Casalinga a tempo pieno: difficile ora trovare un lavoro. Assegno monstre dall’ex marito

Confermata la cifra prevista a favore della donna 1.400 euro al mese. Evidenti le sue difficoltà nel trovare un’occupazione, anche a causa dell’età e della mancanza di adeguata formazione professionale. Molto più solida, invece, la posizione dell’uomo, che vanta un reddito netto annuo di almeno 40mila euro egli può dare sostegno all’ex moglie e provvedere alla famiglia che ha costruito con una nuova compagna.

Lei si è dedicata anima e corpo alla famiglia. E ora, a matrimonio ormai dissolto, lui le deve versare un assegno mensile da 1.400 euro. Chiare, difatti, le difficoltà per la donna nel trovare un lavoro, considerando anche il contesto socio-economico meridionale. Evidenti anche le maggiori disponibilità dell’uomo, che, secondo i giudici, vantando un reddito netto da 40.000 euro annui, può dare sostegno all’ ex moglie e provvedere alla famiglia che ha creato con una nuova compagna Cassazione, ordinanza n. 20937/16, sezione Sesta Civile, depositata il 17 ottobre . Lavoro. Ufficiale e definitiva in Sicilia la rottura tra marito e moglie. I giudici pronunciano la cessazione degli effetti civili del matrimonio . Resta da sciogliere il nodo economico su questo fronte viene riconosciuto alla donna il diritto a un assegno divorzile mensile da 1.400 euro . E tale cifra è ritenuta corretta sia in Tribunale che in Corte d’appello, nonostante le rimostranze da parte dell’uomo. Per i giudici è decisiva la valutazione delle condizioni della donna ella non ha mai lavorato nel corso del matrimonio , a parte la sua attività di casalinga , e viste l’età e la mancanza di una qualche formazione professionale , è difficile ipotizzare che possa reperire un’occupazione lavorativa . E non va neanche trascurato il contesto, cioè le particolari condizioni del mercato del lavoro nel Mezzogiorno , viene sottolineato in appello. Reddito. E l’obbligo dell’uomo a dare un corposo sostegno economico all’ex moglie viene ribadito anche dai Magistrati della Cassazione. Anche a loro avviso non può essere messa in discussione la condizione personale e sociale di difficoltà della donna nel reperimento di un lavoro . E tale precaria posizione fa a pugni con la forza economica dell’ex marito, che vanta un reddito annuo netto di almeno 40.000 euro . Cifra, questa, sanciscono i Giudici del ‘Palazzaccio’, sicuramente sufficiente a versare l’ assegno di mantenimento e, contemporaneamente, a soddisfare i bisogni della sua nuova famiglia . E su questo fronte già in appello, difatti, è stato sostenuto che la contribuzione annua di 16.800 euro in favore dell’ex moglie consente comunque all’uomo di provvedere, in maniera libera e dignitosa, al mantenimento del nucleo familiare da lui costituito con una nuova compagna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 maggio – 17 ottobre 2016, n. 20937 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Rilevato che in data 8 febbraio 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta Rilevato che 1. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 30 luglio 2012, dopo aver pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio fra P.M. e L.R., ha fissato in 1.400 curo mensili l'ammontare dell'assegno divorzile a carico del M 2. Ha proposto appello il M. contestando il diritto della R. a percepire un assegno divorzile non avendo la stessa dimostrato di essersi attivata inutilmente per la ricerca di una occupazione lavorativa. Ha contestato altresì la quantificazione dell'assegno sia perché esso non tiene conto del comportamento violento della R. verso il figlio, comportamento che ha avuto una importanza maggiore nella crisi del matrimonio. Sia perché non tiene conto della consistente diminuzione della sua disponibilità economica a causa della riduzione del proprio reddito e della formazione di una nuova famiglia in cui sono nati due figli. 3. La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 630/13, ha respinto l'appello e compensato le spese rilevando che la R. non ha mai lavorato nel corso del matrimonio al di fuori della sua attività di casalinga. La sua età, la mancanza di una qualche formazione professionale e le particolari condizioni del mercato del lavoro del Mezzogiorno consentono di ritenere inesistente una concreta possibilità di reperire un'occupazione lavorativa da parte della R Accertato presuntivamente in almeno 40.000 euro netti annui il reddito del M., la Corte di appello ha ritenuto che l'incidenza di una contribuzione annua di 16.800 curo in favore della R. consente comunque al M. di provvedere, in maniera libera e dignitosa, al mantenimento della nuova famiglia che egli, esplicando un suo diritto fondamentale, ha deciso di costituire. 4. Ricorre per cassazione P.M. affidandosi a tre motivi di impugnazione. 5. Si difende con controricorso L.R Ritenuto che. 6. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge n. 89811970 e dell'art. 4 della Costituzione, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Secondo il ricorrente la Corte di appello ha violato l'art. 5 della legge divorzio perché, affermando che nelle sue condizioni la R. non è obbligata a trovare un lavoro mentre incombe sul M. l'onere di provare che esistono concrete possibile di reperire una occupazione lavorativa, ha negato l'obbligo esistente per ognuno dei coniugi di procurarsi i propri mezzi di mantenimento a meno che vi siano ragioni oggettive che lo impediscano. 7. Il motivo è infondato perché la Corte di appello ha rilevato una condizione personale e sociale di difficoltà nel possibile reperimento di un lavoro e ha ritenuto che la R. non potesse portare prove aggiuntive di tale condizione sfavorevole ma non ha esonerato la R., in relazione alla sua pregressa condizione di casalinga, alla sua mancanza di formazione professionale e alla sua età, dal dovere di ricercare una occupazione lavorativa. 8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Secondo il ricorrente la Corte di appello infondatamente ha dato per certa l'impossibilità per la R. di reperire Un lavoro non valutando ad es. i dati di comune esperienza secondo cui è in costante crescita la domanda di servizi alle persone. 9. Premessa la precisazione di cui al precedente motivo sulle ragioni della decisione della Corte di appello il motivo appare inteso a ottenere una riedizione del giudizio di merito basata sulla non corrispondenza della valutazione delle possibilità di inserimento nel mondo del lavoro della R. alle aspettative del M 10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. In relazione all'art. .5 della legge n. 898/1970 e con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c. Secondo il ricorrente la Corte di appello ha violato le disposizioni citate pervenendo a una quantificazione dell'assegno divorzile che riduce del 40* il suo reddito mettendo a rischio il mantenimento della sua nuova famiglia e non considerando le responsabilità della R. Per la crisi del matrimonio e per il. mancato reperimento di un lavoro dopo la separazione. 11. Il motivo appare fondato perché la valutazione circa le esigenze economiche del M. in seguito alla formazione di una nuova famiglia appare del tutto apodittica e non consente di verificare la corrispondenza della determinazione dell'assegno ai criteri fissati dal legislatore e dalla giurisprudenza. 12. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l'accoglimento del terzo motivo di ricorso. La Corte, lette la memorie difensive delle parti, condivide la relazione sopra riportata relativamente ai primi due motivi di ricorso quanto al terzo motivo deve rilevarsi che la Corte di appello ha valutato la capacità reddituale dichiarata dallo stesso ricorrente, ha escluso che sia stata in qualche modo raggiunta la prova di una responsabilità esclusiva della R. nella causazione della crisi irreversibile del matrimonio, ha rilevato che già in sede di separazione consensuale il M. si ara assunto l'onere del versamento di un assegno mensile di mantenimento in favore della R. per il medesimo ammontare di 1.400 euro e sulla base di questi elementi ha ritenuto che il ricorrente possa ancora fare fronte all'impegno già assunto in sede di separazione nonostante l'avvenuta formazione di una nuova famiglia. La Corte, pertanto, rilevato il carattere meritale di tale valutazione e ritenuta la sua non contrarietà ai criteri indicati dall'art. 5 della legge n. 898/1970 ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.100 euro, di cui 100 per spose. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.