La dichiarazione di adottabilità del minore è l’extrema ratio

L’adozione del minore, con rescissione di ogni legame con la famiglia d’origine, costituisce una misura eccezionale a cui è possibile ricorrere solo quando siano effettivamente impraticabili altre misure, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento del figlio con il nucleo familiare d’origine nella tutela del suo superiore interesse.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20936/16 depositata il 17 ottobre. Il caso. A seguito della dichiarazione di adottabilità di due sorelle, con contestuale collocazione in una casa famiglia, sospensione dei genitori della responsabilità genitoriale e nomina di un tutore provvisorio e di un curatore speciale, il padre naturale e la nonna materna proponevano appello nei confronti della sentenza di prime cure, lamentando un atteggiamento di chiusura nei loro confronti da parte dei servizi sociali che non trovava riscontro nella ctu. Il gravame veniva respinto dalla Corte d’appello che, pur riconoscendo la buona volontà del padre di occuparsi delle figlie, non ha ritenuto possibile un ulteriore tentativo di recupero delle capacità genitoriali. La dichiarazione di adottabilità come extrema ratio. La pronuncia viene impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione dal padre e dalla nonna paterna. Il ricorso lamenta sostanzialmente l’erronea applicazione dell’art. 8 l. n. 184/1983 per aver i giudici di merito trascurato la ratio legis e i costanti orientamenti giurisprudenziali che riconoscono la dichiarazione di adottabilità come extrema ratio . Il superiore interesse del figlio. La doglianza trova condivisione da parte dei Giudici di legittimità che ribadiscono il principio secondo cui l’adozione del minore, con rescissione di ogni legame con la famiglia d’origine, costituisce una misura eccezionale a cui è possibile ricorrere non per consentire al minore di essere accolto in un contesto più favorevole, sottraendolo così alle cure dei genitori biologici, ma solo quando siano effettivamente impraticabili altre misure, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con il nucleo familiare d’origine compreso anche l’affidamento familiare temporaneo nella tutela del superiore interesse del figlio. Nel caso di specie, in considerazione delle risultanze istruttorie sulle capacità genitoriali dei ricorrenti si rende necessario percorre tutti i possibili tentativi di superamento della permanenza delle minori nella casa famiglia. In conclusione, il Collegio accoglie dunque il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello territoriale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 8 aprile – 17 ottobre 2016, n. 20936 Presidente Ragonesi – Relatore Genovese Fatto e diritto Rilevato che 1. Il Tribunale per i minorenni di L’Aquila, con sentenza n. 58/2014, ha dichiarato lo stato di adottabilità delle minori D.C.G. nata a Sulmona il 30 maggio 2007 e D.C.G. nata ad omissis da D.C.M. e H.M.S. . 2. Le due bambine erano state affidate al Servizio sociale del Comune di XXXXXX con decreto del T.M. del 7 marzo 2011 con la prescrizione di collocamento nella casa famiglia in cui erano già state inserite con precedente provvedimento del 29 marzo 2010 e i genitori erano stati sospesi dalla responsabilità genitoriale con contestuale nomina di un tutore provvisorio e di un curatore speciale. Nel corso del procedimento sono state acquisite numerose relazioni dei servizi sociali dalle quali è emerso che le bambine presentavano un grave ritardo nello sviluppo, che dall’estate 2011 la madre H.M.S. ha interrotto qualsiasi rapporto con loro, che il padre, se pure assistito dalla madre C.G. , non è in grado di gestire una idonea relazione genitoriale, che l’ipotesi di un affidamento alla nonna paterna comportava tempi lunghi necessari a una rettifica della relazione con il figlio al fine di consentire una corretta esplicazione dei rispettivi ruoli, che le bambine presentano uno scarso interesse verso il padre che verso la nonna paterna. 3. Ha proposto appello contro la decisione del T.M. D.C.M. unitamente alla madre C.G. , lamentando un atteggiamento di chiusura dei servizi sociali specie nei confronti del D.C. , che non trovava conferma nella C.T.U. ma che si era riflesso nella decisione del T.M 4. La Corte di appello, con sentenza n. 24/2015, ha respinto l’appello in quanto, pur dando atto della affettività e della buona volontà del D.C. nel tentare di occuparsi delle figlie e pur rilevando la capacità educativa e contenitiva della C. ha ritenuto contrario all’interesse delle bambine la protrazione della loro condizione di vita in comunità e non percorribile un ulteriore tentativo di recupero delle capacità genitoriali del padre. 5. Ricorrono per cassazione D.C.M. e C.G. che si affidano a tre motivi di impugnazione. 6. Propone controricorso l’avv. U.L. nella sua qualità di curatore speciale di D.C.G. e J. . 7. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione ed errata applicazione dell’art. 8 della legge n. 184/1983. Secondo i ricorrenti la Corte di appello avrebbe ritenuto la sussistenza della situazione di abbandono espandendo oltre ogni limite il contenuto dell’espressione usata dal legislatore nella disposizione normativa invocata senza cioè tener conto della ratio legis e della consolidata giurisprudenza in materia secondo cui la dichiarazione di adottabilità è una extrema ratio che può ricorrere solo in presenza di una situazione di grave carenza di cure materiali e morali da parte dei genitori e dei parenti più stretti che costituisca un serio pregiudizio per lo sviluppo e la crescita del minore. 8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 comma 2 della legge n. 184/1983. Secondo i ricorrenti la Corte di appello si è discostata dalla prescrizione di legge secondo cui la dichiarazione di adottabilità può intervenire solo nel caso si riveli l’impossibilità dell’assunzione di un adeguato ruolo genitoriale da parte della famiglia di origine nonostante l’aiuto e il sostegno che possano fornire i servizi sociali. 9. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge n. 184/1983. Secondo i ricorrenti la Corte di appello avrebbe dichiarato lo stato di adottabilità nonostante la loro piena e concreta disponibilità offerta ai servizi sociali. Ritenuto che 10. Il ricorso appare fondato alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’adozione del minore, recidendo ogni legame con la famiglia di origine, costituisce una misura eccezionale, una extrema ratio , cui possibile ricorrere non già per consentirgli di essere accolto in un contesto più favorevole, così sottraendolo alle cure dei suoi genitori biologici, ma solo quando si siano dimostrate impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, volte a favorire il ricongiungimento con i genitori biologici, ivi compreso l’affidamento familiare di carattere temporaneo, ai fini della tutela del superiore interesse del figlio Cass. civ. I sezione, n. del 2016 . 11. Nella specie le acquisizioni istruttorie sulle capacità di cura ed educazione della nonna paterna attualmente sessantunenne che ha già instaurato un rapporto significativo con le nipoti e ha sempre manifestato la propria disponibilità ad occuparsi e prendersi cura di loro anche in regime di affidamento temporaneo e la altrettanto certa disponibilità del padre a seguire un percorso terapeutico e di sostegno per poter svolgere adeguatamente il suo ruolo genitoriale rendono manifesta la necessità di percorrere tutti i tentativi necessari a superare la permanenza delle minori in casa famiglia e a favorire il loro rientro nella famiglia di origine. 12. Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello de l’Aquila perché decida alla luce della giurisprudenza citata anche in merito alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa con rinvio la sentenza della Corte di appello de L’Aquila che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.