donna, già al momento della richiesta di divorzio.

Evidente lo squilibrio, a livello reddituale, tra gli ex coniugi. In posizione di debolezza economica la donna, che ha diritto, di conseguenza, al sostegno economico dell’ex marito. Confermato, quindi, l’assegno a suo favore, partendo già dalla data in cui è stata presentata la richiesta di divorzio. Cassazione, ordinanza n. 23263, sezione Sesta Civile, depositata il 15 novembre 2016 Squilibrio. Una volta ufficializzata la cessazione degli effetti civili del matrimonio , i giudici del Tribunale sanciscono l’obbligo dell’uomo di versare mensilmente un assegno divorzile di 300 euro all’ex moglie. E questa decisione viene confermata in Appello, dove, però, la cifra viene portata a 350 euro. Evidente, difatti, lo squilibrio economico e reddituale tra i due ex coniugi. E, annotano i giudici, la disparità di forze era chiara già all’epoca della domanda di divorzio ciò significa che l’obbligo dell’uomo parte da quel momento. A chiudere la battaglia legale provvedono ora i magistrati della Cassazione, confermando in pieno la decisione emessa in appello. Di conseguenza, ribadito, in maniera definitiva, il diritto dell’ex moglie all’ assegno divorzile , a partire, come detto, dalla data di proposizione della domanda di divorzio , quando, è stato accertato, la donna si è ritrovata priva di fonti di reddito tali da provvedere in autonomia al proprio mantenimento .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile -1, ordinanza 10 giugno – 15 novembre 2016, n. 23263 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 9923/2014 Nel 2013, il Tribunale di Genova pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dal sig. C. e dalla sig.ra L., ponendo a carico del primo un assegno divorzile di € 300,00 mensili. In sede d’Appello, il sig. C. impugnava la decisione chiedendo la rideterminazione di detto assegno nella somma mensile di € 200,00 o in quella meglio ritenuta. La sig.ra L., resistendo al gravame avversario, respingeva la domanda formulata con il ricorso avverso in appello e chiedeva in via incidentale la determinazione dell assegno divorzile in € 400,00 mensili o nella diversa misura anche maggiore ritenuta di giustizia e la determinazione dell assegno divorzile dalla data del deposito del ricorso introduttivo o dalla data diversa ritenuta applicabile. Il giudice d’Appello, rideterminando nella misura di € 350,00 mensili la somma dovuta a titolo di assegno divorzile e con fermando nel resto la sentenza gravata, respingeva il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni. la Corte rilevava che nel grado d'appello non è più contestato che sussistano i requisiti stabiliti dall’articolo 5 comma 6 della L. 898/1970 per l’attribuzione di assegno mensile a carico dell’ex marito, non disponendo la donna di fonti di reddito che le consentano di provvedere in autonomia al proprio mantenimento, essendosi l'appellante limitato a chiedere una rideterminzione in misura in favore dell'assegno in questione. L’appellante non ha fornito la prova, di cui era onerato, che l'appellata svolgesse alcuna attività produttiva di reddito, o che godesse attualmente di qualsivoglia reddito. Le condizioni economiche della s.ra L. necessitano di una erogazione riequilibratrice, da rideterminare ella più congrua misura di 350,00 mensili a suo favore. Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione dal sig. C. affidato ai seguenti motivi 1 Violazione dell’articolo 360 comma 1 n. 3 per violazione o falsa applicazione dell’articolo 5 comma 9 della L. 898/1970 e degli artt. 112 e 113 c.p. il ricorrente ha affermato che l'omesso accoglimento dell’istanza istruttoria volta a verificare anche mediante indagini della Polizia Tributaria l'effettiva capacità reddituale della coniuge, conseguita l’impossibilità di dimostrare che la sig.ra L. percepisce un reddito superiore e diverso da quello dichiarato in causa. Ciò ha comportato non solo un errore procedurale, che ha viziato la sentenza gravata, ma anche un errore di natura sostanziale dal momento che ne è conseguita la violazione dell’articolo 697 c.c nella parte in cui prevede che le parti siano onerate dal fornire prova dei fatti sui quali hanno posto il fondamento delle proprie domande ed eccezioni. 2 Violazione dell’articolo 360 comma 1 n. 4 in relazione all’articolo 111 comma 6 Cost. per mancata applicazione dell'articolo 5, comma 9, della L. 898/1970 il ricorrente ha evidenziato che la mancata esecuzione delle verifiche richieste dal sig. C. ha impedito il pronto accertamento della verità materiale inerente la capacità reddituale della sig.ra L., avendo il procedimento giudiziale dovuto essere incentrato sul principio costituzionale del giusto processo e avendo il Giudicante disapplicato la formazione di un esatto contraddittorio tra le ragioni dei due ex coniugi. 3 Violazione dell’articolo 36 comma 1 n. 5 in relazione agli articolo 132 comma 1 n. 4 Cost. e 697 c.c. il ricorrente affermava che la valutazione sul fatto che la sig.ra L. sia stata ritenuta senza colpa non in grado dl mantenersi da sé, appare incompleta e incongruente, trovando l’incompletezza ragione della violazione dell’articolo 2697 comma 1 c.c., dal momento che la sig. ra L. non ha offerto alcuna prova dell’asserita mancanza di un reddito autonomo ed essendo l'incongruenza è stata causata per l'inesistenza di attinenza tra i flutti, proposti dalle parti a sostegno delle proprie difese, e la decisione. 4 Violazione dell’articolo 360 comma 1 n. 3 e n. 5 in relazione al decorso della debenza dell’assegno divorzile dalla data di proposizione del ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio il ricorrente contestava che la Corte d'Appello ha stabilito di fare decorrere il contributo dalla data del deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ma non ha fornito ad una spiegazione dell'applicazione di detta scelta discrezionale. Il ricorso è inammissibile. Il primo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili, perché rivolti a censurare l’operato della Corte d'Appello in ordine al mancato accoglimento di istanze istruttorie meramente esplorative. Al riguardo si richiama il consolidato orientamento di questo Corte secondo il quale in tema chi determinazione dell'assegno dl mantenimento in sede di scioglimento degli effetti civili del matrimonio, l'esercizio del potere del giudice che, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, della legge n. 898 del 1970, può disporre - d’ufficio o su istanza di parte - indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria, costituisce una deroga alle regole generali sull'onere della prova, l'esercizio di tale potere discrezionale non può sopperire alla carena probatoria della parte onerata, ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del bagaglio istruttorio già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari meri di prova tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicché la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su flutti specifici e circostanziati Cass. 2098 del 2011 Inoltre, il mancato esame dl elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidenti venga a trovarsi prova di base cfr. Cass. Civ n. 4281 del 2014 . Il terzo motivo è radicalmente inammissibile perché denuncia il vizio di motivazione sulla base della formulazione ante vigente dell'articolo . 360 n. 5 cod. proc. civ., limitandosi a censurare vizi intrinseci alla motivazione. Il quarto motivo è manifestamente infondato L'assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, decorre dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale. A tale principio ha, tuttavia, introdotto un temperamento l'articolo 4, comma decimo, della legge 1° dicembre 1970, n. 898, così come sostituito dall'articolo 8 della legge 6 marzo 1987 n. 74, conferendo al giudice il potere di disporre, in relazione alle circostanze del caso concreto, ed anche in assenza di specifica richiesta, la decorrenza dello stesso assegno dalla data della domanda di divorzio peraltro il giudice, ove si avvalga di tale potere, è tenuto a motivare adeguatamente la propria decisione. Nella specie dal complessivo esame della motivazione relativa al presupposti attributivi dell'assegno divorzile, risulta che lo squilibrio reddituale ed economico accertato sussisteva già al momento della proposizione della domanda. In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere respinto. Il collegio, condivide la relazione depositata osservando in ordine alla memoria di parte ricorrente che essa è meramente riproduttiva dei motivi di ricorso, non colpendo in alcun punto la relazione depositata e sostenendo di nuovo le medesime ragioni di diritto circa il mancato accoglimento della domanda di verifica sui redditi, sul patrimonio e sul tenore di vita della. L., anche da parte della Polizia Tributaria a poste a base del ricorso. Si dà atto che è stata depositata, altresì memoria di parte resistente adesiva alla relazione depositata. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e per l'effetto condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio da liquidarsi in € 3.000,00 per compensi e € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.